Nel maggio 1940 le forze armate tedesche invasero la Francia e in pochi giorni ne distrussero ogni capacità di reazione militare. L’esercito francese, da tutti valutato come uno strumento militare potente e di tutto rispetto, si era dissolto come neve al sole in meno di un mese, in preda ad una crisi morale ancor più che militare. Elemento decisivo del crollo del morale e della forza di resistenza delle truppe francesi, dai soldati sino ai generali, era stato l’uso travolgente e inaspettato che i Tedeschi avevano fatto della loro forza aerea. La Luftwaffe sembrava essere onnipresente, colpendo i francesi negli spostamenti, nei tentativi di concentrazione delle forze e, soprattutto, attaccando dal cielo in difensori e preparando il terreno per l’arrivo delle forze corazzate. Tutte le testimonianze dirette concordano nel descrivere lo sgomento causato dal bombardamento tattico tedesco sopra truppe che non erano assolutamente preparate all’evento. Nonostante in pratica il semplice gettarsi a terra bastasse per ridurre considerevolmente i danni materiali di un attacco aereo, il terrore ingenerato dagli stukas e dagli altri aerei tedeschi usati per l’appoggio tattico fu così grande che interi reparti erano moralmente preparati a collassate ancora prima di incontrare un carro tedesco. Di fronte allo strapotere aereo tedesco l’aeronautica francese e quella inglese, che pure pagarono un tributo di sangue altissimo, sembravano impotenti. Il leit motiv dei reduci, ossessionati dal costante dominio aereo avversario, divenne da allora costante: “Dove sono i nostri aerei? Cosa fa la nostra aviazione?”.
L’Armée de l’Air era, indubbiamente, inferiore quanto a numero di velivoli rispetto ai suoi avversari, ma si pensava che il contributo inglese, con ottimi aerei, fosse utile a riequilibrare in parte la disparità numerica. Ancora due giorni prima della resa il governo francese, non a caso, insisteva con quello britannico per l’invio di ulteriori squadriglie da caccia. Ad ogni modo la battaglia aerea non era apparsa, all’inizio disperata. La Luftwaffe godeva certo di una superiorità numerica considerevole, tuttavia non tale da essere schiacciante. Piloti inglesi e francesi si sacrificarono con coraggio e abnegazione, subendo perdite elevatissime, a testimonianza di un impegno che non poteva certo definirsi limitato o rinunciatario. Nondimeno nella coscienza collettiva dei combattenti di terra è restata a lungo la convinzione che il contributo delle forze aeree alleate sia stato inesistente, e che anche solo una piccola presenza aerea alleata avrebbe potuto cambiare le cose. Dove erano finiti allora questi aerei? Come era potuto accadere che una forza aerea consistente avesse, sin dal primo giorno, perso totalmente il controllo dei propri cieli?
Le responsabilità de l’Armée de l’Air in questo fallimento sembravano così evidenti che nel 1941 il governo presieduto dal Maresciallo Petain, al momento di istruire un processo politico contro gli ex Primi Ministri Léon Blum ed Ėdouard Daladier, e contro gli ex ministri dell’Aria Guy La Chambre e Pierre Cot, inserì tra i capi d’accusa il fallimento nel preparare L’Armée de l’Air a bloccare l’aggressione tedesca. E’ sintomatico che mentre l’aviazione veniva processata, il Presidente del nuovo Stato era un maresciallo dell’esercito e che, per un lungo periodo, capo del Governo sarebbe stato un ammiraglio, François Darlan.
L’aviazione diventava il capro espiatorio dei fallimenti di politici e militari. Un capro espiatorio che anche nel dopoguerra avrebbe continuato ad assumere su di sé il biasimo collettivo, con accuse che andavano dall’incapacità al tradimento. Nello scambio di accuse reciproche che politici e militari continuarono a lanciarsi in Parlamento, sui giornali, nelle commissioni di inchiesta e in una serie sconfinata di memoriali e diari autoassolutori, un solo elemento sembrava trovare tutti concordi: la prima causa della sconfitta era stata il fallimento de L’Armée de l’Air.
Far cadere la responsabilità sull’aeronautica francese è possibile solo sulla base della premessa che politici e militari avessero elaborato una strategia, un sistema logistico e di mobilitazione, una base di risorse economiche e culturali, e una dottrina di combattimento adeguate per confrontarsi con la Germania, e questo, naturalmente, non corrisponde a realtà. Solo ammettendo che la strategia militare francese, che si preparava ad aspettare i Tedeschi nei Paesi Bassi, proteggendosi dietro una invincibile linea Maginot, fosse una scelta vincente per sconfiggere i Tedeschi si potrebbero elevare rimproveri sulla condotta delle forze aeree francesi. In realtà questa strategia si basava sul presupposto di una offensiva tedesca da nord: alle forze aeree spettava il compito di individuare le linee di penetrazione tedesche per elaborare adeguati centri di resistenza. Ma è noto che i Tedeschi decisero di sferrare il loro attacco attraverso le Ardenne, vanificando del tutto le premesse strategiche francesi. La Francia si preparava ad una guerra lunga e di logoramento e affidava alla sua aviazione il compito di proteggere efficacemente le proprie potenzialità economiche colpendo nello stesso tempo quelle avversarie. Una scelta strategica che la rapidità del conflitto vanificò totalmente. Inoltre il coordinamento tra le forze di terra ed aeree, che costituisce la premessa di una strategia efficace, fu assai carente, e di questo non è possibile attribuire la responsabilità alla sola aviazione.
Nondimeno resta il dato di un fallimento sostanziale e di una aviazione che sin dal primo giorno sembrava esser sparita dai cieli.
Ciò sembrava tanto più sorprendente se confrontato con i risultati dell’aviazione militare francese nella Prima Guerra Mondiale. Nel periodo 1914-18 la Francia, che al pari della Germania aveva ben valutato le potenzialità della nuova arma aerea, aveva saputo condurre la guerra nell’aria in modo impeccabile, surclassando il suo avversario. A differenza della Germania, la Francia aveva sin da subito saputo valorizzare la sua industria automobilistica, la seconda nel mondo dopo quella americana, convertendola alla produzione di aeroplani e, soprattutto, di motori; mentre i Tedeschi solo tardi e in modo discontinuo erano riusciti a far valere quella che era pur sempre la terza industria automobilistica mondiale. La Francia si era ben guardata dal concedere monopoli a qualcuno dei suoi fornitori militari dell’industria aerea, promuovendo anzi una vasta gamma di prototipi ma standardizzando la produzione su un numero limitato di modelli. L’industria francese era stata così motivata a sviluppare un’ampia gamma di ricerche e a produrre, con il sostegno pubblico, esemplari tutti regolarmente acquistati dalle forze armate, garantendo allo stesso tempo una sensibile omogeneità delle forze di linea. In particolare l’industria motoristica seppe produrre un elevatissimo numero di ottimi motori d’aereo, di cui beneficiarono tutti gli alleati, di vario tipo e utilizzabili su diversi aeroplani a seconda delle diverse esigenze. Al contrario la Germania aveva prima concesso un monopolio di fatto a poche industrie, scoraggiando la ricerca, e poi ampliato la produzione accettando un numero di tipi di velivoli assai elevato, a tutto discapito della logistica, dell’assistenza e della stessa funzionalità del servizio aereo. Inoltre le capacità dell’industria tedesca di produrre motori furono sempre al di sotto delle esigenze, costringendo a terra un elevato numero di aerei per assenza di motori o di parti di ricambio.
Anche sul piano strategico la Germania era approdata solo tardi ad un uso corretto della sua forza aerea. Fatta salva la ricognizione, che funzionò adeguatamente per lunghi periodi, non era chiaro alle forze tedesche che uso fare della nuova arma. Le tentazioni del bombardamento strategico, la sopravvalutazione dei dirigibili, la necessità avanzata dalla Marina di utilizzare comunque dei dirigibili per la ricognizione navale a largo raggio, condusse a un ampio dispendio di energie e di risorse. Al contrario la Francia aveva da subito concepito come missione principale per la sua aviazione quella dell’appoggio tattico, concentrando nei velivoli adatti a questo scopo la maggior parte degli sforzi.
In questo modo, nonostante la Germania fosse riuscita a produrre singoli modelli di aereo superiori a quelli dell’Intesa, solo raramente e per brevi periodi ebbe la possibilità di sfruttare la sua superiorità qualitativa, riducendosi alla fine a cercare di limitare i danni e perdendo nei momenti decisivi il controllo dell’aria.
Chiarezza delle esigenze, sperimentazione efficace, concentrazione delle energie, valorizzazione del patrimonio industriale: tutto questo sembrava un valido punto di partenza, in grado di garantire ottime prospettive in vista di un eventuale nuovo conflitto con la Germania. Le cose non erano però andate in questo verso e anzi tutto si era trasformato in una specie di incubo.