Curiosità su truppe paracadutiste

Discussione in 'Off Topic' iniziata da Enok, 24 Luglio 2012.

  1. Enok

    Enok

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    Scusate la sciocca curiosità, ma è una sorta di scommessa con un mio amico. Sapete darmi dei dati precisi (di una battaglia, di una guerra, di un determinato periodo, ecc) di quanti paracadutisti, in percentuale sul totale, muoiono o si trovano impossibilitati a combattere dopo un lancio in zona di guerra? Ovviamente inclusi paracaduti difettosi, squarci nel tessuto causati dal fuoco nemico e qualsiasi altra cosa che impedisca una corretta discesa. In assenza di fonti specifiche, mi accontento anche dell'opinione di un esperto sull'argomento (magari qualcuno di voi ha in famiglia un parà).
     
  2. Topo

    Topo

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    Ho fatto il servizio di leva nella Folgore, ma più o meno siamo sempre atterrati quasi tutti... ;)
    Va detto che la quota di lancio addestrativo era tra i quattro e i cinquecento metri (mentre gli americani mi pare si lanciassero da 800 metri), e ricordo di aver fatto tutti lanci diurni tranne l'ultimo notturno; ma in caso di impiego bellico credo che fosse preventivato un lancio notturno da quota più bassa (credo tra i cento e i duecento metri).
    C'è da dire che la dottrina non era quella "sovietica" con i paracadutisti che si lanciano a intere compagnie per volta da enormi velivoli aeroflot, e nemmeno aviolanci in grande stile tipo Creta o D-Day ma più che altro inserimenti di piccoli gruppi (da C-130 e G-222) per operazioni di disturbo dietro le linee.
    Altrimenti gli incursori del 5° Col Moschin si lanciavano sempre di notte ma da alta quota con apertura a bassa quota (al contrario di noi paracadutisti comuni che avevamo il paracadute "Irving 80" ad apertura automatica, subito fuori dalla carlinga)

    Leggendo un libro su El Alamein pare che gli incidenti fossero parecchi durante l'addestramento della Folgore all'epoca.

    In sostanza credo che la tua domanda debba essere ciscostanziata ad un particolare periodo storico, in quanto penso che i lanci negli anni '40 fossero molto più pericolosi che i lanci militari di oggi.

    Inoltre ci sarebbe da capire quale sia la dottrina di impiego adottata dal paese preso ad esempio.

    Saluti!

    Altri ricordi sparsi:
    Il paracadute era cucito "a settori", quindi uno squarcio rimaneva limitato al settore e non diventava particolarmente pericoloso (diciamo che scendevi un pò più velocemente).
    Non era raro una volta per aria alzare lo sguardo e notare un buco sulla tua calotta.
    Ricordo un paracadutista che è finito sulla calotta aperta di un collega, e prima che entrambe le calotte si chiudessero si è messo letteralmente a correre sulla calotta per saltarne fuori.
    Personalmente ebbi un problema in uscita con la pioggia:
    non saltai abbastanza e il mio paracadute ancora nello zaino toccò la carlinga, quindi io mi misi a roteare sul "mio asse" mentre il paracadute si srotolava, risultando quindi bello attorcigliato e aperto a metà: come da manuale tirai le cinghie in senso opposto, ruotando dalla parte opposta e aprendo completamente la calotta.
    Ricordo uno finito su un albero, io (di notte) in un campo di mais maturo ma l'unico incidente con effettiva "perdita" del paracadutista sia un paio di vertebre insaccate (comunque la sua naia è finita lì...)
     
  3. cecco

    cecco

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    Ti consiglio un libro che ho da poco letto "Aquile senza ali" di Nino Arena, è praticamente la storia dell'impiego dei parà italiani nella 2' gm a partire dagli inizi: la costituzione dei Fanti dell'aria per volere dell'allora governatore della Libia Italo Balbo, fino alla fine del conflitto.
    A quanto pare da quanto ho letto io gli incidenti all'inizio non erano certo rari ed anche in caso di un atterraggio riuscito spesso si registravano traumi fratturativi, distorsioni ed altri tipi di incidenti che rendevano il paracadutista inidoneo al combattimento. Pensa addirittura che perfino una corretta tecnica di lancio dovette essere studiata perchè non era infrequente sbattere contro ali, code o carlinghe al momento del lancio, nella peggiore delle ipotesi si poteva venire affettati dalle eliche degli altri aerei.
    Col progredire della ricerca, della tecnologia e della tecnica gli incidenti diminuirono sensibilmente ma degli imprevisti che limitarono la capacità combattiva si verificarono sempre.
    Questo a grandi linee quanto ho trovato nel testo che ti ho detto, se riesci a trovarlo te lo consiglio vivamente, spero di esserti stato utile.
     
  4. Topo

    Topo

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    Altra curiosità:
    Durante i miei primi lanci la prassi era di uscire alternativamente dal portellone destro e sinistro, su indicazione del sottufficiale al portellone.
    Capitava però che il paracadutista uscito a dx si scontrasse col paracadutista uscito a sx, magari per un tempismo non proprio perfetto.
    Negli ultimi lanci la prassi è cambiata, e prevedeva l'uscita rapida di un'intera fila uno dietro l'altro senza pause e solo dopo l'altra fila con la stessa procedura, per evitare il problema suddetto.

    Mi riallaccio a Cecco e aggiungo che pare che il meccanismo di apertura del paracadute usato nella 2gm fosse un pò troppo prono a incepparsi.
    Inoltre anche coi paracadute moderni la velocità di atterraggio è MOLTO diversa rispetto ai paracadute civili "ad ala" che atterrano passeggiando.
    Coi paracadute militari è sufficiente compiere la manovra di atterraggio non correttamente per rischiare un paio di fratture.

    Saluti!
     
  5. Amadeus

    Amadeus

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    Le operazioni della 82nd Airborne per il D-Day hanno portato questi risultati (fonte: Airborne Combat di J.E. Mrazek):

    Glider troops on or near LZ: 90-95%
    Paratroops on or near DZ: 50%
    Landing casualties: 4%
    Drop casualties: 2%


    Quindi, oltre alla conferma che il vantaggio degli alianti rispetto al paracadute (a parte la maggiore comodità per il trasporto di equipaggiamento pesante) è una maggiore precisione nell'atterraggio, pagata con una maggiore percentuale di incidenti. Le perdite di paracadutisti dovute a problemi di varia natura nell'atterraggio sono in linea con quanto previsto nelle esercitazioni (in un documento statunitense del 1941 si dava una percentuale di incidenti per lancio d'addestramento con equipaggiamento completo dell'1,4%).

    C'è comunque da considerare che le truppe non atterrate nella drop zone o landing zone non sono da considerare tutte irrimediabilmente perse, ovviamente. Le perdite per la ottantaduesima alla fine della giornata, sono state quantificate in: 154 KIA, 347 WIA e 756MIA. Su un totale di poco meno di 10.000 uomini lanciati in azione.

    Da notare anche che la maggior parte dei problemi nascono dal non beccare la zona di lancio corretta. La maggior parte degli incidenti o delle perdite dovute ad azioni nemiche derivano essenzialmente da questo fatto (nessuno programma di lanciarsi su truppe ostili o su terreni imprerci). Inoltre, penso che le operazioni aviotrasportate relative al D-Day possano essere considerate (per esperienza, orario, terreno) quelle più problematiche per gli alleati occidentali durante la seconda guerra mondiale.
     
  6. MrBrightside

    MrBrightside

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    Chiedi una cosa molto particolare. Dati simili li conosco solo per la missione Husky No.2, il terzo aviosbarco in ordine di tempo relativo allo sbarco in Sicilia: 2008 paracadutisti del 504th RCT con due gruppi di obici, a bordo di 144 DC-47 del 52th TC. Inizio lanci alle ore 22 e 40 dell'11 luglio 1943. Paracadutisti morti o dispersi in coincidenza del lancio 98, feriti 132.
     
  7. Enok

    Enok

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    Grazie mille. Completamente soddisfatto dalle vostre risposte!
     

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