I risvolti “diplomatici” di un tale meccanismo di gioco sono molteplici. E’ possibile supportare un altro giocatore soltanto in un turno e soltanto in un’area ben definita ( attaccandolo magari in un’area nella parte opposta della mappa ) oppure siglare con lui un’alleanza più duratura nel tempo al fine di sbarazzarsi di tutti gli altri avversari e far diventare alla fine la partita una questione a due. E’ possibile rendere nota agli altri giocatori questa alleanza, o tenerla segreta per mantenere l’effetto sorpresa. Nessuna alleanza è per sempre e quindi il giocatore potrà decidere di tradire e schierarsi con i suoi vecchi nemici o scegliere per la neutralità.
Vince la partita chi possiede almeno 18 supply point o chi elimina tutti gli altri avversari. E’ prevista anche la possibilità di pareggio se c’è un accordo fra i giocatori.
Ebbene sì, non ho parlato di dadi: mi spiace, niente dadi in Diplomacy. In questo gioco molto poco viene lasciato al caso o alla fortuna del giocatore ma si dovrà invece fare affidamento alla propria capacità di relazionarsi nel modo giusto con gli altri giocatori. Ciò significa riuscire a capire di chi fidarsi fra quanti vi offrono una alleanza, riuscire ad intuire le mosse degli altri giocatori e i loro piani di medio e lungo termine ( esattamente come gli scacchi ), riuscire ad avvertire la puzza della menzogna quando al vostro orecchio vi giungono voci che forse possono essere state create ad arte per far traballare la vostra alleanza o il vostro patto di non aggressione.
La necessità di interagire in modi molteplici con gli altri giocatori è tale da rendere totalmente perdente una strategia di gioco basata unicamente sul muovere al meglio le proprie pedine sul tavolo di gioco come si fosse in una partita a scacchi. In Diplomacy in gioco non c’è solo la nostra intelligenza razionale ma anche quella che io definirei intelligenza emotiva. Un avversario o un gruppo di avversari che vogliano rendere la nostra partita davvero interessante non possono prescindere da ques’ultimo tipo di intelligenza.
Può un computer simulare una intelligenza emotiva ? La risposta è negativa e qui veniamo al punto, ovvero alla valutazione di questa conversione. E’ mia opinione che per giochi del tipo di Diplomacy non si può sviluppare un’ adeguata intelligenza artificiale. Oltre al discorso della intelligenza emotiva c’è anche da tenere presente il meccanismo di gioco che lascia poco margine di errore all’intelligenza razionale. Mentre in giochi articolati e complessi quale un Civilization o un Victoria l’intelligenza artificiale ma anche il giocatore umano è tenuto a prendere molte piccole decisioni nell’arco dello stesso turno e quindi ha la possibilità di sbagliare anche in decisioni di poco peso, in giochi come Diplomacy non esiste il “piccolo errore” ma soltanto la mossa decisamente sbagliata. Un errore commesso dall’AI in Diplomacy è quasi sempre un errore di media-grossa importanza. E non si può “dopare” l’AI fornendo al giocatore sotto il controllo del computer dei vantaggi particolari dal momento che set di regole così semplici e limpide non permettono tale, purtroppo diffusa, pratica da parte degli sviluppatori.
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