Sarà, ma io in prima serata non l ho mai beccato.....e a dire la verità nemmeno in seconda Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk
Mi piace ricordare anche Emilio Battisti,comandante della Cuneense che, pur di non abbandonare i suoi alpini li seguì (rifiutando l'evacuazione con un aereo tedesco) per 8 anni in prigionia. "Finché c'è un alpino qui, sto qui con lui".
Nel frattempo Rommel era tornato in Africa e aveva ripreso il comando delle forze dell'Asse, spostò immediatamente 2 divisioni corazzate tedesche, assieme a due divisioni corazzate italiane dell'Ariete e le lanciò contro quelle britanniche, attorno al Crinale di Kidney si scatenò una feroce battaglia, nella quale per la prima volta, i mezzi corazzati alleati riuscirono a tenere testa alle divisioni corazzate dell'Asse, la divisione Ariete si battè valorosamente nonostante l'inferiorità di mezzi, in seguito al suo totale annientamento, lo stesso Rommel commentò <Con l'Ariete abbiamo perso i nostri commilitoni più esperti, ai quali, bisogna riconoscerlo, abbiamo chiesto sempre più di quello che potevano dare con i loro cattivi armamenti>.
http://www.tanks-encyclopedia.com/ww2/italy/Carro_Armato_Medio_M13-40.php Carro Armato M13/40 specifications Dimensions (L-W-H) 4.70m x 2.20m x 2.30 m (15’5″ x 7’2″ x 7’6″ ft.inches) Total weight, battle ready 13.5 tons Crew 4 (commander, driver, machine-gunner/radioman, loader) Propulsion Fiat SPA 8T V8 diesel, 125 hp, 8.92 hp/ton Suspension Leaf spring bogies Maximum speed (road) 32 km/h (20 mph) Operational range 200 km (120 mi) Armament 47 mm (1.85 in) Cannone da 47/32 M35, 104 rounds 3-4 x Breda-38 8 mm (0.31 in) machine-guns, 3200 rounds Armor From 25 to 42 mm (0.98-1.65 in) Total production 779
Tornerei alla questione iniziale. Si può essere orgogliosi? Non parliamo della contentezza di essersea cavata o della soddisfazione di aver avuto un successo o cose del genere; parliamo dell'essere orgogliosi, a distanza di tempo, di aver ammazzato qualcuno. La risposta è in un'altra domanda: ma c'è qualcuno che è orgoglioso di aver ammazzato qualcuno? C'è gente del genere in giro? Senza citare eventi prossimi di nostri soldati, impegnati in situazioni correnti (la discrezione è sempre una virtù), mi vengono in mente i racconti dei miei relativi alla seconda WW. Ho avuto parenti nelle forze armate, impegnati sino al 43 e poi schierati su parti diverse nel resto della guerra. Ricordo mio padre, combattente in Africa, che parlando a mia madre (con noi non ha mai raccontato nulla e con me, che speravo nella carriera militare, le sue sole parole erano "lascia perdere, quando sarai grande capirai che la guerra è una cosa orribile") raccontò di: "quei poveri disgraziati che sono caduti sotto il tiro della mia mitragliatrice"". Mia madre con noi non ammise mai che papà avesse mai ucciso qualcuno. Mio zio, cannoniere sul Vittorio veneto, convinto di aver affondato una nave inglese, "l'altoparlante ci stimolava ad essere felici ma noi pensavamo ai tanti che avevamo mandato in bocca ai pesci...ci facevano iniezioni per essere cattivi, una cosa terribile...". Non so nulla delle iniezioni ma non era certo orgoglioso. In seguito partigiano: "sparammo su quei poveri tedeschi...poveracci". Eppure orgogliosi: mio padre di non aver rinnegato il fascismo e di esser rimasto prigioniero sino alla fine del 1946 (l'anno dopo fu sorpreso da un gruppo di ex partigiani mentre passeggiava in campagna e temette di vedersela brutta e invece "signor tenenente l'ho vista da lontano e volevo manifestarle la mia gioia di rivederlo a casa"); mio zio di esser stato marinaio sulla più bella nave della flotta ("gli Inglesi non ammetteranno mai di averle prese da noi e anche se hanno cercato di umiliarci in tutti i modi sapevamo di avergliele date)" e di aver combattuto con le brigate comuniste. Mia nonna, con le figlie (le future spose di questi due uomini) si sedette letteralmente, coprendoli con le gonne, prima su un ufficiale italiano che i Tedeschi volevano rastrellare e poi su un giovanissimo Tedesco che, sbandato, era inseguito dai partigiani. Tutti a Natale ci ritrovavamo insieme (del resto abitavamo tutti vicino a ci si frequentava giornalmente)e parlavano di guerra, raccontando le esperienze senza mai alzare la voce o discutere. Fieri di non esser scappati, di essersi impegnati e tutto il resto ma non certo di aver fatto del male a qualcuno. Lo devi fare ma non ne sei contento e certo non te ne vanti. Recentemente ho giocato a Toaw con un inglese il cui padre era in Africa nello stesso periodo in cui era il mio. Ci siamo raccontati delle storie ascoltate da loro. E anche suo padre, fiero di aver vinto e tutto il resto, era felice solo di esser tornato a casa sano. Quest'orgoglio di aver ammazzato non lo ho mai trovato.
Boh, poi dipende dal soggetto è da quanto lo stress post traumatico ti fa effetto. Dipende da quanto entra la guerra in te, da quanto diventa per te "antica festa crudele", e soprattutto quanto diventa "festa". Credo che abbiamo tutti in mente le immagini del cecchino di "salvate il soldato ryan", dell'ufficiale di "Apocalypse Now", e poi (anche se in questo caso MOLTO caricaturale) di Aldo di "Bastardi senza gloria". Sono film, è vero. E valgono pochissimo in confronto agli esempi di Kebler. Però questi casi sono realmente esistiti, seppur in forme più attenuate, meno idealizzate. Vi faccio giusto qualche esempio: le Waffen SS (prime su tutti, eppure anche in questo caso ci sono stati casi di profonda umanità), i partigiani delle Garibaldi (idem), gli ustascia e i titini, e per fare dei casi singoli, il cecchino Zajcev e il generale Patton.
La guerra scatena violenza. E chiaramente può comportare odio, un odio feroce. Paura ed odio sono un mix tremendo, che può avere esiti spaventosi. Ma la questione non è se accadono cose tremende, la questione è se uno sia orgoglioso di averli compiuti quei gesti. Un conto è la soddisfazione di aver compiuto ciò che si doveva compiere (e, perché no? quella di esser tornati a casa con la pelle), il senso dell'onore di chi, comuqnue, la pelle l'ha rischiata, l'orgoglio anche, di non esser scappato. Un altro l'orgoglio di aver ucciso: sono cose diverse. Si può provare un senso di compiutezza nell'aver compiuto ciò che si doveva fare. Lasciamo stare l'esaltazione del momento, ma poi, a csa, nessuo sul serio si gonfia il petto quando sente "Saul ne ha avuti cento, David mille". L'equipaggio di Hiroscima, che non hamai rinnegato il suo volo (ma ho idea che c'entri m olto una razionalizzazione a posteriori per non cadere soffocati dal senso di colpa) non si è mai vantato di aver ammazzato centinaia di migliaia di persone. Gli stessi dei CAmpi di concentramento, che certo avevano pochi scrupoli, ancora nel 44 si vantavano della loro efficienza ma non della morte in sè. Certo, le uccisioni possono diventare un merito: i Grandi Massacratori giacobini (ma anche qualche generale italiano nei confronti dei _propri_ soldati fucilati) facevano carriera citando il numero dei morti. Ma qui c'entra la carriera, ed è un'altra cosa.