@Amadeus le teorie di Marx non possono verificarsi per il semplice motivo che la socializzazione dei soggetti attivi nell e realtà maggioritarie PMI comprende anche lo stesso imprenditore, i concetti di marx sarebbero validi se la produzione fosse interamente fiatizzata cioè larghe imprese , ma così non è , e anzi la forte realtà di PMI di cui sono composti tutti i paesi occidentali rende impossibile il raggiungimento di quella massa critica necessaria. Ovviamente IMHO. Secondo , prima di interrogarsi sulla domanda di @Pandrea in senso stretto, dopo aver risolto la mia domanda di cui sopra, occorre almeno chiedersi cosa vuole un uomo? La risposta esatta a questa domanda è : un uomo vuole stare meglio dei suoi diretti simili/prossimi di modo da assicurare a se stesso un discendenza. Quindi una spinta individualista è congenita e ineliminabile. Quindi ogni modello che tende alla parificazione sia della vita effettiva sia delle basi di partenza sono destinati a fallire a causa di spinte interne ed esterne. Unica soluzione è utilizzare il modello individualista senza però limitarlo a piacere per avvantaggiare alcuni come nel modello capitalista. E' un discorso che cercavo di farvi con la domanda di @Pandrea sul liberismo, uno stato non anarchico ma capitalista limita il potere della forza individuale avvantaggiando troppo quello economico, che così può dominare il politico, creando squilibrio. E' necessario introdurre nel nostro sistema statale moderno una componente che esprima la forza fisica degli individui e non solo politica, dimodo che il potere economico/delle risorse ne risulti controllato. Esempio stupido , ma semplice, contrattazione costo energia con enel, da soli voi non avete potere contrattuale, ma se la vostra città intera contratta il costo per voi sicuramente c'è più potere contrattuale. Altro esempio, è inutile assicurare ad un individuo più proprietà privata di quanta egli ne possa autonomamente controllare, perchè è un evidente squilibrio apportato dal sistema statale a uno stato di natura che sicuramente ridurrebbe quella fetta di proprietà...
Ti cito direttamente il passo di Marx a cui faccio riferimento: "Trasformazione del capitalista realmente operante in semplice dirigente, amministratore di capitale altrui, e dei proprietari di capitale in puri e semplici proprietari, puri e semplici capitalisti monetari. Anche quando i dividendi che essi ricevono comprendono l’interesse ed il guadagno d’imprenditore, ossia il profitto totale (poiché lo stipendio del dirigente è o dovrebbe essere semplice salario di un certo tipo di lavoro qualificato, il cui prezzo sul mercato del lavoro è regolato come quello di qualsiasi altro lavoro), questo profitto totale è intascato unicamente a titolo d’interesse, ossia un semplice indennizzo della proprietà del capitale, proprietà che ora è, nel reale processo di riproduzione, così separata dalla funzione del capitale come, nella persona del dirigente, questa funzione è separata dalla proprietà del capitale. In queste condizioni il profitto (e non più soltanto quella parte del profitto, l’interesse, che trae la sua giustificazione dal profitto di chi prende a prestito) si presenta come semplice appropriazione di plusvalore altrui, risultante dalla trasformazione dei mezzi di produzione in capitale, ossia dalla loro estraniazione rispetto ai produttori effettivi, dal loro contrapporsi come proprietà altrui a tutti gli individui realmente attivi nella produzione, dal dirigente fino all’ultimo giornaliero. Nelle società per azioni la funzione è separata dalla proprietà del capitale e per conseguenza anche il lavoro è completamente separato dalla proprietà dei mezzi di produzione e dal plusvalore. Questo risultato del massimo sviluppo della produzione capitalistica è un momento necessario di transizione per la ri-trasformazione del capitale in proprietà dei produttori, non più però come proprietà privata di singoli produttori, ma come proprietà di essi in quanto associati, come proprietà sociale immediata. E inoltre è momento di transizione per la trasformazione di tutte le funzioni che nel processo di riproduzione sono ancora connesse con la proprietà del capitale, in semplici funzioni dei produttori associati, in funzioni sociali." (dal Capitale, libro terzo, quinta sezione, capitolo ventisette) Chiaramente, questa breve citazione non spiega i motivi per cui Marx pensava sarebbe avvenuta la transizione (sarebbe necessario leggersi tutto il resto!) né spiega (ovviamente) perché non sia avvenuta, però credo sia utile per avere un'idea chiara di che cosa preconizzava Marx quando parlava di superamento del sistema capitalista. Non penso ci sia nessun posto dove si sia verificato il passaggio ad una struttura sociale priva di capitale. Certo, la rivoluzione proletaria c'è stata in alcuni luoghi e, laddove non è stata schiacciata militarmente in breve tempo, non è stata in grado di realizzare alcun socialismo in quanto, come s'era anche detto in un altro thread, Lenin pensava alla rivoluzione in Russia come un mezzo per aiutare le rivoluzioni in europa centrale ed occidentale che, non impedite da un intervento dello zarismo come gendarme d'Europa (stile 1848), avrebbero avuto maggiori possibilità di vittoria e poi sarebbero intervenute a salvare l'arretrato ex impero russo. Questo non è successo e, quando s'è capito che in Germania, Italia, Francia, Ungheria etc. le rivoluzioni proletarie erano tutte morte, Stalin s'è inventato l'ossimoro del socialismo in un solo paese e l'ha usato come scusa per una industrializzazione a tappe forzate dagli altissimi costi umani che altro non era che una variante del capitalismo di stato. Sia ben chiaro, non sto dicendo questo per uscirmene con la solita storiella, utilizzata sia a sinistra (come scusa), sia a destra, che il comunismo non è fallito ma, semplicemente, non è mai stato applicato nella sua versione "pura" perché avrebbe richiesto una assenza di egoismo e sete di potere che non è stato possibile (o non è proprio possibile) ottenere. Una tale affermazione contiene più inesattezze che parole! Sì, il comunismo (a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue possibilità) non s'è mai visto, ma non perché gli uomini siano "cattivi" o "incapaci" o perché la rivoluzione dei buoni ed idealisti bolscevichi è stata tradita da una manica di opportunisti reazionari. No. Tutte queste scuse da anima bella, anche se farebbero breccia nel cuore di molti sedicenti compagni, oramai convinti che a sinistra l'unica cosa che conta è una supposta "questione morale", avrebbero fatto sganasciare dalle risate Marx. Marx si vedeva come uno scienziato (oltre che, ça va sans dire, come un rivoluzionario), non come un filosofo o un guru o un riformatore dei costumi. Il movimento che avrebbe dovuto portare ad un cambiamento della società non era semplicemente un movimento di persone e di idee. Il comunismo non era considerato né una ricetta per la società (del tipo: fate così e vedrete che tutto andrà a posto) né una nuova morale che avrebbe dovuto permettere la conversione dei singoli individui ma, più prosaicamente, il punto di arrivo della dinamica sociale complessiva. Non penso che il marxismo sia l'ultima parola sulla "scienza sociale", figurati se posso pensarlo del giusnaturalismo (o equivalenti). Capisco tutto questo afflato romantico sulla libertà astratta ma, a quanto pare, tutte le società capitalistiche si reggono (anche) grazie al diritto positivo ed il diritto positivo, operativamente, si basa sulla negazione della libertà assoluta. Idealmente, in base al principio che la mia libertà finisce dove inizia la tua, all'atto pratico, per via del fatto che il diritto è sempre stato uno degli strumenti delle classi dominanti per mantenere la loro posizione di dominio. Per parafrasare Anatole France: la legge, nella sua equanimità, impedisce sia al ricco sia al povero di dormire sotto i ponti. Ma, come dicevo prima, tutta questa disquisizione etica a me interessa relativamente poco, e non perché a me non interessi l'etica o non interessi comportarmi eticamente, ma semplicemente perché non penso che sia l'etica a determinare come va il mondo (anzi, è più facile che sia il contrario). En passant, se qualcuno dovesse ritenere poco condivisibile l'affermazione precedente, rifletta sul seguente paragone. Se uno afferma di non ritenere che la società sia mossa, principalmente ed in ultima istanza, dall'amore per i genitori o dai gusti gastronomici, per questo motivo, non gli si dovrebbe credere se dice che ama sua madre e gli piacciono i tortellini? E, in tema di collassi, il problema non è solo capire il collasso dell'URSS, il problema è capire anche i ripetuti "mini" collassi (crisi) del nostro sistema. E la vulgata economica neoclassica-liberista, ci aiuta ben poco, visto che, stando alle leggi che, secondo il neoliberismo, regolano l'economia, il paese con il più grande indebitamento estero è quello che avrebbe meno bisogno di indebitarsi per finanziare il proprio sviluppo. Sto parlando, ovviamente, degli USA. Questa, sembrerebbe una semplice curiosità accademica se non fosse per il fatto che la crisi di cui stiamo ancora subendo gli effetti, è stata innescata dalla crisi dei mutui subprime del 2008. Mutui che avevano già nel nome l'indicazione di essere a grande rischio insolvenza ma le banche se ne sono fregate perché, meglio rischiare che tenere capitali inoperosi e meglio investire negli Stati Uniti che altrove (anche se la legge dei rendimenti decrescenti suggerirebbe tutt'altro ma, si sa, in un sistema monetario internazionale basato, di fatto, sul dollaro, è una scelta naturale. Quindi, per farla breve, sì, bella la storia della "mano invisibile", ma quando la mano inizia a mollare ceffoni... Il profitto interessa a chi investe del capitale perché, ovviamente, lo fa nell'aspettativa che tale capitale si valorizzi. I soggetti attivi della produzione, come definiti sopra, sono essenzialmente lavoratori stipendiati e, a loro, interessa, innanzitutto, il salario, che non è, di necessità, correlato al profitto. Ed infatti stiamo vedendo come le PMI vengano progressivamente distrutte dalle crisi. Capisco che, ideologicamente, ci hanno fatto credere che piccolo è bello per decenni ma, quando arriva l'alluvione, il piccolo semplicemente affoga prima. Diamine, stiamo vivendo una polarizzazione in cui ci stiamo rendendo conto che piccolo e bello non funziona neppure a livello di intera nazione! Personalmente, più che cosa chiedermi che cosa vuole l'uomo o quali ricette dare alla società, sarei curioso di sapere come si muove la società e l'uomo nella società. Anche perché, se la società presente non avesse già in sé il seme di quella futura, ogni tentativo di mutarla sarebbe degno di Don Chisciotte. Ma, probabilmente, su questo siamo più vicini di quanto non possa apparire a prima vista, dal momento che, tu stesso, negli esempi che fai, sei il primo a renderti conto che, pur essendo individuo e proprietà i feticci dell'epoca presente, questa intoccabilità di principio non può essere garantita di fatto, se vogliamo pensare di poter uscire dalla presente situazione. Infatti mostri che solo ai "grandi" conviene spingere per non associare le volontà degli individui o per non limitare le proprietà.
Abbiamo vedute molto simili anche se probabilmente partiamo da sponde opposte, ma su questo punto mi sento in dovere di fare una precisazione. La mano invisibile oggi molla ceffoni perchè non è libera, il sistema capitalista non è libertario o anarchico , ma invece costellato di leggi che ne determinano l'essenza. Queste leggi alterando il libero mercato, il libero arbitrio e tutto l'essere sociale determinano automaticamente una alterazione dei processi naturali della mano invisibile, e questa se non riesce ad agire all'interno di un processo lo fa all'esterno fino a travolgere tutto se non trova altri sfoghi. Esattamente. Il sistema capitalista conviene ad alcuni. La proprietà privata non esiste in natura, dove invece esistono prorpietà mantenute solo con la forza fisica e non giuridica. Nelle società umane sarebbe più corretto parlare di concessioni a privati, nel senso che la proprietà vera appartiene solo all'intero complesso sociale, aka stato, che concede grazie alla sua protezione fisica una concessione agli individui che da soli non avrebbero mai il potere di detenerla. Cosa che comunque è necessaria per aumentare la produzione di beni , che altrimenti non esisterebbe. Ecco perchè mi sono fatto l'idea che se comunque non possiamo passare all'anarchia(unica situazione perfetta per la mano invisibile) dobbiamo passare a un sistema in cui ci sia più equilibrio tra le tre forme di potere (http://en.wikipedia.org/wiki/Republic:_The_Revolution le tre forme le ho scoperte qui... pensa te....) Oppure ( come insegnano alcuni) chi oggi detiene il potere economico deve usarlo in maniera più accorta poichè deve rendersi conto che rischia il capo (letteralmente), il sociale potrebbe essere visto anche come un modo per impedire a coloro che non hanno di andare a casa del capitalista per depredarla... E' questo il concetto IMHO fondamentale da cui bisognerebbe rivedere l'intera struttura.
Mi illumini come siamo passati da questo all'idea che l'imprenditore è un ladro? Dal mio punto di vista in questo passaggio stiamo parlando di grossi poteri economici che guadagnano senza intervenire nei processi produttivi, ma l'imprenditore "veneto" che lavora fianco a fianco agli operai perchè era un ladro almeno fino alla metà degli anni '80? Poi , detto tra i denti , eliminerei i prestiti a interesse e le spa, ma qui siamo off topic.
Si, la base è essenzialmente quella del comunismo finale, mai realizzatosi. La differenza è che, specie nei paesi dove si è effettivamente realizzato, si divideva la miseria in parti uguali. Il progresso tecnologico adesso è già ad un livello tale dove pochissimi possono produrre certi beni nella quantità necessaria per tutti e in futuro servirà sempre meno manodopera umana. Ad esempio il cibo: la piccola parte della società attualmente impiegata nell'agricoltura già oggi produce abbastanza cibo da sfamare l'intera popolazione mondiale, ma non avviene perché la distribuzione di cibo obbedisce a logiche di profitto. Quindi si potrebbero garantire a tutti non solo i bisogni primari, ma anche secondari e terziari. Naturalmente sto parlando di un futuro a lontanissimo termine, però secondo me plausibile in quel lontanissimo termine.
Non sono sicuro di poterti "illuminare" ma, secondo me, qui entrano in gioco due fattori distinti. Il primo, è che si confonde Marx con Proudhon (quello che ha scritto che la proprietà è un furto, ma neppure lui la intendeva nel becero senso di: se qualcuno ha qualcosa in più della media è perché ha rubato). Perché questa confusione nasca è presto detto: le spiegazioni in termini di bene e male, buoni e cattivi fanno più presa. Inoltre, tali spiegazioni moralistiche, non solo sono state sfruttate dalla sinistra, perché è più facile fare proseliti in questa maniera, ma anche dalla destra, perché è più facile ridurre le obiezioni della sinistra a vaneggiamenti di invidiosi travestiti da moralizzatori. Il secondo è che, essendo, per forza di cose, l'ideologia dominante quella della classe dominante, di fronte alle cose che non vanno, è più facile mettere in discussione le persone che quelle che appaiono verità fondamentali di base. Cioè l'idea che non è il sistema il problema, sono le mele marce. Quindi, se le cose vanno male, qualche ladro o corrotto deve esserci per forza. Di converso, è opportuno precisare che, proprio perché non stiamo facendo una analisi moralistica bisogna comunque tenere presente che, nonostante le intenzioni del piccolo imprenditore, egli rimane pur sempre un imprenditore e, per questo semplice fatto, non può non tener conto di ciò che gli impongono la concorrenza ed il mercato per mantenere un saggio di profitto in linea con la media del suo settore. Questo fa sì che il piccolo imprenditore che voglia mettere davanti la mera logica del profitto la sua personale idea di impresa, spesso si ritrova come quel tizio che si arruola pensando che la guerra sia una occupazione per gentiluomini e poi si rende conto che se vuole sopravvivere deve fare quelle che avrebbe considerato delle porcate. Quindi, lungi dal costituire la presunta terza via, o la speranza del ceto medio piccolo borghese, la piccola impresa, specialmente in Italia, sta pagando questo suo essere rimasta a metà del guado. I ceti medi si stanno sempre più proletarizzando. Non ce ne accorgiamo perché, altra cosa che fa ridere, siamo portati a pensare che il proletariato sia costituito in realtà da quello che è sottoproletariato (termine con il quale si traduce, tipicamente, il ben più crudo termine di Marx: Lumpenproletariat, letteralmente: proletariato di straccioni, ossia quei gruppi sociali, costituiti da ladri, accattoni, prostitute e simili, che vivono di espedienti e, non solo non hanno alcun interesse ad una rivoluzione sociale. ma fanno presto a vendersi come braccio armato della reazione, tipo i lazzari a Napoli). Riguardo, invece, a quello che hai scritto più sopra, la mano invisibile non è libera, vero, ma non è mai stata tale in quanto sono proprio i grandi capitalisti che, quando fa loro comodo, l'intervento statale lo invocano a gran voce.
No, è proprio lo stato così come è oggi che crea il capitalista. ps: Hai visto questo? http://it.wikipedia.org/wiki/Too_Big_to_Fail_-_Il_crollo_dei_giganti
Comunque correggetemi se sbaglio , ma a mia impressione siamo andati oltre all'assunto Marxiano , in quanto oggi a "rubare" il profitto sono le stesse banche che al contrario degli azionisti ormai non rischiano nemmeno più nulla, ma incassano lo stesso una percentuale spesso rilevante dei guadagni di qualunque impresa, sia piccola che grande. E' uno step successivo dell'evoluzione del sistema capitalista? @Pandrea ti posso già dire oggi che, imho, ci saranno sempre un posto di lavoro per tutti, il problema infatti non è quello, e probabilmente non lo è mai stato. E' il mercato e la competizione che creano problemi, infatti un azienda ben volentieri assumerebbe all'infinito se potesse, se i suoi fondi fossero illimitati, ma così purtroppo non è , e la competizione costringe a ridurre i costi in ogni ambito , non solo nel'impresa ma anche in famiglia. Chi non vorrebbe una casa bellissima? Chi se la può permettere? E anche ammesso un mercato infinito , resterebbe comunque un problema di allocazione delle poche risorse disponibili, che in fondo è il vero problema del mercato, e l'origine di tutte le competizioni naturali. Quindi posti di lavoro ce ne saranno sempre per tutti, il problema è se possiamo "retribuirli" !
Un'azienda moltiplicherebbe i suoi profitti all'infinito se potesse, non i dipendenti. Magari c'è qualche imprenditore che preferisce guadagnare meno per sé e dare un po' di più ai suoi dipendenti, ma un'azienda come concetto nasce per avere profitti e il dipendente è un costo necessario per fare profitti. Se si può far fare lo stesso compito di un dipendente ad un costo inferiore (per delocalizzazione o informatizzazione) un'azienda lo farà, perché è nella sua natura. E il problema attuale è appunto che se una volta la crescita di un'azienda equivaleva a nuovi posti di lavoro, oggi la connessione è meno scontata e un'azienda può benissimo crescere vertiginosamente creando pochi posti di lavoro. Per fare un esempio Apple, nonostante 170 miliardi di fatturato, dà lavoro a 'solo' 80.000 persone direttamente (certo, intorno c'è molto indotto). Poco più di quanto ne dia Autogrill, con 'soli' 4 miliardi di fatturato. Chiaramente stiamo parlando di "posto di lavoro" dando per scontato che sia un posto di lavoro retribuito, altrimenti chiunque può ridurre a zero la disoccupazione facendo costruire piramidi gratis.
Esatto Pandrea: se io imprenditore, che apro la mia azienda per vendere quindi per fare profitto, assumo 10 operai che mi costano diciamo 25.000 euro al mese solo di paga lorda (e' solo un esempio, eh? Slegato dalla realta') mentre una macchina (meccanica o computerizzata) mi permette di produrre 24/7 con solo due tecnici a mantenerla al costo di 5.000 euro mensili + ammortizzazione del costo della macchina stessa (diciamo 10.000 euro mensili, che una volta ripagata la macchina saranno di guadagno), allora io ci sto a fare lo sforzo di comprarmi quella, con buona pace degli altri 10 operai che non assumero'.
No, semplicemente no. Primo un'azienda se può assume, perchè in ogni azienda c'è sempre qualcosa in più da fare. Secondo un'azienda inserita in un mercato deve fare i conti e deve decidere se conviene o meno. Ipotizziamo "apple" quei 170 miliardi di fatturato , ne restano così come è ora 150 di utile, benissimo, se li intascano i soci , benissimo , ha prodotto utile, benissimo ed è quello che doveva fare in quelle condizioni di mercato, i soci poi che se ne fanno dei soldi, li spendono e creano lavoro... Il discorso che cerco di fare è che se nell'esempio di blubasso un imprenditore potesse comprerebbe la macchina e assumerebbe tutti e 10 gli operai , magari in altre occupazioni. IL problema non è mai trovare qualcosa da fare, ma è se possiamo retribuirlo in quel contesto, se conviene o meno.
Sì e no. Sì perché nelle grandi aziende, a differenza delle piccole, è ovvio pensare ad una proprietà (intesa come gruppo di proprietari) completamente disinteressata alla produzione se non per quanto concerne il profitto. No perché non è una questione di "imbroglio" o usura da parte delle banche. Comunque, a costo di essere troppo didascalico (ma tanto oramai...) sarà opportuno fare un passo indietro e dire esplicitamente qual è l'assunto marxiano di cui sopra. L'idea fondamentale di Marx è che la merce che ci appare di fronte tutti i giorni ha una sorta di doppia natura, come valore d'uso e come valore di scambio. Come valore d'uso è semplicemente un oggetto utile all'uomo per qualche motivo. E come valore d'uso sono, ovviamente, le sue particolarità individuali ad essere importarmi: se ho bisogno di un libro non me ne faccio nulla di un paio di scarpe. Come valore di scambio invece ha la proprietà di poter essere scambiata, in determinate proporzioni, con altre merci: un libro = due magliette = mezza bottiglia di barolo d'annata = trenta euro. Chiaro che dal punto di vista dello scambio, le particolarità fisiche della merce passano in secondo piano: al capitalista non interessa produrre 30.000 paia di scarpe perché ha 60.000 piedi, né gli interessa scambiarle con 10.000 porchette intere che non avrebbe il tempo di mangiare. Gli interessa poterle vendere per ricavare una quantità di denaro superiore a quella investita per produrle. Ma come può avvenire questo? Se 1 libro = 30 EUR = 2 magliette parto ed arrivo a valori sempre uguali, com'è possibile, mettiamo, che 1.000.000 EUR = 30.000 scarpe = 3.000.000 EUR? è come andare al mercato ed aspettarsi che uno mi dia due chili di castagne in cambio di un chilo di castagne, anzi è peggio, perché le castagne possono essere di qualità diversa, i soldi no! L'unica spiegazione possibile è che il capitalista, comperando le materie prime per produrre le sue merci, comperi anche una magica materia prima che "genera valore" quando si consuma. In effetti questa magica materia prima esiste veramente: è il lavoro umano. Abbiamo quindi visto che 1) il capitalista è interessato ad investire una certa quantità D di denaro per vedersene ritornare in tasca una quantità D'>D (e le merci M che produce sono solo un tramite per il processo D -> M -> D') e che 2) ciò che permette al capitalista di ottenere questo plusvalore è l'acquisto della forza lavoro dei suoi dipendenti. Ciò premesso, è chiaro che: il capitalismo ha senso (ed esiste) solo quando parte da un certo capitale accumulato ed arriva ad un capitale accumulato maggiore, la differenza è generata dal lavoro umano, perché se un ora di lavoro "trasferisce" al prodotto, mettiamo, 20 EUR di valore e quell'ora viene pagata all'operaio solo 10 EUR, l'imprenditore si mette in tasca la differenza ed ottiene il suo profitto. Appunto! Quindi convieni con il fatto che il problema non è se volere assumere ma se potere assumere. Il "giochetto" di cui sopra non è ripetibile all'infinito. Perché se l'aumento del capitale è, in qualche modo proporzionale al salario (nell'esempio di sopra il plusvalore è pari al 100% del salario) significa che più salari in assoluto pago, come capitalista, e più riesco a valorizzare il capitale di partenza. Ma come capitalista il progresso tecnologico (a cui devo stare dietro se voglio essere concorrenziale) mi renderà possibile produrre quello che producevo prima con meno ore di lavoro, inoltre la riduzione dei costi farà sì che io tenda a ridurre al minimo i salari pagati. Siamo arrivati al cane che si morde la coda: per valorizzare il capitale c'è bisogno che il capitalista paghi molto in salari, ma l'evoluzione tecnologica e la necessità di mantenere la competitività obbligano a cercare di pagare salari il meno possibile. Arriviamo quindi all'assurdo che pur potendo produrre beni di consumo sufficienti a soddisfare i bisogni di tutta l'umanità, il capitalista sia, non solo forzato a produrne di meno, ma a far sì che la maggior parte di questi beni rimangano inutilizzati perché non ci sono abbastanza salari in giro per pagarli (ricordiamoci che finché siamo in una economia mercantile in buona sostanza, se sei un morto di fame, ti puoi appropriare solo delle merci che paghi). Quindi la merce valorizzata si trasforma in capitale accresciuto a scapito del salario e, quindi il valore prodotto non aumenterà i consumi medi, ma il ciclo di autovalorizzazione del capitale in sé, che è diventato un Moloch a cui tutto si sacrifica perché, come dicevo prima, in un sistema capitalistico l'unica cosa necessaria è la valorizzazione del capitale, se poi si producono meno beni, o se questi beni rimangono invenduti o se, in buona sostanza, non si riesce a soddisfare la maggior parte dei bisogni umani, non c'è nessuno che se ne frega.
Posso benissimo sbagliarmi, non detengo la Verita', ma io credo che se si potesse automatizzare tutto, l'operaio sarebbe inutile. Quello che servirebbe, sarebbero dei tecnici di controllo e manutenzione delle macchine, piu' qualche impiegato e forse dei camionisti.Il fatto sta che automatizzando tutto e producendo 24/7 non hai problemi di esaurimento nervoso, ne' di dover triplicare i tuoi dipendenti per poter farli lavorare su tre turni da 8 ore ciascuno, allo stesso pezzo (o macchinario). Non avresti problemi di sindacati, ne' di maternita'. E nemmeno di malattia. Nessuna macchina si lamenterebbe e non verrebbe ubriaca al lavoro, non ci sarebbero ritardi nell'inizio dei lavori e via dicendo. Ho visto personalmente qui a Vienna che nemmeno un magazziniere sarebbe utile: in alcune farmacie (quelle molto grandi), il sistema di spacchettamento, postura negli scaffali e presa dagli scaffali qualndo un cliente richiede una certa scatola di medicine, e' fatto da una macchina computerizzata: serve solo una persona accanto a un computer che prenda gli ordini e dica alla macchina cosa fare e dove farlo. Normalmente avresti bisogno di almento 3-5 persone, magazzinieri. Quindi ritengo che il mestiere dell'operaio in futuro verra' soppiantato dall'automatizzazione e che i lavori si sposteranno verso i tecnici specializzati e gli impiegati. Altra cosa: secoli fa, per coltivare un campo, serviva un esercito di contadini. Ora basta un uomo su un trattore. Se trasferisci tutto cio' in una fabbrica, con le modalita' di una fabbrica, capisci che l'automatizzazione anche del lavoro manuale sara' il futuro. Questo e' cio' che credo io. CI saranno sicuramente altri posti di lavoro, ma non saranno piu' quelli che conosciamo adesso.
Certo che ci saranno altri posti di lavoro diversi da quelli che ci sono ora, d'altronde è sempre stato così (quanta gente conoscete che scrive le didascalie per i film muti? ). Il problema è che questi posti, tendenzialmente, saranno di meno. Capiamoci, in sé il fatto che servano complessivamente meno ore di lavoro per produrre lo stesso numero di beni dovrebbe essere una benedizione, in teoria, perché diminuisce la quantità di ore da dedicare al lavoro rispetto a quelle che si potranno dedicare alla famiglia, agli hobby a quello che ti pare. In pratica, invece, è una tragedia, perché se non lavori (o lavori di meno) non percepisci il salario che ti servirebbe per acquistare di che vivere. Ma il fatto che si rischi di morire di sete in una barca che si trova in mezzo ad un lago di acqua dolce non dipende dalla tecnologia o dalla mancanza di risorse produttive, bensì dalle forme sociali. Ostinarsi a pensare che l'attuale società sia il meglio possibile, date le possibilità produttive attuali e future, è come voler mantenere la servitù della gleba quando non ti serve più l'esercito di contadini di cui sopra per coltivare un campo di grano.
Il sistema attuale che oggi obbliga l'impresa a chiedere un prestito per poter essere competitiva non è un imbroglio? Exe1: Visto che i pagamenti sono a 2455gg ma l'iva la paghi subito, devi chiedere un prestito alla banca per pagarla. E comunque una espansione monetaria come la nostra crea una situazione in cui chiunque può imprendere, anche senza capitale, e la massa di imprenditori creatasi ha risicato talmente tanto il guadagno dell'intero gruppo da fare in modo che questo non rappresenti altro che l'interesse bancario. (su questa frase voglio i diritti !) Questa è la più grande boiata "comunista" perchè non considera la retribuzione del lavoro dell'imprenditore , cosa che crea da sola quel disvalore in aumento, perchè non è il lavoro dell'operaio che crea valore, ma è quello di colui che organizza. La cosa è anche facilmente dimostrabile, se il lavoro di un operaio crea valore, allora perchè questi non lavora per conto proprio? Come visto sopra, il surplus è generato dal lavoro dell'imprenditore che anche senza denaro (vedi sopra) crea ricchezza, altrimenti mi spieghi come può un'azienda cin cui lavora solo un imprenditore a creare ricchezza? Come ha detto @blubasso di lavori ne esisteranno sempre, anche se nuovi rispetto al passato, non c'entra nulla il progresso che aumenta solo la capacità produttiva, chi esce dalla fabbrica entra nel call center .. . Seriamente c'è un disperato bisogno di lavoratori in ogni settore, pensate solo all'edilizia nelle città , le scuole , insegnati ricercatori .... Occupazioni ce ne sono di illimitate, solo che molte non riusciamo a retribuirle, perchè in quella attività non c'è guadagno o nemmeno un ricavo. Il problema è che non essendoci le risorse non si possono "creare" posti di lavoro, anche se creare non è il termine esatto, perchè quel posto c'è sempre stato anche prima di crearlo , solo che non era retribuito. IL progresso tecnologico mi permette di modificare il "guadagno per ora" che passa dal 100% al 110 .. 120.. 130 .... Per l'imprenditore comunque non cambia, a lui conviene sempre assumere se potesse, anche solo per rendere bella la sede aziendale... Se voi aveste i soldi non assumereste tutte le escort d'italia? Perchè dovrebbe ridurre l'imprenditore i salari ? non è mica una sua scelta, non decide na mazza l'imprenditore da solo è una questione di mercato, prova a offrire lavoro a 150€ settimana, vedi chi viene... E' la competizione che impedisce alle azienda di espandersi e pagare salari decenti, è li e solo li che si scatena il problema. La Fiat degli anni '60 oggi sarebbe spazzata dal mercato.
Dipende sempre dalla competizione per le risorse! Il problema è che l'attuale società non alloca le risorse in maniera efficiente.
Esatto @bacca, posti di lavoro ce ne saranno sempre, ma verranno diversificati. Il problema, secondo me 'e che la societa' muta molto velocemente. Troppo. Alcuni lavori saranno superati in poche decine di anni. Quindi non potrai adeguatamente prepararti oppure semplicemente non ci sara' piu' domanda di una specializzazione del genere. Il problema e' che le scuole non sono preparare per affrontare una domanda che muta in pochi anni e sfornano neo diplomati/laureati con una conoscenza vecchia e superata. Tipo i lavori tecnologici, per esempio: ma hai visto il programma degli istituti superiori? Chi esce diplomato dovra' fare corsi di aggiornamento continui solo prima di pensare di lavorare. Ripeto che secondo me gli schiavi moderni saranno persone davanti ad un PC, non piu' con la zappa in mano, chini sotto il sole. Ma saranno sempre l'ultimo anello della catena.