La Seconda Guerra Mondiale e la nascita di un eroe tedesco
Nella Seconda Guerra Mondiale, Erwin Rommel divenne un vero e proprio mito, sia per gli uomini dell’Asse, sia per gli Alleati. Si avvertirà, da parte di quest’ultimi, un certa “fobia” che provocava inquietudine e panico da una lato; ammirazione e meraviglia dall’altro. Lo spirito combattivo e intraprendente di Rommel viene avvertito anche dai soldati inglesi in Nord Africa, i quali, notando i successi riportati dal grande generale tedesco in così breve tempo e con forze relativamente modeste, stimavano la sua strategia ed il suo comportamento in battaglia.
Il futuro feldmaresciallo iniziò la Seconda Guerra Mondiale con la campagna di Francia del 1940. Il 15 Febbraio dello stesso anno gli venne affidata la 7°ma divisione corazzata (Panzerdivision), una divisione capace di materializzarsi all’improvviso e inaspettatamente alle spalle del nemico; sarà infatti conosciuta come “divisione fantasma” e il suo comandante come “il cavaliere dell’apocalisse”. Rommel, infatti, non si può considerare un semplice e buon generale. A differenza dai suoi colleghi, sia Alleati che dell’Asse, Rommel partecipa all’azione direttamente in prima linea a fianco dei suoi uomini. È l’esempio del comandante perfetto che, in momenti difficili e di panico, dà l’esempio ai suoi soldati. Come egli scriverà in seguito nel suo diario: “I soldati sentono di non aver niente a che fare col comandante che se ne sta seduto da qualche parte nel quartier generale. Quello che vogliono è un contatto fisico con lui”; è questo che ha reso Rommel un vero mito (oltre alla sue geniali intuizioni strategiche).
Rommel iniziò la campagna di Francia il 10 maggio del 1940: partito dalle Ardenne, attraversò in seguito il Lussemburgo, l’intero Belgio e la Mosa e pochi giorni dopo (il 15 maggio) si aprì un varco nella linea Maginot, a Sivry. Spingendosi all’interno, verso sud-ovest della Francia, Rommel conquistò Cambrai e il 20 maggio Arras. Dopo una piccola controffensiva anglo-francese il maggiore-generale continuò la sua Blitzkrieg verso Abbeville, Amiens, Rouen (quindi attraversando prima la Somme e poi la Senna), Cherbourg e, infine, Rennes (21 giugno). Da questa città le truppe di Rommel scesero nel sud, fino ai Pirenei, per assicurarsi il controllo della costa atlantica. Quella del grande generale tedesco fu, in sintesi, una travolgente avanzata, effettuata in tempi brevissimi, che potrò alla cattura di circa 100.000 soldati e quasi 500 carri armati. Una vera e propria Blizkrieg. Dopo la campagna di Francia, Rommel attese sei mesi prima di ritornare all’opera. Dopo la sua promozione a tenente-generale (Leutnant General) avvenuta nel gennaio 1941, ricevette l’ordine di aiutare le truppe italiane in Africa Settentrionale e, in febbraio, gli venne affidato un corpo di spedizione ben preparato: l’Afrikakorps. Inizierà, da questo momento, la campagna d’Africa e la “leggenda della Volpe del Deserto”.
L’Afrikakorps era un corpo formato da due divisioni tedesche e due italiane che avrebbe toccato il suolo nordafricano ai primi di febbraio del 1941, ma che sarebbe stato completamente operativo a partire dalla fine di maggio (o primi di giugno). Per far fronte alle gravi perdite, umane e territoriali (Tobruk, Derna, Bendasi El-Agheila), subite dagli italiani, Rommel decise di intervenire subito e con decisione. Ma come poteva iniziare la sua offensiva se le truppe dell’Afrikakorps sarebbero state erano pronte per la fine di maggio, o, ancor peggio, per i primi del mese successivo? Rommel rischiò e facendo questo andò, come al solito, contro tutti gli ordini dell’Alto Comando tedesco (OKW). Ma bisognava agire immediatamente. La furia della Volpe tedesca si scatenò per la prima volta il 31 marzo 1941, cogliendo completamente di sorpresa gli alleati. I Panzer di Rommel attaccarono la postazioni di El-Agheila, costringendo le truppe inglesi ad una rapidissima ritirata e, nell’arco di pochi giorni (Aprile), occuparono tutta la Cirenaica, eccetto Tobruk, la quale si presentava in un’ottima posizione difensiva. Giunti a questa posizione, Rommel dovette temporaneamente fermarsi a causa dell’insufficienza di carburante. Dalla parte degli alleati, nel frattempo, giunse un nuovo generale: Sir Claude Auchinleck, il quale, una volta sostituito il suo collega, Wavell, decise di contrattaccare immediatamente. Prese dunque avvio l’operazione “Crusader”(novembre 1941) e Rommel inizia gradualmente a perdere tutto il territorio appena conquistato. Questa controffensiva, per gli inglesi, significò una vittoria molto importante: Rommel si poteva battere. Ma si trattò di una fugace illusione. In realtà, quella di Rommel, non fu una semplice ritirata, bensì un ripiegamento strategico. Egli capiva benissimo che, senza rifornimenti, non si poteva andare da nessuna parte e, dunque, preferì retrocedere per poi riapparire come un rullo compressore. Ed è proprio quello che fece. Pochi giorni dopo, il 17 gennaio 1942, riattaccò in forze le postazioni perdute: annientò la difesa inglese di El-Agheila, di Bengasi e occupò Derna. La travolgente e vittoriosa avanzata tedesca si dovette, soprattutto, alla eccezionale abilità degli equipaggi carristi e dei carri Panzer III e IV nel ridurre i tank inglesi in rottami carbonizzati.. Quest’ultimi (come i Matilda I e II, i Crusader e i Churchill) avevano una corazzatura troppo leggera e il loro cannone non riusciva a perforare le corazze tedesche. Quelli tedeschi, per contro, avevano una corazzatura superiore e un cannone molto potente. Si trattava dei Panzer II, III e IV; armati rispettivamente di cannoni da 20, 50 e 75mm. Solo più tardi, dalla fine del 1941, comparvero i primi prototipi di Panzer VI Tigre (è la prima apparizione del Tigre). Il Tigre non conosceva rivali all’epoca: era un “mostro d’acciaio” di 59 tonnellate, lungo circa 10 metri e largo 3,75, armato di un cannone da 88mm capace di perforare qualsiasi corazza. Era il carro più potente mai realizzato fino ad allora ma, considerando che era ancora in fase di progettazione, sul suolo africano arrivarono solo pochissimi esemplari. Ma ritorniamo alla campagna d’Africa. Nel maggio del 1942, la controffensiva italo-tedesca ha raggiunto il culmine. Ancora una volta, in questa fase della guerra, gli alleati subiscono numerose sconfitte e devono ritirarsi. Di notevole importanza è la resa della tenace roccaforte di Tobruk richiesta dal generale sudafricano Klopper. A questo punto Rommel si è guadagnato una delle posizioni strategiche migliori dell’area: il porto di Tobruk. Il 1° luglio, il generale tedesco decise di spostarsi ancora più in avanti, verso l’Egitto e, più esattamente, alle porte di El-Alamein. Nel frattempo, dopo la promozione di Rommel a Feldmaresciallo, gli inglesi subiscono un nuovo cambiamento ai vertici dell’8ª Armata: “entra in scena” un nuovo generale, sicuramente più astuto e sagace degli suoi predecessori: Bernard Law Montgomery. Quest’ultimo elaborò subito un piano d’attacco che prevedeva l’eliminazione e l’interdizione dei rifornimenti tedeschi. Il carburante e i viveri necessari per il proseguimento della guerra non si trovavano solo sul campo di battaglia; ma dovevano essere necessariamente fatti arrivare dall’Europa occupata via mare. E quel mare attraverso il quale transitavano tutti i rifornimenti era, naturalmente, il Mediterraneo.
L’azione strategica inglese, condotta da Montgomery e dall’Alto Comando britannico, prevedeva, quindi, l’annientamento delle unità mercantili e militari tedesche (che portavano i rifornimenti) nelle acque del Mediterraneo. Tale strategia causò gravi problemi alle truppe dell’Asse, non tanto per la carenza di vettovagliamenti all’interno all’Afrikakorps, ma per la scelta di tempo in cui fu messa in atto. In quello stesso momento la Germania era infatti impegnata al massimo delle sue capacità belliche e industriali sul fronte russo, che assorbiva un enorme quantità di viveri e mezzi. Furono mesi terribili per le truppe dell’Asse. Il deserto africano divenne sempre più inospitale: moltissimi uomini contrassero malattie infettive che li lasciavano stremati e incapaci di combattere, altri si aggiravano per le trincee come spettri affamati, e molti morirono di sete. I mezzi corazzati e meccanizzati, divennero inutilizzabili per mancanza di carburante. Questo fu solo l’inizio di un lungo, tragico calvario che terminò solo dopo la battaglia di El-Alamein. Lo stesso Erwin Rommel dovette, il 25 ottobre 1942, ritornare in patria per curare seri disturbi al fegato. Ormai, la situazione bellica sul fronte nord-africano stava precipitosamente ed ineluttabilmente collassando. L’astuta volpe del deserto ritornò, dopo le cure, a dirigere nuovamente le sue truppe; ma, stavolta, senza successo. La magistrale superiorità di mezzi e di uomini di cui Montgomery disponeva portò alla disfatta dell’intero esercito italo-tedesco nella battaglia di El-Alamein, il 4 novembre 1942. In quella triste notte africana, si scontrarono sul campo 109.000 soldati dell’Asse contro 196.000 soldati Alleati. Fu una totale, inutile tragedia. Le truppe italo-tedesche si ritereranno dal nord-africa a partire proprio da questa colossale sconfitta. Una battaglia persa combattuta, però, con estremo coraggio, un coraggio che i nostri compatrioti italiani possedevano quanto e forse più ogni altro soldato alleato o tedesco. In tal senso basti ricordare il sacrificio della Divisione Paracadutisti Folgore.
Il mito della “Volpe tedesca”, ebbe fine definitivamente nel marzo 1943, quando, in seguito alla resa delle truppe italo-tedesche in nord-africa, Rommel fu richiamato da Hitler in Germania. Ma l’avventura del feldmaresciallo non finisce qui. Hitler, dopo aver preso coscienza del fallimento tedesco a Stalingrado, si sentì sempre meno sicuro e decise di rafforzare i propri confini. L’unico punto dell’Europa hitleriana, ancora vulnerabile, era la costa nord occidentale del Vallo Atlantico. Per il Fuhrer bisognava cercare un comandante esperto che si occupasse di ispezionare, personalmente, l’intero Vallo. Dopo essere stato nominato comandante del Gruppo Armate B, Rommel sembrava essere la persona adatta a tale ruolo. Giunto nella Francia nord-occidentale, decise di stabilire il suo comando in un castello della Normandia. Sin dai primi giorni di ispezioni, Rommel rimase stupito e contrariato dalle inefficienti misure di difesa adottate prima del suo arrivo: pochi i cannoni di grosso calibro, insufficienti mine antisbarco, scarsi bunker difensivi nelle retrovie, mancanza di una buona contraerea per impedire un eventuale assalto di paracadutisti, reparti di riserva e reggimenti corazzati dislocati lontano dalle coste francesi, forze aeree inesistenti. Per Rommel fu un’impresa ardua rimediare a un simile catastrofica situazione. Ma la “vecchia Volpe” si mise subito al lavoro: fece disporre, sulle spiagge, milioni e milioni di mine ad S (chiamate così perché saltavano all’altezza della cintura), creò mine disposte su tre livelli e mine subacquee, dispose migliaia di Tscheschelegel (grandi X metalliche per prevenire l’assalto dei mezzi corazzati), fece piantare sulla sabbia migliaia di paletti di legno dall’apparenza innocua, i quali, se sfiorati, esplodevano con tutto il loro “carico di morte”. Inventò, inoltre, lunghi pali metallici dalla punta acuminata che impedivano l’atterraggio di alianti o aerei alleati; tali pali furono chiamati “gli asparagi di Rommel”. E queste furono solo alcune delle sue ingegnose invenzioni. Per Rommel, era infatti vitale fermare il nemico prime che mettesse piede sulla spiaggia. Una strategia simile fu usata anche in Africa, ma sotto un altro nome: “i giardini del diavolo”; un’insieme di trappole e mine disposte sotto la sabbia creavano, nel deserto nord-africano, un inferno di fuoco impercorribile. Nonostante tutte le severe misure adottate nel Vallo Atlantico, Rommel affermò che, se nei prossimi mesi gli Alleati avessero deciso di sbarcare nelle zone del Vallo, la guerra sarebbe stata perduta comunque. Ma Hitler, sempre più cocciuto ed arrogante verso le richieste del feldmaresciallo, non diede il sostegno necessario per far affluire uomini e mezzi nelle coste nord-occidentali francesi. Il Fuhrer era infatti convinto che, se ci fosse stato uno sbarco anglo-americano sulle spiagge francesi, questo sarebbe avvenuto nel punto più vicino alla costa, nella zona di Calaìs (più vicina all’Inghilterra), nella quale le divisioni tedesche erano meglio dislocate. Rommel, invece, considerando la zona di Calaìs una opzione strategicamente ovvia e troppo piccola per far approdare le truppe Alleate, prese in considerazione la Normandia; regione non ancora completamente difesa. Pochi mesi dopo, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, iniziò sulla Normandia e sul resto delle regioni nord-occidentali francesi il cattivo tempo. Le previsioni meteorologiche, che davano piogge incessanti per i primi di giugno, sembravano voler dare ragione a Hitler e dimostrare che solo un pazzo avrebbe avuto il coraggio di sbarcare in Normandia con un tempo simile. Ma tali previsioni affermavano anche serie possibilità di miglioramento previste per la giornata del 6 giugno. Rommel, proprio tra il 4 e il 5 giugno, prese una licenza di pochi giorni per tornare a casa a far visita alla moglie e al figlio Manfred. La sua decisione fu purtroppo sfortunata. Il 6 Giugno 1944, mentre il feldmaresciallo era di ritorno a casa, iniziò “il giorno più lungo”. Quello in Normandia, fu il più grande sbarco di uomini e mezzi che la storia avesse mai conosciuto. Le porte della “Fortezza Europa” si aprirono agli Alleati. Messaggi e telegrammi di Rommel, per esortare il Fuhrer a chiedere un armistizio, furono vani. Hitler accusò il feldmaresciallo di vigliaccheria, e affermò che nuove armi segrete (si tratta delle V-1 e V-2) avrebbero cambiato il corso della guerra. Ma Erwin Rommel, ormai, aveva capito chi era veramente Adolf Hitler. Comprese che la salvezza della Germania, ora, dipendeva solamente da lui, e che ormai si era a un passo dalla catastrofe. Ma c’era un modo per rimediare all’inevitabile disfatta? O bisognava osservare impassibili il corso degli eventi?
Rommel, la volpe del deserto
– 08.02.2005