[AAR] L'orso e la tigre

Discussione in 'Wargames - Generale' iniziata da Luigi Varriale, 19 Aprile 2022.

  1. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Presento a tutti i fenomenali lettori del forum il prologo di un progetto che sto conducendo sulla guerra russo-ucraina che ho chiamato “L’orso e la tigre”. Non so come o se riuscirò a portare a termine il progetto in quanto non si tratta, come ho fatto in passato, della simulazione di eventi ipotetici o storici, ma della mia casalinga simulazione di eventi che sono in corso e che al momento attuale non sappiamo come e quando finiranno. Allo stesso modo non so quando e come finirà il mio progetto. Intanto per gli eventuali interessati, eccolo qui. Se ci saranno abbastanza lettori interessati lo porterò avanti.



    Dopo lungo silenzio, data la recente tragedia che si sta consumando in Europa e che pochi si aspettavano si sarebbe verificata nel XXI secolo, ritorno sul supremo sito di wargame italico per raccontarvi le memorie dell’immaginario Generale russo Valerii Utnikov, comandante della 8a armata ad armi combinate impegnata nella mia casalinga versione della guerra sul fronte della Crimea. Attraverso i suoi occhi analizzeremo non già gli eventi reali della “Operazione Militare Speciale” che sta avendo luogo mentre scrivo, bensì la maniera in cui secondo me i Russi avrebbero dovuto condurre la campagna per evitare le battute d’arresto che hanno subito. Si tratta quindi di un progetto ispirato agli eventi reali ma che da questi radicalmente si discosta a livello di pianificazione ed esecuzione. E’ infatti mia ferma convinzione che pur essendo l’armata russa di oggi certamente non della stessa qualità di quella rossa del 1944, essa se utilizzata secondo le consolidate dottrine dell’arte operativa sovietica, avrebbe potuto raggiungere risultati migliori di quelli che ha riportato nei primi mesi della campagna reale.



    Nel 1941, Heinz Guderian aveva impartito ai Russi una lezione che essi non dimenticarono mai negli anni immediatamente successivi; lezione scritta a caratteri cubitali nel celebre testo del generale germanico Achtung Panzer: “NON COLPI DI SPILLO MA MAZZATE”. A mio modesto parere questa lezione i pianificatori russi contemporanei, forse anche condizionati dai vaghi e fumosi obiettivi fissati dall’autorità politica, non hanno saputo applicare. Hanno invece tentato di utilizzare l’esercito come se fosse un fioretto in un tentativo di condurre un’operazione “stilosa” alla Rumsfeld. Il problema è che l’esercito russo, come quello sovietico prima di lui, non è un fioretto, bensì una mazza ferrata; e come tale va utilizzato.



    Il sistema di simulazione che utilizzo per questo progetto è Gulf Strike di Mark Hermann.



    Prologo

    L’ordine di dare inizio le operazioni militari sul fronte della Crimea mi sorprese mentre ero in viaggio da Sebastopoli verso il mio comando presso Sinferopol. Al quartier generale della flotta del Mar Nero avevo da poco terminato una riunione informativa con i compagni della Marina e con quelli dell’aviazione per definire le linee basilari della cooperazione di quelle forze con l’armata. Alla riunione aveva preso parte naturalmente anche il Generale Vladimir Latulin, comandante del fronte della Crimea, il quale ci aveva comunicato il suo intendimento strategico. Non vi era dubbio che il contributo dell’aviazione frontale avrebbe dovuto essere decisivo per le nostre operazioni. La ricognizione dell’ 8a armata ad armi combinate da me comandata aveva individuato le principali posizioni del nemico lungo lo sbocco dalla penisola della Crimea sul continente: gli Ucraini avevano una brigata di fanteria leggera ben trincerata di fronte a noi al di là della zona lacustre di Hrovinka, che costituiva di per sé una formidabile barriera alla nostra avanzata. Lungo l’istmo di Perekop il nemico aveva una brigata meccanizzata rinforzata, mentre a est lungo la strada dell’istmo di Chonhar era schierata una brigata di fanteria rinforzata da reparti del genio. La nostra ricognizione non aveva individuato riserve nemiche immediatamente dietro la linea di contatto, grave errore a mio giudizio da parte del comando ucraino. Era però certo che data la disposizione delle forze nemico, ci saremmo trovati di fronte ad una difesa convenzionale in grande stile. Esso era deciso a contrastare la nostra avanzata con operazioni difensive classiche.

    (Dalle informazioni in mio possesso apprendo che il titolo di "Compagno" sarebbe ancora largamente utilizzzato nelle forze armate russe, anche se non più nella società civile. Pertanto lo utilizzerò all'interno di questo progetto).



    Nella penisola di Crimea, riportata sotto il nostro controllo nel 2014 e molto velocemente rimilitarizzata, noi avevamo ammassato un complesso di forze ragguardevole: tre armate ad armi combinate, come abbiamo visto agli ordini del Generale Latulin: la mia armata, l’ 8a era schierata sulla sinistra in corrispondenza dell’accesso all’istmo di Perekop. L’armata del Generale Yuri Broun, la 58a, era schierata sulla destra, rivolta verso l’uscita orientale della penisola di Crimea; mentre in secondo scaglione vi era l’armata del Generale Naum Hrygoriev, ufficiale ucraino che non aveva mai lasciato l’esercito russo. La sua 49a armata ad armi combinate era pronta a sfruttare qualunque nostro successo. Tutte queste forze facevano parte come detto del Fronte della Crimea.

    L’obiettivo strategico assegnato al Generale Latulin dall’autorità politica era la presa di Dnipropetrovsk da sud. Un obiettivo immediato chiaro e a nostro parere alla portata delle forze russe schierate in Crimea. Le forze in riserva generale, vale a dire la 7a divisione aerotrasporta e la 810a brigata di fanteria di marina sarebbero rimaste a disposizione per eventuali operazioni lungo la costa ucraina o per appoggiare direttamente gli attacchi del nostro fronte. La mia armata si trovava come detto in primo scaglione. Le truppe a mia disposizione per condurre l’azione erano costituite dalla 15a divisione di fucilieri motorizzati, dalla 20a divisione di fucilieri della guardia, dalla 238a brigata di artiglieria, dalla 77a brigata della difesa aerea e dalla 47a brigata missilistica. A queste forze erano state provvisoriamente aggregate e poste sotto il mio comando le seguenti unità: la 42a divisione fucilieri della guardia assegnata dalla 58a armata ad armi combinate ed il 32° reggimento del genio assegnato dalla 49a armata ad armi combinate.

    Non appena giunsi al mio quartier generale dopo il mio breve viaggio a Sebastopoli, mi sedetti con il mio stato maggiore per valutare come meglio eseguire gli ordini impartiti dal comando di fronte.
    Tali ordini prevedevano che l’armata desse inizio all’offensiva non già seguendo la direttrice più ovvia, quella del corridoio di Perekop, ma lanciando un’operazione di attraversamento della zona lacustre direttamente di fronte con obiettivo immediato Novopokrovka sulla sponda opposta. La 15a divisione di fucilieri motorizzati avrebbe dovuto quindi stabilire una testa di ponte utilizzando il reggimento di genieri assegnato dall’armata del generale Hrygoriev. La motivazione di questa direttrice d’attacco a noi assegnata era che essa costituiva la via più breve per arrivare al primo obiettivo intermedio: la località di Melitopol. Da lì, con successive manovre da pianificare ed in concomitanza con la 49a armata, saremmo avanzati in direzione di Zaporizzja ed infine avremmo conquistato Dnipropetrovsk collegandoci con le forze provenienti da nord e raggiungendo gli obiettivi assegnati: la distruzione di tutte le forze ucraine nell’est del paese e la conquista di tale porzione di territorio.



    Nella notte tra il 23 febbraio ed il 24 febbraio 2022, ricevetti l’ordine dal comando di fronte di attivare la mia brigata di missili Iskander. Ricordo bene la mia eccitazione e quella dei miei ufficiali di stato maggiore. Si trattava né più né meno che dell’inizio di vere e proprie operazioni militari. Mi ero preparato per tutta la carriera a questa eventualità e adesso essa si materializzava. Non avrei più inviadiato i miei colleghi con esperienza di combattimento in Siria. L’ordine conteneva le coordinate dettagliate dell’obiettivo del lancio che era indicato come una unità della difesa aerea ucraina; un reggimento di missili S-300. Data la delicatezza dell’ordine assegnato, decisi di recarmi di persona presso Yalta dove la brigata era dislocata. Così feci. In piena notte presi con me un plotone di fucilieri motorizzati ed a bordo del mio comando mobile mi recai sul posto. Coprimmo la distanza tra noi e la 47a brigata in poco più di un’ora. Il lancio di missili balistici è sempre un atto di un certo significato e volli portare di persona il mio ordine con le coordinate all’ufficiale comandante dell’unità.

    Dai bollettini ucraini apprendemmo all’alba del 24 che vi erano stati attacchi missilistici nei dintorni di Melitopol, che era infatti l’obiettivo dei nostri ordigni. Le notizie di fonte ucraina parlarono anche di attacchi a Charkiv e Kramatorsk, con danni a questa ultima città e di civili morti. La propaganda nemica parlò di attacco deliberato alle città, dimenticandosi di specificare che reggimenti di missili contraeri dei fascisti o i loro centri di comando si trovavano proprio alla periferia ed in certi casi nel centro di tali città.



    Nei successivi due giorni rimasi a mangiarmi le mani al mio posto di comando mentre i compagni dell’aviazione frontale combattevano la guerra al posto nostro. Le notizie erano poche e frammentarie, ma un mio contatto alla base aeronavale di Sebastopoli, Il maggiore dell’aviazione Kornil Lavanik, venne addirittura di persona a Sinferopol e mi riferì dei gravi danni inflitti alla rete della difesa aerea ucraina in tutta l’area del comando sud ed est. Davanti ad un buon bicchiere di Vodka mi disse anche delle nostre perdite, in linea secondo lui con quello che era stato preventivato. Purtroppo, mi raccontò Kornil, i compagni dell’aviazione si erano incaponiti nell' usare aerei inadatti per attaccare i reggimenti antiaerei nemici dopo che le sortite dei bombardieri armati con missili antiradar non avevano dato risultati completamente soddisfacenti. Le perdite di questi aerei meno adatti, come per esempio i Sukhoi 25, erano state sensibili. Almeno 3 di queste macchine erano certamente andate perdute e forse anche un Su-24. Insomma la battaglia aveva infuriato per due giorni e prometteva di continuare accesissima nei giorni a venire. La priorità dell’alto comando era per il momento quella di eliminare la difesa aerea nemica, i suoi posti di comando e di spazzare via l’aviazione ucraina. Le nostre gloriose forze terrestri rimanevano per il momento con le armi al piede con mia grandissima delusione. La mia principale paura era che perso l’effetto della sorpresa strategica, le forze ucraine avrebbero potuto prepararsi e consolidare le loro posizioni prima del nostro attacco.



    Kornil ed io stavamo ancora discutendo quando venni chiamato d’urgenza dal colonnello Yuri Nachnetin, comandante della difesa aerea dell’armata. Aveva appena ricevuto comunicazione dal radar volante Beriev, orbitante sulla costa est della Crimea, che erano stati scoperti dei penetratori ucraini a bassa quota diretti verso di noi. Balzai immediatamente sul mio veicolo comando insieme a Kornil e ci precipitammo al posto di comando tattico della brigata della difesa aerea. Nel criptico e buio quartier generale, illuminato solamente dalle luci di emergenza di guerra di un rosso soffuso, trovai il Colonnello Nachnetin chino su uno degli schermi che conferiva con un operatore anziano; un ufficiale subalterno.

    Il colonnello alzò lo sguardo dallo schermo e mi fece un saluto formale. Gli feci cenno di venire immediatamente al sodo.

    “Compagno Generale, abbiamo un collegamento con il Beriev. Ci sono due bersagli 50 chilometri a sud di Odessa. Hanno appena virato per 100 gradi e il loro vettore li dà sopra Sebastopoli in circa 12 minuti. Entreranno nel raggio d’azione dei nostri S-400 tra esattamente 4 minuti. Lei è arrivato giusto in tempo Compagno Generale”.

    Mi sforzai di apparire tranquillo.

    “Siamo sicuri che siano nemici?”

    “Il Beriev dice che non rispondono né per radio né per IFF. Il profilo di volo li classifica come Sukhoi 24 in missione di penetrazione a bassa quota; due bersagli, velocità 800 chilometri l’ora, distanza 200 chilometri in rapida diminuzione Compagno Generale”.

    “Ma i compagni dell’aviazione non fanno decollare i caccia della penisola di Kerc?” chiesi con un tocco di apprensione.

    “Il Beriev li ha scoperti troppo tardi Compagno Generale. Vengono avanti bassissimi sul mare sfruttando la curvatura terrestre per nascondersi. I caccia non farebbero più in tempo ad intercettarli. Suggerisco di aprire il fuoco non appena li abbiamo a tiro. Potrebbero essere diretti su qualunque dei reparti al fronte o peggio su Sebastopoli.”

    Al mio fianco Kronil cominciava a dare segni di agitazione. “Mio Dio! Se arrivano sulla base navale…” poi aggiunse meravigliato: “Ne hanno di coraggio questi fascisti a venire a sfidare un’area difesa non meno di Mosca stessa.”

    Ci guardammo l'un l'altro per qualche secondo prima che mi rendessi improvvisamente conto che tutti stavano aspettando un mio ordine.

    “Ingaggiate!...ingaggiate senz’altro non appena i bersagli sono a tiro. Date comunicazione alle brigate antiaeree delle altre unità di quello che stiamo per fare.”

    “Già fatto Compagno Generale. Le unità della 49a e della 56a armata stanno anche loro puntando le loro batterie.”

    Dati gli ordini, non mi rimase che stare a guardare impotente la battaglia ormai in mano ai subalterni. Le traccie radar dei presunti Sukhoi nemici continuavano ad avvicinarsi e poi tutto ad un tratto una serie di frecce arancioni apparvero sullo schermo in volo verso di loro.

    “La brigata della 56a armata sta ingaggiando il nemico” fu il commento di uno degli operatori.

    “Armi rilasciate da parte di tutte le nostre batterie!” gli fece eco un altro. Il numero delle frecce che si avventavano sul nemico andavano aumentando man mano che più batterie antiaeree aprivano il fuoco.

    “Pazzi e coraggiosi” commentò il colonnello, sudato nonostante la temperatura non certo calda del posto di comando. I minuti trascorsero inesorabili nel silenzio generale fino a quando le tracce dei missili non incontrarono quelle dei due aerei nemici quasi sulla verticale del porto di Sebastopoli. Tutte passarono oltre i bersagli per scomparire poco dopo alle loro spalle. Sia Kornil che il colonnello sbiancarono all’unisono.

    “Cosa succede?” domandai allarmato.

    “I bersagli sono passati attraverso lo sbarramento dei missili” commentò Kornil.

    “Ma è impossibile!” esclamò il comandante Nachnetin; nulla può passare attraverso un simile fuoco”.

    “Quegli stramaledetti nazisti della NATO...chissà quali diavolerie elettroniche hanno montato su quegli aerei” gli fece di rimando Kornil.

    “Dio Santo” commentò il colonnello…“Sono sulla base navale!”

    Passarono ancora parecchi secondi e poi le tracce nemiche invertirono la rotta. Subito dopo una delle due tracce scomparve.

    “Là!” indicò Nachnetin puntando un dito in direzione dello schermo principale. Ne hanno abbattuto uno. Probabilmente le difese di punto della base o il fuoco antiaereo delle navi stesse”.

    Kornil chiese di poter usare un apparato radio e si mise rapidamente in contatto con il comando aereo a Sebastopoli. Chiese della situazione, dopo essersi identificato. La risposta dell’ufficiale di guardia della base aerea di Sebastopoli la sentimmo tutti: “Il Moskva è in fiamme”.



    Il 25 febbraio in serata, l’alto comando annunciò che un attacco di missili Iskander era stato lanciato contro la base aerea ucraina da cui presumibilmente erano partiti gli incursori ucraini di Sebastopoli: la base di Chmelcnykjy. Il bollettino russo faceva anche cenno dell’attacco aereo al porto di Sebastopoli ed annunciava che l’incrociatore antiaereo Moskva era stato leggermente danneggiato nell’attacco. Noi tutti fummo molto impressionati da quell’operazione degna dell’attacco a Taranto nel 1940 ed a Pearl Harbour nel 1941, in special modo considerando il livello e la qualità della difesa aerea della base aeronavale. Kornil si rimise in contatto con Sebastopoli ma non riuscì ad avere notizie più precise circa il Moskva. I suoi subordinati della base aerea che avevano il porto sotto osservazione riferirono che la nave stava a galla e che l’incendio a bordo era stato spento. Per il resto i compagni della marina tenevano le bocche cucite.
     
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    Ultima modifica: 19 Aprile 2022
  2. Prostetnico

    Prostetnico

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    Intanto... Ben tornato Luigi! Ci voleva una guerra per schiodarti? ;-)

    Sicuramente seguirò con interersso questo tuo nuovo progetto, sperando di vederne la fine, in tutti i sensi...

    nel frattempo hai pubblicato altro in lingua inglese? Se non ricordo male ad un certo punto ti eri trasferito su un altro forum, o me lo sono sognato?
     
  3. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    il 27 febbraio chiesi ed ottenni dal comando di fronte che il Maggiore Kornil Lavanik mi venisse assegnato come ufficiale di collegamento con l’aviazione frontale, soprattutto dal momento che scoprimmo che le cose per l’aviazione frontale non stavano andando bene e gli Ucraini stavano avendo un certo grado di successo nel contestarci lo spazio aereo. Ricordo che la cosa risultava alquanto inspiegabile per me; non avevamo forse noi la totale predominanza come numero e sofisticazione delle macchine? Chiesi lumi al buon Kornil. Questi nei primi tre giorni di operazioni aveva cercato di raccogliere più informazioni possibili sull’andamento della campagna aerea, non sempre con apprezzabile successo.

    Una marea di missili Iskander era stata lanciata all’indirizzo di Melitopol alla periferia della quale operava uno dei reggimenti di missili antiaerei ucraini, ma secondo le notizie più fresche raccolte da Kornil, le nostre incursioni di bombardamento non avevano dato i risultati attesi. La contraerea e la caccia nemica sembrava avessero abbattuto fino a 5 dei nostri aerei da attacco e le perdite del nemico erano sconosciute ma valutate come lievi.

    Tra le buone notizie, vi era che il comando del fronte mi autorizzò a partire dal primo di marzo ad iniziare i preparativi per gittare un ponte d’assalto per il previsto attacco della mia armata, cosa che mi faceva ben sperare che anche l’armata russa sarebbe presto entrata in azione accanto all’aviazione ed alla marina. Altra buona notizia, ancora estorta dal buon Kornil attraverso la sua rete di contatti, era che l’incrociatore Moskva non aveva subito danni rilevanti. Una bomba a caduta libera aveva colpito la nave di striscio e distrutto il radar di sorveglianza aerea ed un certo numero di apparati ESM. Erano già in arrivo le apparecchiature di rispetto e le riparazioni dell’unità navale sarebbero state completate nel giro di giorni. Lo scafo non era stato compromesso anche se si era sviluppato un incendio a bordo che l’equipaggio, aiutato dalle quadre d’emergenza portuali, era riuscito a domare prima che la situazione diventasse critica. Ancora si stava cercando di capire come fosse stato possibile che due aerei ucraini fossero riusciti a forzare le difese aeree di una base così munita come quella di Sebastopoli tramite un’incursione aerea che era messa sullo stesso piano di importanza dell’affondamento della corazzata Marat in porto da parte dell’asso degli aerei da assalto tedeschi Hans Ulrich Rudel.

    Ero più che certo che molte teste sarebbero cadute tra gli ufficiali della difesa aerea e della Marina, nonostante il fatto che uno dei due incursori fosse stato abbattuto. Per intanto occorreva pensare alla mia di testa e l’ultimo giorno di febbraio mi recai personalmente a verificare come procedevano i lavori per l’assalto nella zone di Krasnoarmiis’ke.

    Il primo di marzo giunse notizia dal comando dell’aviazione frontale che un Sukhoi 25 ucraino era stato distrutto un centinaio di chilometri a nord di Odessa. Kornil ed io avemmo molto a grattarci la testa nel cercare di capire chi e come avesse potuto abbattere un aereo nemico in quella zona dove non avevamo né caccia operanti né contraerea. Arrivammo alla conclusione che nella zona operasse un distaccamento delle nostre forze Spetnaz. Naturalmente si trattava solamente di un’ipotesi, dal momento che l’ 8a armata non aveva ai suoi ordini nessuna di queste forze strategiche che normalmente dipendono direttamente dalla Stavka. Sapevo però che la marina aveva una compagnia di siffatte truppe basata a Sebastopoli che forse operavano già in territorio nemico.
     
  4. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Prostenico grazie per il feedback.
    In Inglese, ricordo di avere pubblicato sul formu della Free League, ideatori dell'ultima versione di Twilight 2000 le avventure di un reggimento di alpini operanti in svezia nell'ipotetica III guerra mondiale comtemplata da quel gioco.
     
  5. Amadeus

    Amadeus

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    Benrisentito Luigi!
    Complimenti per la gatta da pelare che ti sei preso! Sicuramente complicato gestire la simulazione di un conflitto in corso, di cui ci sembra di sapere tanto ma (come spesso accade in rete) il rapporto segnale/rumore è molto basso. Ti auguro di poter proseguire agevolmente nel tuo intento. Io, intanto, prendo i popcorn. :)

    P.S. Vero, nelle forze armate russe si usa ancora il termine compagno per riferirsi a superiori e inferiori (il regolamento non è stato mai cambiato) ma solo quando ci si parla direttamente. Però, una cosa che sicuramente non fanno i militari russi è chiamare le città ucraine con i loro nomi ucraini (es. Charkiv al posto di Char'kov), ma lo dico juste pour parler, mi rendo conto non è univoca la risposta alla domanda: che grafia uso per indicare, in una narrazione scritta nella lingua 1, i nomi usati da parlanti della lingua 2, per riferirmi a città di una nazione in cui è ufficiale la lingua 3? :D
     
  6. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    All’inizio del mese di marzo ricevetti l’ordine definitivo di operazione per l’attraversamento dell’armata nella parte nord della Crimea. La zona finale che scegliemmo fu la località di Vasylivka, presso la quale oltre ai ponti gittati dal 32° reggimento del genio, avremmo potuto avvalerci anche di un ponte naturale, sempre che fossimo riusciti ad occuparlo prima che il nemico lo avesse fatto saltare. Certamente valutammo subito che questo ponte non sarebbe stato sufficiente a supportare all’assalto dell’intera 15a divisione di fucilieri motorizzati avanguardia dell’armata; ma avrebbe qualora fossimo riusciti a prenderlo intatto, sicuramente contribuito.



    La prima cosa che feci fu quella di recarmi avanti sulla linea del fronte per verificare come stessero andando i lavori. Era una posizione di estrema vulnerabilità quella in cui vennero a trovarsi i reparti di primo scaglione della 15a divisione di fucilieri motorizzati, così come anche la 238a brigata di artiglieria. Il più esposto di tutti era ovviamente il reggimento del genio, che non era neppure un reggimento mio in quanto mi era stato assegnato dalla 49a armata ad armi combinate proprio per quella missione. Il fronte della Crimea contava comunque su tre reggimenti antiaerei per stroncare qualunque velleità offensiva sulla mia testa di ponte nel momento in cui sarebbe stata lanciata e c’era solo da sperare di non replicare i risultati difensivi ottenuti durante l’incursione su Sebastopoli.

    Kornil se ne arrivò nel pomeriggio del 1° marzo con un rapporto dell’FSB sul livello di preparazione che dal 2014 sono ad oggi le forze aeree e di difesa aerea ucraine avevano raggiunto grazie alla collaborazione di Stati Uniti e Gran Bretagna. Me lo mise sotto gli occhi, insieme alla triste notizia che il giorno prima era andato perduto un nostro Su-34 impegnato in un’incursione contro un reggimento SAM nemico alla periferia di Dnipropetrovsk. Ascoltai attentamente il rapporto del mio ufficiale di collegamento con l’aviazione, della cui collaborazione da lì a qualche giorno avrei potuto avere bisogno.



    “Secondo i nostri servizi di informazione” mi informò Kornil, “gli Americani sono riusciti a rafforzare le forze di difesa aerea ucraine senza cedere loro alcun aereo o alcun missile”

    Alla vista del mio sguardo interrogativo, il maggiore proseguì.

    “Guardi qui compagno generale; il rapporto parla chiaro. Hanno collegato tutti i loro centri comando e batterie missilistiche via satellite con un sistema di data link sul tipo di quello usato dalle marine e dalle aviazioni della NATO. Quindi possono concentrare un elevato numero di missili su bersagli che sono stati scoperti magari solo da una singola stazione e fino al limite della gittata dei missili. Le varie batterie collaborano tra di loro anche a grande distanza. Guardi qui” e mi indicò una serie di tracciati radar sottratti chissà come dall’FSB. Vede questo centro radar e quest’altro? Guardi che distanza c’è tra di loro. Il primo ha una traccia spuria di un bersaglio aereo; e guardi qui la traccia del secondo centro radar. Il bersaglio è teoricamente ben al di là della sua portata ed anche al di là della teorica distanza alla quale può comunicare con il centro comando della prima batteria missilistica. Eppure osservi qui; entrambi i centri radar hanno il bersaglio nella stessa posizione come se lo avessero scoperto contemporaneamente”.

    A questo punto Kornil si accorse che mi aveva perso per la strada a metà del discorso.

    “Compagno generale, qui possono concentrare il fuoco di tutte le batterie missilistiche dipendenti da questi centri radar contemporaneamente contro questa singola incursione nostra! Comincio a capire perché solo lentamente ed a caro prezzo progrediamo in questa campagna aerea”.



    “Questo vale anche per quando lanciamo gli Iskander?” chiesi con preoccupazione.

    “Assolutamente si compagno generale. A questo aggiunga che una buona metà dei loro centri radar ed alle volte anche i lanciatori li nascondono nei centri abitati ed avrà un’idea di tutte le nostre difficoltà a danneggiarli”.

    “E quindi cosa dovremmo fare?”

    “Ah se le cose stanno davvero come questo rapporto indica, abbiamo di fronte una lunga campagna aerea d’attrito contro un sistema di difesa sofisticato, contro il quale dovremo inventarci tattiche inedite”

    Kornil continuò a sfogliare il rapporto in mia presenza e si fermò su una delle pagine verso la fine.

    “Guardi qua compagno generale”, e mi indicò un paragrafo particolarmente lungo. “L’FSB stima, ricavandolo da alcune informazioni di nostre talpe nei comandi dell’aviazione ucraina, che essa si sia addestrata a lungo nelle manovre e nelle tattiche di incursione a bassa quota in package minimi ed isolati per minimizzare le probabilità di essere scoperti. Ha senso” continuò Kornil; “hanno pochi aerei da attacco in profondità e hanno cercato di supplire alle carenze quantitative con tattiche sofisticate e costose in termini di addestramento. Tanto con i soldi degli Americani….Occorrono un sacco di ore di volo in addestramento per padroneggiare queste procedure” affermò il maggiore dell’aviazione pensieroso. “E poi le aviazioni della NATO sono state pioniere in queste tattiche”.

    “Le implicazioni pratiche?” chiesi

    “Semplice” fu la pronta risposta del maggiore; “abbiamo molta più difficoltà del normale a penetrare la loro difesa aerea mentre loro, pur con un carico bellico limitato e meno sofisticato del nostro, hanno più probabilità di portarlo sui loro bersagli. Si ricorda l’incursione sul Moskva? Prima di perdere un aviogetto, gli Ucraini hanno portato i loro aerei fin dentro la base ed hanno piazzato una bomba non guidata sul nostro incrociatore”.

    “Come fa a sapere che era non guidata”.

    “La quota. La quota di sgancio. Secondo i rapporti che ho visto era una bomba non guidata e ritardata”.

    “E per l’armata la minaccia come si configura?” incalzai, memore del fatto che quelle tattiche aeree americane o ucraine che fossero avrei potuto subirle sulle mie truppe in qualunque momento.

    “Occorre rinforzare la cooperazione tra i nostri reggimenti di missili. Essere sicuri che siano vicini abbastanza da comunicare agevolmente tra di loro”.

    “Riusciranno a fare incursioni sulle mie truppe come quella che hanno fatto contro Sebastopoli?” domandai ben sapendo che Kornil era un ufficiale di collegamento e non un indovino. Rimase pensieroso per qualche istante e poi mi rispose.

    “Secondo me, con i mezzi difensivi di cui disponiamo in Crimea ed il reggimento di intercettatori nella penisola di Kerc, se riusciamo a coordinarci bene con i compagni dell’aviazione, un’incursione riuscita di penetratori nemici anche usando le tattiche di cui ho parlato prima, dovrebbe essere l’eccezione e non la regola. Dopo tutto anche l’attacco riuscito sulla base navale è costato al nemico la metà delle forze che aveva impegnato”
     
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  7. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Amadeus
    grazie per il tuo messaggio.
    Nella simulazione sto cercando di incorporare tutto quello che "più o meno" conosciamo di questo conflitto, in particolare la transizione delle forze ucraine ad un inquadramento ed addestramento di tipo occidentale sia nelle forze terrestri che in quelle aeree. Man mano che la campagna va avanti, incorporerò anche le iniezioni di armi da parte dei partner dell'Ucraina. Il regolamento Gulf Strike è così flessibile da permettere ciò. Ho scelto questo regolamento anche per il fatto che non esiste ad oggi un operazionale dove la logistica sia così curata come in questo sistema, nonostante dati alla metà degli anni ottanta. Anche le "presunte deficienze" delle forze armate russe sono simulabili in vari modi. Dal punto di vista della campagna reale però a sottovalutare i russi non ci penso nemmeno lontanemante e spero che non lo facciano nemmeno al Pentagono. Storicamente chiunque abbia commesso questo errore, lo ha pagato nella maniera più catastrofica.
    Per quanto riguarda i nomi, mi limiterò ad usare quelli a noi più comprensibili, nella lingua nostra.
     
  8. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    In serata un altro allarme arrivò dalla brigata antiaerea. Un’altra incursione di cacciabombardieri nemici, questa volta provenienti da nord e diretti dritti su di noi. Quando l’allarme si attivò nel centro di comando del Colonnello Nachetin, il nemico sugli schermi radar del centro comando della 77a brigata era a soli 50 chilometri a nord della posizione del comando d’armata e si determinò che l’incursione era costituita da un singolo aereo nemico. Sembra che fu un radar terrestre della 67a brigata antiaerea ad individuare l’incursore che si avvicinava a quota prossima allo zero. Il comando dell’aviazione frontale fece decollare immediatamente un paio di Sukhoi 27 da Anapa, ma questi non fecero in tempo ad arrivare sul posto, in quanto un S-400 ben piazzato da parte della stessa brigata che aveva individuato l’attacco, fece schintare l’aereo nemico poco a sud delle posizioni della 15a divisione dei fucilieri motorizzati; fortunatamente il Su-24 ucraino cadde in un’area deserta ed acquitrinosa senza fare particolari danni. All’alba del 2 ci recammo sul posto ad esaminare il relitto. Kornil fece intervenire sul posto il servizio informazioni dell’aviazione frontale per vedere se si poteva riuscire ad estrarre qualche tipo di apparecchiatura di cui noi non eravamo a conoscenza. Si poté di conseguenza interrompere la ricerca dell’altro Su-24 ucraino caduto in mare a seguito dell’incursione su Sebastopoli. Dal lato positivo delle cose avevamo abbattuto un altro aviogetto di prima linea degli Ucraini. Dal lato negativo, il radar volante non era riuscito ad scoprire tale aviogetto in avvicinamento nemmeno a 100 chilometri di distanza, il che non faceva ben sperare per le operazioni future. C’era voluto un colpo di fortuna per un radar terrestre ad evitare un altro disastro. Dall’esame del relitto non si trovò nulla di particolare. La nostra difficoltà a scoprire le incursioni nemiche, concluse Kornill, doveva essere data quindi esclusivamente dal profilo di volo estremo che i piloti ucraini in gruppi di due ed addirittura con singoli aeroplani tenevano nei tentativi di vincere le nostre difese aeree.

    A notte inoltrata Kornil continuò a ricevere rapporti dai reparti di aviazione impegnati in operazioni, mentre l’armata ricevette un nuovo ordine di attacco nei confronti del reggimento ucraino di missili antiaerei numero 201 a nord di Melitopol. Si trattava ovviamente di un nuovo lancio di missili da parte della nostra 47a brigata. Questi ordini ripetuti di attacco e sulle stesse coordinate, ci preoccupavano non poco, perché significavano evidentemente che gli attacchi precedenti non avevano ottenuto i risultati sperati. In aggiunta tali attacchi, spesso su centri abitati dove gli Ucraini nascondevano i loro comandi e talvolta anche lanciatori SAM, provocavano perdite tra la popolazione civile e mettevano in cattiva luce le forze russe. Tali attacchi erano ampiamente sfruttati dalla propaganda occidentale allo scopo di screditare le nostre forze,

    Nella notte tra il 1 ed il 2 marzo mi recai a vedere i progressi nella costruzione dei ponti per l’attraversamento della zona acquitrinosa di fronte all’armata. Fu mia premura visitare per primo il reggimento avanzato della 15a divisione di fucilieri motorizzati. Nonostante tutti gli sforzi fatti dal colonnello Tugachev, il reggimento rimaneva una ben ordinata masnada di ragazzini, senza esperienza di combattimento e senza un serio corpo sottufficiali che fornisse una guida salda una volta che i proiettili avessero cominciato a volare. Questo era il prezzo del mantenimento un esercito numeroso come i nostri vertici politici e militari volevano. Avevo avuto un relativo successo da quando avevo assunto il comando dell’armata, nel contrastare i più evidenti fenomeni di mala amministrazione all’interno di essa, ma era tuttora chiaro che l’impostazione della forze ed in special modo della 15a divisione rimaneva di puro stampo sovietico, impostazione oramai superata dai tempi e dalle circostanze.

    Feci un breve discorso a quegli imberbi, ai quali peraltro la mancanza di esperienza sul campo di battaglia mi accomunava. Dissi loro che avrei richiesto un particolare senso del dovere e spirito di sacrificio alla divisione. Dissi loro che essa avrebbe dovuto sfondare il fronte ed aprire un passaggio attraverso il quale le riserve sarebbero passate per garantire la vittoria dell’esercito russo. Aggiunsi che non gli avrei fatto mancare nulla di quello che sarebbe loro servito, inclusa la mia presenza durante la battaglia. Non ebbi una grande impressione della reazione della truppa che rimase tiepida con grande disappunto degli ufficiali presenti i quali invece parevano invece smaniosi di entrare in azione.

    Mi avviai poi presso il reggimento del genio che stava lavorando ai punti di attraversamento. Qui trovai un’atmosfera molto più produttiva. La truppa era impegnata in un compito concreto ed immediato e pareva svolgerlo in maniera determinata e professionale. Il tenente colonnello che comandava il reparto mi chiese quando gli avrei mandato qualche ucraino per colazione e io gli risposi che avrebbe presto potuto fare una scorpacciata. Il comandante del 32° reggimento del genio sapeva di avere di fronte una brigata di fanteria leggera ucraina e promise di dare tutto l’appoggio necessario, anche in combattimento, alla divisione incaricata dell'assalto. Gli risposi che non avevo dubbi e finita l’ispezione mi congedai. Risalii sul mio BTR comando e mi recai al quartier generale della divisione che avevo lasciato appositamente per ultimo nel programma della visita al fronte. Mi fermai presso il comando tattico del generale Grochev che trovai in compagnia del suo ufficiale di collegamento con l’aviazione. Grochev mi assicurò che la divisione era pronta per quanto umanamente possibile alle operazioni, mentre ebbe a lamentarsi che l’aviazione nostra non aveva ancora soppresso a dovere le difese nemiche di fronte a lui. Kornil provò a spiegare al generale che la ricognizione stava ancora cercando la base logistica ucraina che assicurava i rifornimenti allo schieramento nemico in Crimea e che non appena fosse questo fosse stato trovato sarebbe stato duramente martellato fino alla sua distruzione. L’ordine di attacco non sarebbe stato dato prima che l’aviazione frontale non avesse preparato l’offensiva adeguatamente. Il generale comandante la 15a non parve molto convinto ma accettò senz’altro le nostre argomentazioni. In mattinata ce ne tornammo a Sinferopol a monitorare l’andamento della campagna aerea.
     
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  9. StarUGO

    StarUGO

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    @Luigi Varriale io seguo,dal basso della mia ignoranza.
    Ricordo ancora il capitano Ugo Star ed il mitico Postuma :approved:
     
  10. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Mentre io Kornil ed il generale Lumashenko, vicecomandante dell'armata, facevamo colazione la mattina del 2 marzo, una staffetta proveniente dalla base aeronavale di Sebastopoli entrò scortata da de soldati all’interno del posto comando e dopo aver fatto un rigido saluto militare consegnò un messaggio al maggiore dell’aviazione. Kornil, imbarazzato del fatto che la staffetta avesse consegnato a lui il messaggio invece che a me, diede una rapida scorsa al documento, dal quale capì immediatamente perché era stato lui il destinatario. Il dispaccio riguardava l’aviazione frontale; il giovane portaordini aveva visto l’uniforme dell’aviazione di Kornil ed aveva pensato di darlo direttamente a lui. Il maggiore alzò gli occhi dal documento e rivolse a me uno sguardo intenso. “L’aviazione frontale ha deciso di rinforzare il suo contingente in teatro”, affermò Kornil con aria ufficiale. “Il provvedimento prevede lo schieramento in teatro di due nuove divisioni aeree. Una proveniente dal distretto di Mosca e l’altra dal distretto dell’est”. Kornil andò avanti a leggere i dati e i suoi occhi si ingrandirono sempre di più mentre leggeva. “90 aerei da caccia ed un centinaio di bomardieri vengono aggiunti al nostro ordine di battaglia in teatro, comagno generale tra cui 60 Mig-31”.

    “Che diavolo è un Mig-31”, chiesi io. “Non si chiamava Mig-21?”

    “Compagno Generale” mi apostrofò Kornil con sguardo compassionevole; “Con tutto il rispetto, lei è rimasto fermo alla sua adolescenza. Il Mig-31 è un moderno aereo intercettore a lungo raggio. Nelle sue ultime versioni di cacciabombardiere può svolgere anche missioni di attacco al suolo e portare armi aria terra a lunga e lunghissima portata. Un aereo temibile e completo”.

    Kornil andò avanti nella lettura del documento.

    “La Stavka ha deciso questo rafforzamento allo scopo di intensificare e velocizzare la campagna aerea contro l’Ucraina ed allo stesso tempo di cautelarsi contro l'aumtneo delle forze NATO in Romania”.

    “Che aumento?” chiesi con una nota di preoccupazione, dato che la Romania si trovava tecnicamente entro la responsabilità operazionale del fronte della Crimea.

    “Secondo le ultime informazioni, gli Italiani hanno portato la loro presenza aerea in Romania dal livello di squadriglia a quello di gruppo, rinforzando il loro contingente di caccia presente sulla base di Kogalniceanu. In più una squadriglia di cacciabombardieri americani è giunta sulla stessa base a rinforzare il gruppo caccia rumeno operante sul posto”.

    “Chi ha il comando delle operazioni”.

    “Gli Italiani; risulta anche che un battaglione di fanteria da montagna francese sia giunto a rinforzare la sicurezza della base”.

    “Sono un pericolo per noi queste forze?”

    “No; si tratta di forze difensive la cui composizione è stata studiata come deterrente alle nostre azioni militari verso ovest; ma in nessun modo direi che queste forze possano intralciare i nostri obiettivi assegnati.

    “Questi aerei non possono attaccarci quindi!” precisai in cerca di una risposta rassicurante.

    “In teoria le componenti italiane ed americane sono equipaggiate con aerei multiruolo che potrebbero anche compiere missioni offensive. Ma questo naturalmente significherebbe la guerra tra noi e la NATO”.

    “Dio ci scampi e liberi da una simile eventualità” risposi. “Si sa già dove verranno schierate queste nostre nuove forze aeree?”

    “Non ancora, ma verranno rischierate nei prossimi giorni”. Kornil fece una pausa. “Non so se essere contento o meno di questo sviluppo” disse con aria pensierosa mentre congedava la staffetta che aveva portato il messaggio. “Da una parte più forze sono una buona cosa. Il fatto che abbiamo alleggerito il distretto est da tutti i Su-24 che avevano a disposizione, significa rapporti distesi con la Cina ed anche questa è buona cosa; tuttavia la causa di questa mossa non può essere altro che l’imprevista resilienza del sistema di difesa aereo ucraino, al quale devo dire prima dell’inizio delle operazioni nessuno dava un gran credito”.

    “Bene” risposi convinto; “vorrà dire che con queste nuove forze finiremo di smantellarlo questo sistema e poi finalmente daremo inizio alla campagna terreste. La mia preoccupazione e che con tutta questa attesa, le forze nemiche si rafforzino di fronte a noi e ci rendano difficile il compito”.

    “Direi di no compagno genrale” rispose convinto Kornil. L’esercito ucraino è una barzelletta e le misure prese dalla NATO sino ad ora paiono solamente rinforzare le difese dei territori sotto la giurisdizione dell’alleanza. Pare che non abbiano intenzione di interferire con le nostre operazioni in Ucraina. Quando potremo agire liberamente nei cieli e le difese aeree del nemico saranno distrutte, niente e nessuno potrà fermare l’armata russa. Del resto la NATO non è in condizioni di trasferire rapidamente forze terrestri sufficienti per difendere l’Ucraina”.

    “Ed è bene che non lo sia compagno maggiore; perché l’esercito della NATO anche non essendo numeroso certo una barzelletta non é”.
     
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  11. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Benvenuto Capitano!
    Prepara i popcorn, e speriamo che la guerra vera finisca prima della mia.
     
  12. StarUGO

    StarUGO

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    Mi sembra poco credibile che un generale russo contemporaneo,pur dell'esercito,sia rimasto ai Mig21..:cautious:
    Che diavolo e' l'aviazione FRONTALE?
     
  13. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Anche a me pare poco credibile. Deve essere stata una battuta del Generale Utnikov.
    Aviazione Frontale è la denominazione ufficiale delle forze aeree tattiche dell'URSS prima e della Russia poi.
     
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  14. Amadeus

    Amadeus

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    Concordo sul fatto che Utnikov stesse facendo una battuta (anche perché il MiG-31 è entrato in servizio quarant'anni fa) forse voleva mostrare stupore (o scetticismo) per via del fatto che il MiG-31 non è mai stato tradizionalmente un asset della FA ma è stato utilizzato principalmente per la difesa strategica. Probabilmente non crede molto nell'accoppiata MiG-31K/Ch-47M2, nonostante i giornali propagandassero i missili ipersonici come l'arma del futuro, almeno fino a qualche mese fa! :lol:

    P.S. Nel 2013 l'allora capo dell'aviazione russa ha dichiarato, durante un'audizione parlamentare, che la velocità massima di 3000 km/h non è più raggiunta dai MiG-31 in servizio a causa dell'usura dei vetri dell'abitacolo, e che la velocità massima limite consentita era di Mach 1,5. Mi chiedo se nel frattempo abbiano rimediato a questa incresciosa situazione... ma le recenti vicende mi suggeriscono una risposta negativa!
     
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  15. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    A partire dal 2 marzo 2022 la nostra autorità nazionale inibì la consultazione dei media occidentali ed alle fonti di informazione cosiddette non ortodosse fino al livello dei comandi d’armata, lasciando il libero accesso solamente ai comandi di fronte. Il provvedimento fu preso molto male da tutti i comandi subordinati ed il nostro non fece eccezione. Il Generale Latulin ci mise al corrente dell’enorme scontento che il decreto presidenziale aveva provocato sul morale degli alti ufficiali delle tre forze armate del nostro paese. Il generale si teneva in constante contatto con i suoi colleghi comandanti degli altri fronti di guerra e poté confermarci come tutti i comandi d’armata avessero reagito negativamente al provvedimento. Mi consultai con Kornil a proposito di tutto ciò e lui mi disse che certamente il sentimento non doveva essere molto diverso nell’ambito dell’aviazione dove peraltro i comandi di fronte coincidevano con quelli di distretto militare. Dal che derivava che i comandi d’armata aerea operanti sul terreno sarebbero stati all’oscuro dell’interpretazione del nemico sulle operazioni. Appena venuto a conoscenza del provvedimento anch’io naturalmente espressi tutte le mie possibili rimostranze al generale Latulin, dicendogli che tutto ciò avrebbe potuto effettivamente influire negativamente sulla mia capacità di dirigere le mie forze. Il mio superiore comprese ed in un colloquio a voce mi assicurò che avrebbe fatto tutto il possibile per tenere i suoi comandi subordinati al corrente di quanto accadeva all’estero e delle analisi degli analisti militari occidentali sulle operazioni. Grazie al cielo la politica incomprensibile della nostra autorità politica che stava minacciando di avviarsi verso i metodi più arcaici dell’ex stato sovietico, non aveva intaccato come peraltro non era accaduto neanche nel passato più buio, la solidarietà e lo spirito di reciproca protezionetra gli ufficiali della gloriosa armata russa. La tradizione era sempre stata che finché un ufficiale operava con diligenza e coraggio, avrebbe avuto la protezione dei suoi superiori. Così, tanto per cominciare apprendemmo dal generale Latulin che il rafforzamento del nostro dispositivo aereo nell’area delle operazioni aveva messo in serio allarme gli occidentali, i quali minacciavano come conseguenza di cominciare a fornire armi al nemico ancor di più di quanto già non avessero fatto in passato.

    Tra i media occidentali, ancora come conseguenza del nostro rafforzamento aereo, si vociferava di stabilimento di “no flying zones” da parte della NATO o come minimo del rifornimento di armi antiaeree a Kiev in modo che fosse in grado di contendere il cielo alla nostra aviazione frontale. Kornil giudicò irrealistica la prima ipotesi e velleitaria la seconda. Ci sarebbe voluto tempo infatti per addestrare gli Ucraini all’utilizzo dei sistemi di difesa aerea occidentali. Sulla no flying zone poi, Kornil liquidò la questione rapidamente come un provvedimento che avrebbe portato dritto alla guerra tra NATO e Russia. Un’ipotesi allo stato attuale delle cose, ancora prematura. Ogni giorno cresceva il mio apprezzamento per il maggiore Lavanik; un ufficiale solido, competente sempre lucido nelle sue analisi e mai sopra le righe.

    Nel pomeriggio del 2 marzo mi trasferii con parte del mio staff e l’onnipresente Kornil presso il centro di comando e controllo della 77a brigata antiaerea, non prima di aver inviato alcuni ufficiali dello stato maggiore a seguire i lavori di preparazione della 15a divisione fucilieri motorizzati. Fino a quando non fosse arrivato l’ordine del comando di fronte di cominciare le operazioni terrestri, pensai che non ci rimaneva che seguire da vicinoquelle aeree, per capire come operavano i compagni dell’aviazione con i quali a breve avremmo dovuto cooperare. Nessun luogo era più adatto a quello scopo del centro di comando del colonnello Nachnetin. Esso era collegato direttamente con il radar volante Beriev operante ad est della penisola della Crimea e da lì si aveva un quadro completo della battaglia aerea sull’intero fronte. Non solo; la portata del radar volante arrivava a spingersi oltre Dnipropetrovsk, nostro obiettivo finale. Ne conseguivache noi potevamo osservare l’andamento della battaglia anche molto più a nord delle nostre posizioni e farci un idea di come stessero andando le cose. A sua volta il Beriev era in costante contatto con un suo collega che operava 200 chilometri ad ovest di Voronez e teneva sotto controllo la parte nord del teatro operativo quasi fino a Kiev. Decisi che avrei visitato periodicamente il colonnello Nechnetin fino a quando l’inizio delle operazioni terrestri non mi avesse portato a concentrarmi sulle operazioni terrestri della mia armata, anche perché dall’andamento della battaglia aerea dipendeva direttamente l’inizio di tali operazioni.

    Fu così che nella serata del 2 potemmo osservare elettronicamente una pesante incursione di nostri bombardieri sulla città di Berdiansk che venne seppellita sotto una pioggia di missili da crociera lanciati dai nostri aerei. Obiettivo dell’incursione era la distruzione di una unità antiaerea dell’esercito ucraino individuata da alcuni giorni e che non eravamo ancora riusciti a neutralizzare. Kornil criticò l’organizzazione di quella operazione, in quanto che secondo lui erano state utilizzate troppe forze aeree, segnatamente la nuova divisione di bombardieri appena giunta dall’Estremo Oriente, su un singolo obiettivo con il risultato di sprecare il nostro potenziale e causare danni eccessivi al centro abitato.

    Osservammo in rapida successione anche una serie di incursioni sulla città di Nikolaev attaccata da elicotteri ed aerei leggeri da assalto Sukhoi 25. Anche qui l’obiettivo era costituito da batterie antiaeree dislocate nell’abitato ed alla sua periferia. Ma la battaglia grande si ebbe con un’incursione alla periferia nord di Melitopol, una località che costituiva uno degli obiettivi intermedi dell’armata nella strada per Dnipropetrovsk. Là era schierato, mi disse il colonnello Nachnetin, il 201° reggimento missilistico ucraino, che già aveva causato una serie di dolorose perdite alla nostra aviazione e che nonostante fosse stato più volta attaccato anche dai missili da crociera dell’armata, risultava a quel momento ancora operativo. Il maggiore Lavanik aveva più volte fatto presente che quel tipo di bersaglio poteva essere lasciato esclusivamente ai missili da crociera dell’armata, ma ahimè l’aviazione agiva secondo i suoi metodi e non teneva conto dei suggerimenti dell’esercito. Anche in questa occasione, e non era la prima volta, questa testardaggine costò cara. Il bersaglio si trovava a 80 chilometri dalla base aerea di Dnipropetrivsk e su quella base stazionava un reggimento di caccia ucraini che Kornil aveva più volte indicati come estremamente pericolosi ed efficienti.

    Al tramonto del 2 marzo sugli schermi della 77a apparve il formarsi della nostra incursione dalla base di Kerc.

    “Elicotteri” esclamò il maggiore Lavanik indicando le tracce più lente sugli schermi radar, le quali qualche minuto dopo furono seguite dall’apparizione di tracce più veloci che il maggiore classificò subito come i caccia di scorta all’incursione.

    “Almeno li fanno scortare” asserì il colonnello comandante della brigata antiaerea dell’armata. “Evidentemente hanno capito che con i caccia ucraini non si scherza” aggiunse asciutto mentre osservava l’evolversi della situazione tattica.

    L’incursione coprì il tragitto sino al suo bersaglio in poco più di un’ora e mezza, con i caccia di scorta che orbitavano intorno alla formazione d’attacco di 12 assaltatori ad ala rotante, probabilmente Mi-24 o 35. Kornil consultò rapidamente i suoi registri e confermò che a Kerc era di stanza un reggimento di Mi-35. Tutto sembrò andare bene fino a quando i nostri velivoli non si trovarono sulla verticale del nemico ma immediatamente dopo le cose cominciarono ad andare male.

    “Ecco il nemico che arriva!” commentò Kornil in preda al disappunto. Il Beriev cominciò a trasmettere a noi e presumibilmente anche ai nostri caccia di scorta che il nemico stava decollando da Dnipro per intercettare l’incursione. Non riuscii a capire cosa successe esattamente. Solo gli operatori esperti erano a quel punto in grado di interpretare la battaglia, e sia Kornil che Nachnetin erano troppo assorti per commentare.Ma ad un certo punto, immediatamente dopo l’apparizione delle tracce nemiche, alcuni dei nostri aerei sparirono dalla scena così come un buon numero di elicotteri; tre o quattro. Vidi che il resto degli elicotteri si diede ad una fuga precipitosa, mentre quattro o cinque caccia rimanevano sul posto, evidentemente a combattere la caccia nemica. Non mi parve di scorgere alcuna delle tracce nemiche scomparire dagli schermi. Alla fine anche i nostri caccia cominciarono a ritirarsi. Dalle espressioni di disappunto e dal brusio di delusione tra gli operatori radar non ebbi bisogno di un rapporto per capire che quella era stata una battaglia aerea dove noi avemmo avuto la peggio, e non era la prima. Ancora una volta rimanemmo a grattarci la testa su cosa gli ucraini avessero architettato per vincere la mano nei cieli della battaglia, ed in che modo.

    A consuntivo della giornata, noi avevamo neutralizzato almeno un reggimento della difesa aerea nemica, quello di Berdiansk, ma avevamo pagato un prezzo pesante.

    Non molto dopo, in serata, arrivò il consueto ordine del comando di fronte di preparare un lancio dei nostri missili da crociera. Era un bene che i rifornimenti arrivassero puntuali attraverso la Baia di Taman o avremmo finito i missili da un pezzo. Il nostro obiettivo era esattamente lo stesso reggimento missilistico che era stato attaccato dalla nostra fallita incursione su Melitopol. Il fatto che poco dopo tale incursione venisse ordinato a noi di attaccarlo di nuovo, non deponeva a favore di un esito positivo della missione aerea. Eseguimmo i nostri lanci e poi ci rassegnammo ad attendere che l’aviazione ci informasse circa i risultati con un prossimo volo sul bersaglio. Cenammo presso il posto comando della 77a brigata dove godemmo della più calda ospitalità da parte del colonnello Nachnetin. Ci stavamo preparando a congedarci quando un mio ufficiale di staff mi portò un messaggio urgente e solo per i miei occhi da parte del comando di fronte. Il dispaccio era appena arrivato in codice dal generale Latulin in persona. Mi appartai in un locale separato del container comando della brigata antiaerea e munito della mia chiave di decrittazione cominciai a decifrarlo. Non dovetti leggere tutto perché il mio animo si riempisse di gioia: l’ordine era quello di preparare l’armata per le operazioni offensive pianificate che dovevano cominciare l’indomani alle ore 1400 in punto.
     
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    Ultima modifica: 25 Aprile 2022
  16. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Ed alle 1400 in punto del 3 marzo le operazioni cominciarono in grande stile su tutto il fronte. Tutte e due le armate in primo scaglione, la mia e quella del generale Broun si lanciarono all’attacco delle difese nemiche lungo il Canale di Crimea e lungo l’istmo di Chonhar. Per quanto riguardava la mia armata, gli ordini li avevo già preparati da tempo. Non mi restava che emanarli ai comandi subordinati. Così all’alba controllai e ricontrollai tutte le mie direttive e le inviai ai comandi della 20a divisione della guardia, della 42a divisione della guardia (aggregata), al 32° reggimento del genio (aggregato) e alla 238a brigata di artiglieria.

    Alla 15a divisione fucilieri motorizzati invece, gli ordini li portai personalmente in quanto avevo deciso che nelle fasi iniziali della battaglia di sfondamento mi sarei portato presso il suo comando avanzato. Quando arrivai là, la mattina presto, il generale Grochev, comandante della divisione apprese le mie intenzioni di rimanere sul posto e protestò vivamente adducendo che non poteva permettere che un generale d’armata corresse tali rischi. La brigata di fanteria aeromobile nemica che ci stava di fronte disponeva di una batteria di artiglieria leggera e di mortai. Non era nemmeno escluso che velivoli nemici intervenissero in battaglia, attaccando direttamente il quartier generale della divisione. Grochev mi scongiurò di consegnargli gli ordini e di tornarmene al mio comando a Sinferopol. Era un buon patriota il buon Grochev ed io gli risposi che le sue truppe erano lì apposta per proteggermi. Capì subito che c’era poco da discutere e mi accolse nel posto di comando tattico della divisione a poche centinaia di metri dal ponte principale costruito dai genieri sul Canale di Crimea. Gli consegnai personalmente gli ordini scritti da me compilati ed il generale dopo aver detto di essere onorato di riceverli direttamente da me, si mise al lavoro con i suoi ufficiali di staff.

    Riporto qui per chiarezza gli ordini che impartii all’armata.

    A partire dal 3 marzo, con inizio delle operazioni alle ore 1400 l’ 8a armata ad armi combinate si mette in movimento per il raggiungimento degli obiettivi assegnati sul basso corso del fiume Dnipro. Obiettivo secondario è costituito dalla distruzione delle forze nemiche che stanno di fronte all’armata e di quelle incontrate durante il tragitto. Ciò non deve però costituire intralcio all’obiettivo principale dell’armata che rimane la conquista della città di Dnipropetrovsk ed il congiungimento delle nostre forze con quelle provenienti dal fronte di Kharkov. Allo scopo di eseguire l’intento del comandante di fronte, ordino quanto segue:

    La 15a divisione di fucilieri motorizzati attraversa il sistema di ponti in precedenza gittati dal reggimento del genio aggregato dalla 49a armata ad armi combinate e prende d’assalto le posizioni della brigata di fanteria leggera ucraina che presidia la sponda opposta.

    La 238a brigata di artiglieria appoggia l’azione della 15a divisione di fucilieri motorizzati con fuoco di spianamento sulla suddetta sponda opposta, nei confronti delle posizioni nemiche rilevate, ed accompagna in secondo tempo l’avanzata della divisione in fase di sfruttamento del successo.

    Il 32° reggimento del genio aggregato dalla 49a armata si assicura della costante sicurezza dei punti di attraversamento ed appoggia le locali azioni di assalto della 15a divisione di fucilieri motorizzati.

    La 42a divisione di fucilieri della guardia aggregata dalla 58a armata ad armi combinate si accoda all’itinerario della 15a divisione di fucilieri motorizzati una volta che questa abbia sgomberato le sue basi di partenza ed i punti di attraversamento, allo scopo di costituire riserva d’armata per lo sfruttamento del successo.

    La 20a divisione di fucilieri della guardia rimane a disposizione quale riserva d’armata.

    Durante la fase iniziale della battaglia l’armata godrà dell’appoggio tattico di un reggimento di elicotteri d’assalto ed il comando dell’armata si troverà presso le posizioni della 15a divisione di fucilieri motorizzati.

    Tutti i comandi subordinati informeranno immediatamente il comando d’armata di eventuali variazioni, situazioni non previste o di richieste di autorizzazione per la variazione di piani pretabiliti.

    Firmato: Generale di Armata Valerii Utnikov.



    Le operazioni si aprirono come previsto alle 1400 del 3 marzo con l’apertura del fuoco della brigata di artiglieria sulla sponda nord tenuta dal nemico. Si trattò come potei osservare dal posto di comando subito dietro ai punti di attraversamento, di un fuoco ben raccolto e preciso che investì in maniera massiccia le presunte posizioni del nemico così come quelle individuate. Quasi contemporaneamente arrivarono sul cielo della battaglia gli elicotteri d’assalto promessi dal comando della 6974a divisione aerea; una dozzina di Mil-24 d’assalto che presero a lanciare razzi ed altri ordigni al di là del canale. Non potei osservare direttamente gli effetti di questo fuoco, ma grande fu la costernazione quando vidi torme di missili antiaerei partire da quelle che dovevano essere le posizioni nemiche. Molti, troppo elicotteri furono colpiti da quelli che parevano razzi spalleggiabili, nonostante il grande volume di contromisure che i nostri velivoli dispiegavano per difendersi. Poco dopo avere iniziato l’attacco, le nostre forze aeree si ritirarono sotto il peso delle terribili perdite subite. Appresi così la prima lezione sul campo: anche in mancanza di reazione aerea avversaria, la difesa missilistica di punto era sufficientemente forte da menomare seriamente un reggimento d’assalto aereo nostro; cosa da tenere a mente per le future operazioni. Per quanto riguardò l’assalto della 15a divisione fucilieri motorizzati, il generale Grochev impegnò un singolo reggimento in primo scaglione tenendo il secondo pronto a sfruttare il successo ed i carri armati in riserva generale. Mentalmente fui pienamente d’accordo con lui di non rischiare i mezzi pesanti sulle strozzature dei punti di attraversamento e di fare agire i fucilieri impegnati nell’assalto, appiedati.

    Dopo un’ora dall’inizio dell’assalto, e sotto il costante fuoco di accompagnamento dell’artiglieria, il generale Grochev comunicò che il reggimento di testa aveva subito un 20% di perdite ma aveva forzato due dei tre punti di attraversamento. Si stava ormai preparando ad impegnare il reggimento in secondo scaglione quando arrivò notizia, subito comunicata anche a me, che il nemico abbandonava le posizioni sotto la protezione del fuoco dei mortai e della sua artiglieria leggera che mirava ad abbattere i ponti ed a impedire alla nostra fanteria di sparare sul nemico in ripiegamento. Il 103° reggimento di fucilieri motorizzati, una volta entrato in azione sull’altra sponda e montato sui suoi veicoli corazzati, comunicò che il nemico ripiegava verso nord ovest in direzione di Cherson e che ripiegava in buon ordine. Immediatamente mi posi la domanda sul perché il nemico si ritirasse in quella direzione invece che verso Dnipropetrovsk e la risposta mi pervenne poco dopo dalle notizie che il generale Latulin, comandante del fronte mi fece pervenire a proposito dell’andamento generale delle operazioni. La 58a armata ad armi combinate aveva infatti sfondato le difese di ben due brigate di fanteria ucraina e le aveva cacciate dalle loro posizioni nell’istmo di Chonhar. Il nemico ripiegava in disordine sulla città di Melitopol, nostro primo obiettivo di campagna; obiettivo che il nemico si preparava probabilmente a difendere. Il motivo per cui la 45a brigata aeromobile ucraina si era ritirata verso Cherson era però un altro: precisamente quello di permettere la ritirata del complesso di forze ucraine che si trovavano nell’istmo di Perekops e che rischiavano di essere tagliate fuori dall’avanzata della 15a divisione di fucilieri motorizzati verso nord. Questa ritirata aveva però un prezzo ed io la giudicai un grave errore da parte del comando ucraino. Infatti quella scelta avrebbe avuto come diretta conseguenza la divisione in due tronconi delle forze nemiche che difendevano gli sbocchi a nord della penisola della Crimea e permetteva a me di unire celermente le mie forze con la 58a armata ad armi combinate nell’attacco al complesso nemico in ritirata verso Melitopol. Di conseguenza ordinai sul tamburo al generale Grochev di arrestare l’avanzata e di porre la sua divisione fronte a nordovest per vigilare sulle le forze ucraine in ripiegamento verso Cherson. Mio compito immediato era adesso quello di sfruttare la situazione per inserire nel combattimento una divisione di fucilieri della guardia per l’attacco a Melitopol, sfruttando lo schermo creato dalla 15a divisione di fucilieri motorizzati.

    In serata feci il punto della situazione con il comando di fronte che mi autorizzò a continuare con il piano che avevo escogitato e di coordinarmi con il generale Broun comandante della 58a armata ad armi combinate. Le cose per noi erano iniziate decisamente bene.
     
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    Ultima modifica: 25 Aprile 2022
  17. StarUGO

    StarUGO

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    Esiste un resoconto dettagliato delle perdite?
    o_O
     
  18. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Caro Capitano
    Il sistema è operazionale. La consistenza delle varie unità è espressa in steps che a loro volta sono rappresentati da un certo quantitativo di equipaggiamento, personale, piattaforme aeree o navali ed altri sistemi d'arma o di supporto. Per le unità navali, le pedine hanno un numero di punti danno a seconda del tonnellaggio delle piattaforme che la pedina rappresenta.

    In campo navale, si va dalla pedina di capital ships che rappresenta da una o due piattaforme a seconda degli ordini di battaglia, a quella di motovedette che rappresenta fino a 10 piattaforme dello stesso tipo.Tra questi due estremi, ci sono ovviamente tutti i casi intermedi (2 CG 2 DDG 4 FFG o Corvette). Per i sottomarini, dipende dal tonnellaggio. Ogni pedina navale ha un numero di punti danno a seconda del tonnellaggio delle piattaforme che rappresenta. In campo terrestre, uno step di unità combattente rappresenta circa 800 uomini di personale, meno nel caso di una unità di supporto. In campo aeronautico, una formazione a livello di pattuglia (tankers Awacs ecc) è 1 step, squadriglia 2 steps, gruppo 3, stormo 4.
    Le perdite sono espresse in steps o punti danno nel caso delle unità navali. Si tratta evidentemente di un'astrazione dove gli steps o i punti danno subiti non rappresentano sempre KIA, MIA, POW, WIA o numero di macchine o equipaggiamenti perduti, ma anche perdita di coesione di combattimento, morale, macchine ed equipaggiamenti danneggiati o riparabili in tempi più o meno lunghi. Ad esempio una pedina di Su-27 con 3 steps che subisce 2 step di danno in una missione, non ha perso due terzi dei propri velivoli, ma ha avuto perdite e danni a sfficienza perché sia combat ineffective per un certo numero di turni finché non viene rimessa in grado di combatttere attraverso la spesa dei relativi punti di supply. Oppure può andare in azione così com'è, con i malus relativi al dado, rischiando di subire l'ultimo step di perdite e di essere definitavamente sciolta come unità combattente in quella campagna. Lo stesso vale per le unità terrestri, che hanno un numero di steps variabili a seconda del livello ordinativo dell'unità da compagnia a divisione. Per quanto riguarda le navi, se raggiungono il massimo dei punti danno strutturali sono affondate. La loro riparazione è più complessa e richiede più tempo.

    In definitiva non è possibile fornire un elenco delle perdite dettagliato ma c'è il dettaglio degli steps persi dall'inizio della campagna e che qui di seguito ti riporto.

    Russi:

    3xsteps Su-24 (unità completamente distrutta in una singola azione) reggimento della 6964a divisione
    1xstep Su-24
    3xsteps Mi-24 (unità completamente distrutta in una singola azione) reggimento della 6974a divisione
    1xstep Su-27
    2xsteps Mi-35
    2xsteps Mi-28
    2xsteps Su-25
    2xsteps Mig-31
    1xsteps Su-34
    1 punto danno all'elettronica del CG Moskva (Riparato in 2 turni)
    1xstep 18a divisione fucilieri della guardia/22° corpo d'armata/Fronte di Karkov
    1xstep 15a divisione fucilieri motorizzati/8a armata AAC/Fronte della Crimea

    Ucraini:
    1xstep Su-25
    1xstep Su-24
    3xstep S-300
    1xstep Tor
    1xstep Osa/Strela 10
    1xstep 79a brigata aeromobile/comando sud
    1xstep 57a brigata di fanteria/comando sud
    1xstep 16° reggimento genieri/comando sud
    1xstep 53a brigata meccanizzata/comando est
    4xsteps persi in unità terrestri del comando ovest per carenze logistiche durante un lungo trasferimento e non in combattimento

    Commenti:
    Le forze aeree russe sono state intensivamente inpiegate in operazioni incessanti
    Le forze aeree ucraine solo in missioni altamente selezionate
    Le forze antiaereree missilistiche ucraine, sono state chiamate ad un superlavoro e fatte oggetto di ripeture missioni SEAD russe
    Vi è stata una singola e audace incursione aerea ucraina sul porto di Sebastopoli
    Le operazioni terrestri sono appena cominciate con la prima potente spallata di forze russe preponderanti ed ancora fresche.
     
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    Ultima modifica: 25 Aprile 2022
  19. StarUGO

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    :confused:
     
  20. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Il 3 marzo le cose continuarono ad andare bene fino al tardo pomeriggio quando cominciarono a verificarsi imprevisti intoppi di carattere logistico. Per la verità le cose furono tanto per cominciare complicate dal fatto che stavamo cercando di far operare tre armate in uno spazio relativamente ristretto come quello degli istmi che collegano la Crimea con la terraferma e già questo era si un problema ma era un problema che avevamo previsto.Il primo imprevisto vero e proprio fu invece che al momento dello scavalcamento della la 15a divisione di fucilieri motorizzati da parte del gruppo di manovra dell’armata, costituito dalla 20a divisione di fucilieri della guardia, quest’ultima finì sotto il fuoco dell’artiglieria nemica che ancora operava nell’istmo di Perekov. La divisionesubì qualche perdita ed alcuni reparti si disordinarono, il che bloccò alcuni veicoli corazzati sui ponti predisposti dal genio e già sfruttati dalla 15a divisione di fucilieri motorizzati nell’azione pomeridiana. Il movimento del gruppo operativo di manovra fu quindi interrotto. L’artiglieria divisionale della 20a divisione di fucilieri della guardia dovette spiegarsi e rispondere al fuoco degli ucraini, ponendosi fronte a sinistra. Questo intoppo fece si che occorse fare un cambio di piano sul tamburo, ed invece di far avanzare la 20a divisione di fucilieri della guardia, fummo costretti a far muovere il gruppo operativo di manovra della 58a armata ad armi combinate, costituita da una brigata di fucilieri della guardia e dal genio d’armata. Queste truppe mossero per la destra, fuori dal raggio d’azione dell’artiglieria nemica passando attraverso l’istmo di Conhoar e venendo a porsi di fronte alle posizioni avanzate della mia 15a divisione di fucilieri motorizzati. Questo si rivelò un inconveniente di non secondaria importanza, in quanto il comando della 58a armata ad armi combinate si trovava ancora in profondità, ben dietro alle posizioni occupate da noi e con nessuna possibilità di esercitare un efficace comando e controllo sulle sue truppe. D’altra parte il movimento del suo gruppo operativo di manovra si era reso necessario, una volta che quello dell’ 8a armata ad armi combinate era rimasto imbottigliato sui ponti gittati sul canale di Crimea. Il movimento si era reso necessarioper evitare che noi perdessimo gran parte del territorio conquistato nel pomeriggio.

    Successe tutte queste cose, la situazione tattica vide il formarsi di una linea di contatto tra il corso inferiore del Dniepro, la località di Melitopol e la costa del Mar Nero; linea sulla quale gli Ucraini, consci di quanto stava accadendo, si affrettarono a far affluire sul posto rinforzi di fanteria leggera elitrasportata i cui elicotteri operarono all’esterno del nostro ombrello antiaereo, che ancora non si era trovato il tempo e lo spazio per avanzare. La nostra ricognizione indicava anche che il ritardo nella tempistica delle nostre operazioni causato da quanto già descritto e da quello che vedremo, gli Ucraini lo stavano sfruttando per fortificare la loro malconcia 79a brigata aeromobile nell’abitato di Melitopol, insieme ad un reggimento del genio. Una terza brigata ucraina aveva invece evacuato l’abitatodirigendosi a nord, probabilmente con l’intento di passare in riserva o di andare a ricostituirsi da qualche parte.

    Il secondo e ben più grave problema che ci capitò tra capo e collo è che dopo la prima avanzata di una cinquantina di chilometri da parte del gruppo d’urto della mia armata (15a divisione di fucilieri motorizzati in testa) e del centinaio percorso dal gruppo di manovra della 58a armata ad armi combinate, noi ci fermammo come da procedure standard ad aspettare i rifornimenti di carburante e munizioni che ci consentisse la ripresa delle operazioni. Tali rifornimenti non arrivarono. Da quello che capii l’inconvenientesi verificòa causa di errori nel calcolo nella distribuzione dei mezzi di trasporto logistici tra noi, l’aviazione e le brigate missilistiche. Fatto sta che la sera del 3 marzo ci ritrovammo sospesi a metà del movimento previsto, senza la possibilità di proseguire lo sforzo offensivo e pure in posizione precaria:il gruppo di manovra della 58a armata ad armi combinate, che avrebbe dovuto proseguire l’assalto in direzione di Melitopol prima che il nemico iniziasse ad occupare solide posizioni difensive all’interno dell’abitato, si ritrovò anch’esso fermo senza carburante. La mia 15a divisione fucilieri motorizzati si ritrovò non solo a corto di carburante, ma pure di munizioni, visto che durante l’attacco di sfondamento ne aveva usate parecchie. Mettendomi oggi nei panni del nemico, posso immaginare che sulle prime esso si limitò a grattarsi la testa nel dubbio sul perché ci eravamo fermati proprio prima dell’assalto alla città di Melitopol. In secondo luogo dovette compiacersi di avere imbottigliato una delle nostre divisioni di riserva sui punti di attraversamento che con così tanto successo avevamo superato solo alcune ore prima, ed in terzo luogo, visto il prolungarsi della nostra inattività, dovette probabilmente farsi due conti ed agire di conseguenza. Fu così che in serata l’artiglieria nemica sull’istmo di Perekov cominciò a manovrare verso nord inscenando un ripiegamento insieme con la brigata meccanizzata di cui faceva parte e pare anche in compagnia di un battaglione blindato da ricognizione. Come queste truppe si furono ricongiunte alla brigata leggera che noi avevamo respinto nello scontro del pomeriggio, tali forze riunite sferrarono un improvviso quanto violento contrattacco contro la 15a divisione di fucilieri motorizzati che si trovò a fronteggiarlo con munizioni limitate ed ancor più limitata libertà di manovra a causa della penuria di carburante. Io mi trovavo ancora presso il comando divisionale quando questo attacco si materializzò ma grazie a Dio l’attacco fu arrestato. Il problema f il prezzo che dovemmo pagare per arrestarlo: il reggimento di fucilieri di testa che era il 103° non resse all’impatto e sisfasciò. Fu il 102° che con l’aiuto dell’artiglieria divisionale e quella d’armata riuscì a fermare il nemico infliggendogli a sua volta perdite sensibili, comunque decisamente inferiori a che avevamo subito noi. Al calare della notte del 3, la 15a divisione di fucilieri motorizzati poteva considerarsi a malapena come ancora efficiente per operazioni offensive ed il mio posto al comando alla testa dell’armata poteva considerarsi a rischio dopo un solo giorno di operazioni, nonostante onestamente non era colpa mia se l’armata si era venuta a trovare in una situazione logistica precaria quasi subito. Ricordo che fui molto sorpreso all’inizio – con il tempo diventò scontato – dalla rapidità con la quale il nemico aveva realizzato un nostro problema ed era passato alle contromisure. Una tale velocità di esecuzione poteva essere solo ottenuta con un superbo sistema di comando e controllo e con un efficace addestramento di tutti i quadri fino ai livelli ordinativi minori; una strada che noi stavamo ancora percorrendo a considerevole distanza dalla meta. Dovetti riconoscere, se non in quella occasione, ma in seguito a reiterate prestazioni di quel genere da parte dell’esercito nemico che esso non era più una barzelletta come nel 2014.
     

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