[MM] Historia Commune Veneciarum

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da PzKpfW, 20 Maggio 2008.

  1. PzKpfW

    PzKpfW

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    Cattolico e repubblicano, per convinzione e per affetto, scrivo per dar gloria a Dio e per rendere testimonianza alla verità in mezzo al presente trionfo della menzogna. Italiano, arrossisco che l’unità d’Italia sia il frutto di tanti delitti. Raccolgo memorie e lo faccio, per quanto è possibile, colla calma del filosofo cristiano, che con documenti alla mano presenta ai posteri la sua historia. Nei sette anni di assiduo lavoro che v’impiegai spesse volte credetti sognare, tanto sembravanmi incredibili le cose ch’ero costretto a registrare! L’uomo onesto, che mi leggerà, qualunque sia il culto che professi, qualunque lo spirito che lo animi, renderà omaggio alla palpabile verità dei fatti che gli pongo dinnanzi, e forse benedirà l’opera mia, dando così un compenso in questo misero mondo a chi consacrò intera la sua esistenza in difesa della causa dell’Altare e del Trono.

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    Qui si narreranno le vicende di un popolo che fu di mercanti e guerrieri, esploratori e naviganti, spie e santi, Dogi e avventurieri.. questa è la storia della Repubblica di Venezia. Una Repubblica che sfidò Re e Imperatori, liberò con spada e moschetto le italiche genti, portò le sue insegne per mari e oceani fino ai confini del mondo.

    Esta istoria inizia la sua narrazione quando era Doge sua signoria Francesco Foscarini detto “il breve”. Il suo regno fu senza ne fama ne gloria. Fu epoca tristissima, la gherra con i granduchi di Milano protraeva i suoi nefasti eventi da oltre trent’anni e il Doge si spense dopo pochi mesi mentre le sue truppe si apprestavan a marciare sulla nemica città di Milano.

    Suo degno successore fu, per grazia di Dio, Domenico del Blazio l’anziano (18 Dicembre 1454 – 29 Dicembre 1455). Il suo regno come quello del fu Foscarini durò pochi mesi, il tempo che le truppe sconfiggessero le armate lombarde e cingessero di lungo assedio la città di Milano.

    Certamente uno dei più tristi spettacoli che possa offrire la storia delle nazioni, è il vedere Reami prosperosi e tranquilli senza regnanti che possano portare negli anni i loro disegni a compimento. La sciagura pareva abbattersi sui Dogi quando fu eletto sua signoria Silvestro del Molin (29 Dicembre 1455 – 22 Febbraio 1482). Le sue nobili gesta gli valsero l’appellativo di “Magno”. Fu così che sotto la guida illuminata di Silvestro Magno del Molin le veneziane armate guidate dal Colleoni comandante sconfissero, assediarono e soggiogarono le italiche città di Parma e Milano. Nella pace di Pavia si sancì la cessione della regione parmense e la guida del ducato milanese sotto una famiglia fedele alla Repubblica.

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    Silvestro Magno del Molin (29 Dicembre 1455 – 22 Febbraio 1482)

    Così colpito fu l’allora imperatore del Sacro Romano Impero che non osò contestare le conquiste di Silvestro Magno, anzi desideroso di vantaggiarsi di un nuovo potente e fido alleato inviò suoi messi per la firma di un segreto accordo. Desideroso di intraprendere una politica di pace e laboriosa prosperità il Doge inviò sue ambasciate ai regnanti dell’italica penisola per invitargli a pace e concordia (invio di warning a non intraprendere guerra pena casus belli), lasciando intendere l’intervento delle armi se qualsivoglia fatto avesse turbato lo status quo imperante.

    Quale stupore avvenne a corte quando l’allora Papa Sisto I mosse le sue armate sulle toscane contrade assieme all’alleato Marcello VIII Conte di Siena. Sua Signoria decise che tale onta sarebbe stata lavata sui campi di battaglia. Così reggimenti capitanati del comandante Colleoni discesero celermente la penisola cingendo d’assedio la rocca senese mentre la cavalleria veneziana alla cui testa vi era il Doge stesso teneva in iscacco le terre di Romagna. I conti di Siena portati alla gherra dalle sibilline parole dei messi pontifici una volta espugnata la loro città chiesero di aver salva la vita dando in pegno le loro terre. Il Doge essendo uomo di parola accettò di buon grado l’annessione di queste terre nell’amministrazione della Repubblica, e concesse ai vecchi Conti di rimanere nei loro possedimenti presso l’allora abbazia di Massa. Essi si ritirarono in una vita spirituale senza più mirar a tornar.

    Con le terre di Romagna sotto il controllo dei cavalieri e la corte papale asserragliata nella imprendibile fortezza del Castel Sant’Angelo il Doge si prodigò per una tregua con il papato a patto che egli rinunciasse a ogni qualsivoglia rivendicazione sulle contrade della Romagna.

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    La Battaglia di Ravennea. Cavalleria Veneziana guidata dal Doge.

    Sotto grandi festeggiamenti i cavalleggeri di Silvestro Magno e le vittoriose truppe del Colleoni sfilarono in tripudio nella capitale Venezia. Venti di guerra aimè però soffiavano nuovamente sulla Repubblica. Credendo indebolito il Doge la rivale Repubblica di Genova con l’alleata Mantova accettaron la gherra nelle terre di Crimea attaccando e disperdendo bastimenti di nostrani mercanti.

    El Doge avendo in gran peso i pareri delle mercantili corporazioni decise di rispondere al fuoco col fuoco, alla guerra con la guerra. Così l’ormai vetusto Colleoni muoveva con suoi reggimenti verso la fortezza mantovana. Egli, soldato di grande isperienza visti possenti torrioni che difendevano la fortezza decise di non lanciar i suoi uomini in vani attacchi ma confidando nella grazia di Dio e nella Divina Provvidenza attese che la città si arrendesse da se. Tre lunghi anni durò tale penoso assedio. Quattro intrepidi veneziani reggimenti nel frattempo guidati dal comandante Memmolo, distintosi nella difesa di Parma assediata dai liguri mercenari, attaccarono e conquistarono la rocca corsa (Corsica). Solo sul comandante Memmolo vi sarebbe moltissima historia ma le sue gesta possono esser racchiuse nel corso assedio dove non con forza bruta ma con vivo ingegno soggiogò i difensori grazie a un fidato uomo (missione spionaggio) che nella nera notte aprì un passaggio segreto nelle spesse mura. Le sue gesta arrivaron fino alla terra di Crimea dove nella battaglia di Kaffa questa regione venne conquistata alla Repubblica.

    Quattro anni di scontri portaron all’annessione delle mantovane terre e la vittoria sulla rivale Repubblica che non più rappresentò minaccia per i nostrani mercanti. Esto poiché, prima di morire, il Colleoni espugno immolandosi la città di Genova consegnando così alla pace e alla prosperità veneziana le ricche terre corse e il lontano centro di commercio di Kaffa.

    Al comandante Colleoni il Doge tributo i funerali più solenni e istituì, l’ordine dei Colleoni, che ancora oggi è massima onorificenza per gli uomini d’arme.

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    Monumento equestre al Comandante Colleoni

    Silvestro Mango non solo fu valentissimo uomo d’arme ma anche grandissimo governante. Egli eliminò gli ordini segreti dediti allo spionaggio sostituendogli con nobiltà togata per una miglior gestione della cosa pubblica (sostituita idea spionaggio con burocrazia) e promosse governatori nelle terre più lontane della repubblica (nuova idea nazionale: vice re). Questi mirabili cambiamenti allora portarono instabilità e ribellione (-3 stabilità e altri eventi per aver rinnegato il passato) ma oggi il popolo è grato al Doge Magno e per le sue mirabili scelte.

    Quando una crisi politica sia il risultamento di diuturni gravami, e conseguenza di una lotta di partiti politici, ed anche di intellettuali travagli, subordinati agli eterni principii del vero e del retto, allora le perturbazioni di uno Stato legittimamente costituito, avvegnaché dolorose e cruente, non vanno senza compensazione. Così fù, dalla crisi, o, a dir meglio, dalla catastrofe insidiosamente provocata e che portò alla morte per avvelenamento del Doge Magno con trame faziose, fomentate e sostenute da straniere ambizioni, da cittadine codardie, da prezzolati tradimenti giunse alla guida della Repubblica un uomo nuovo: Marco Antonio Foscolo (22 Febbraio 1482 – 15 Marzo 1486). Egli era un uomo di semplici costumi, non volle vendette per la morte di Silvestro Magno del Molin. Tutta la nazione lo pianse, una settimana di lutto nazionale commemorò il Doge defunto.

    Marco Antonio Foscolo ottenne il fausto nome di prospero. Il suo popolo solea chiamarlo Marco Antonio il Prospero. Sotto la sua guida le terre di lombardia furono pacificamente integrate nell’amministrazione della Repubblica (annessione del vassallo). Il paese vide espandere i commerci ed egli tenea usanza di passare molto del suo tempo tra i suoi cittadini chiedendo e informando quali fossero i problemi delle corporazioni. Sotto il suo governo vennero portati a corte insigni dotti, esperti nelle arti della gestione della res pubblica. Promosse laboratori artigiani nella Venezia e nel Friuli, riportò pace e stabilità in tutte le contrade. Ovunque egli andasse aveva usanza di fermarsi e chiedere come stavano e come andassero gli affari rispondendo a tutti con il cappello in mano così che l’amico di corte Otavviano degli Ubaldi soleva dire a chi aveva molte faccende “tu hai a che fare più della berretta di Marco Antonio”.

    Il regno si prospero e ricco era però oggetto di invidia e cupidigia da parte dei suoi vicini. Il Doge aberrava la gherra, sotto di lui l’esercito e la marina ottennero il soldo minimo, solo contro i villani rivoltosi usò il pugno di ferro. Fu così che l’avido re di Savoia, Umberto III, desideroso di ampliare i propri domini ma incapace militarmente inviò sue cortigiane presso i reali d’Austria e Borgogna. Qui le sue cortigiane ebbero facile giogo a convincere il vecchio Re d’Austria e Imperatore del Sacro Romano Impero che l’apparente pacifica Repubblica di Venezia rappresentava in realtà una minaccia gravosa.. fu così che con l’inganno e il raggiro il Re di Savoia entrò in alleanza con i regni d’Austria e Borgogna.

    Umberto III, ricordato nella historia come “lo stolto”, decise di muover gherra alla pacifica Repubblica di sua signoria Marco Antonio Foscolo. I destini sembravano ormai segnati, solo l’alleato del regno d’Elvetia corse in aiuto del Doge.

    Per codesta sciagurata alleanza, ottenuta con inganni e raggiri, solo la Provvidenza sembrava poter salvare la Repubblica. Nessuno corse in suo aiuto se non l’Elvetia, vilipesi i suoi ministri e ambasciatori, screditate la sue parole, il Doge si trovò solo con i suoi nemici che si credean in diritto di arrogarsi l’Impero del mondo. Coloro, disprezzato ogni sano principio, alla virtù dà nome di vizio, al vizio quello di virtù, alla testa dei loro eserciti decisero di marciare sulle nostre terre, le nostre contrade.. ma la necessità e la Provvidenza fabbricano cose meravigliose, improvvisano grandi uomini ed eroi, e, così Marco Antonio chiamati a raccolta i suoi reggimenti e i suoi cavalieri decise di marciare contro il suo destino accettando l’impari scontro e affrontando egli stesso le armate nemiche esortando ogni veneziano a prestar servizio sotto di lui.

    Così si conclude esta primissima parte della historia della Repubblica di Venezia e dei suoi Dogi che nel bene e nel male ne forgiaron la sorte.
     
  2. Mikhail Mengsk

    Mikhail Mengsk

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    wow! avvincente!
     
  3. PzKpfW

    PzKpfW

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    Si volle lasciare lor signori col vile attacco alle terre di Marco Antonio Foscolo ad opera degli Imperi d’Austria, Borgogna e il Reame di Savoia. Marco Antonio non fu uomo d’arme. Egli proveniva da famiglia di agiati mercanti e banchieri ma chiamato dalla Provvidenza e messo alla prova senza indugio alcuno si mise alla testa del suo esercito e del suo popolo.

    Umberto III “lo stolto”, regnane della casata Savoia, non poté scegliere peggior momento per rivalersi sui suoi vicini. Il potente impero d’Austria cui Re si fregava del titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero era già in arme poiché aveva portato una gherra, lunga e triste, contro i regni di Polonia e Lituania. Lo stesso Re erano andato alla gherra portando insigne imperiali in quelle lontane terre lasciando in patria solo alcuni nobili cavalieri.

    Borgogna forte di potenti armate e moltitudine di reggimenti appariva indomita ma il suo spirito era lacerato come le rivolte che infiammavano le regioni del nord. I suoi generali pieni di ira lanciaron all’attacco poderose armate contro la piccola Elvetia sperando così di poter ottenere facil gloria. Gli eveltii però, anche se non tutti se ne ricordan, son gente d’arme e contro le loro fortezze più di un esercito si infranse come le onde del mare su una scogliera. Il Re di Borgogna in persona pose d’assedio le contrade alpine ma i reggimenti degli elveti discesero nelle pianure circostanti assediando la stessa capitale nemica mentre egli nulla poteva contro le imprendibili mura di tali fortezze montane. Inoltre i suoi uomini non eran avezzi a quel clima irto e pungente il cui freddo ponea gran moria tra i suoi tanti reggimenti. Furon più coloro che su quei monti periron di quanti poteron tornare alle agresti occupazioni.

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    Truppe della Borgogna nel disordinato assedio dell'Elvetia


    Mercenari di Umberto III intanto marciaron sulla marca lombarda espugnando la cittadella fortificata di Milano. A questo infausto avvenimento le armate di Marco Antonio non poteron portar soccorso alcuno poiché dovean ancora riorganizzarsi per via degli anni passati in ozio e con minimo soldo. Debole di spada ma di voce tonante il Doge chiamò a raccolta i suoi cavalleggeri e gli inviò in tutte le contrade a diramar proclama contro l’invasore:

    “..popolo, ed esercito siate un tutt’uno! Come unica forza ricacciate l’invasore dalle vostre terre, riprendete la vostra libertà! La vostra Fede sarà la nostra forza. Marcerem alla testa di 12.000 fanti per entrare in terra d’Austria. Vi chiederete perché andiam ad est e non a ovest dove la minaccia incombe grave. In verità vi dico che le armate di Borgogna da mesi son bloccate dagli evelti aiutati dal buon Dio sui passi alpini, la loro stessa capitale è assediata e il timore alberga ormai nei loro cuori. I mercenari del Re di Savoia son infidi, più attenti al soldo che al volere del lor sovrano, anche se han preso Milano non domineranno mai le nostrane coscienze. Il vero nemico è per noi l’Austriaco regno e il suo Imperatore. Le sue armate potrebber giungere in due settimane nella nostra capitale, se pace vogliamo essa potrà venire solo dal Re d’Austria. Popolo siate un tutt’uno, cacciate l’invasore, ogni uomo abile corra nella milizia e la vittoria a Dio piacendo non potrà mancarci!”

    Infiammati da codeste parole Milano andò in rivolta contro gli sgherri savoiardi che stavan già imponendo il loro crudele giogo con vessazioni e angherie. In 18.000 tra contadini, artigiani, mercanti e servi si scagliarono contro la nemica armata. I mercenari si rivelaron tali e sconfitti dalla moltitudine che cresceva come le onde abbandonaron la città senza farvi ritorno, disperdendosi ed errando per le campagne dandosi agli ultimi saccheggi prima di riparar in patria.

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    Cavalieri mercenaria della Savoia in fuga dalla rivolta di Milano

    Con la liberazione delle lombarde terre il Doge si senti in cuor suo più leggero. Egli non poteva tollerar di sapere sue genti sotto altrui sovrani. In principio non volle lanciar l’esercito contro il Regno d’Austria, credea che l’Imperatore di una istituzione vetusta e autorevole come l’allora Sacro Romano Impero avrebbe capito l’inganno subito e si sarebbe rivolto contro li perfidi savoiardi. Dell’allora amico imperatore però poco o nulla restava. I filtri e le pozioni delle cortigiane di Umberto III lo avean portato alla follia portandolo a combatter fin nei regni di Polonia e Lituania.

    Il comandante Memmolo, gran condottiero e uomo tanto d’arme quanto di ingegno, persuase però il suo Doge ad attaccar ora verso oriente per chiuder assai presto lo scontro contro il potente Impero. Per tre anni la gherra infuriò in tutto il paese. Le contrade del Tirolo e la marca di Trento furon conquistate dal Doge che si rivelo esser buon comandante avendo in cura i suoi uomini. Come in anni di pace posava la sua attenzione sui bisogni del popolo laborioso ora si preoccupava delle necessità della truppa che a lui fu sempre fedele.

    Il comandante Memmolo invece pose d’assedio alla testa di seimila uomini la stessa capitale austriaca che cadde quel terzo anno dopo uno scontro contro pesanti e ben difesi cavalieri imperiali. Intanto cavalleggeri del doge conquistaron fama, gloria e contrade arrivando a liberar le marche di Krain e dello Steinmark.

    Il Re di Borgogona avendo sfinito i suoi uomini su imprendibili monti, perso per mano del suo stesso popolo le ricche regioni del nord, perduta la capitale, fuggendo dai suoi sudditi e costretto a rifugiarsi e ad errare presso reami a lui vicini decise di metter da parte orgoglio e fierezza che tanti lutti avean provocato e di sedersi al tavolo della pace.

    Il Doge non potendo trattar di persona inviò un suo fidato messo. Agostino da Siena, egli non era diplomatico ma ricco mercante e studioso di chiesa. Trattò il Re di Borgogna non da vinto ma da pari, non chiese terre, ma solo ducati per poter ricostruire quanto la gherra avea trasformato in ruina. Gran oratore Agostino da Siena portò alla pace di Strasburgo, città che avea offerto suoi offici per la pace. La pace comportò per il Re di Borgogna il pagamento di una ingentissima somma di 475 Ducati d’oro e la denunzia della sciagurata alleanza con il folle Re di Savoia.

    Sempre Agostino da Siena condusse trattative con l’aggressore savoiardo. Il tempo era nemico al Doge, le armate austriache avean concluso pace bianca con i regni d’oriente e si apprestavan a liberar il loro paese. Fu così che grazie a sua eminenza, il Vescovo di Torino, Agostino da Siena poté incontrare i messi di Umberto III sotto la protezione della curia. La trattativa con il tempo tiranno fu rapida e favorevole con la speranza di futuro novo tra i due paesi. Furon pagati solo 75 Ducati d’oro zecchino, cifra simbolica, per ripagar le genti della Milano assediata.

    Al quarto anno di gherra, senza alleato alcuno, abbandonato da suoi consiglieri e dal suo stesso esercito l’ormai pazzo Re d’Austria fu costretto a ceder le regioni di Trento, Tirolo e Krain. Prima di morire però ormai privato del titolo imperiale fece avvelenare le cortigiane che in tal stato l’avean portato.

    La gherra aveva profondamente prostrato il Doge. Egli ritorno in Venezia tra folla tripudiante e osannante. Nel regno tutto alla notizia della pace le campane risuonarono in villaggi e contrade per dar al popolo notizia del fausto evento. Marco Antonio Foscolo sentendo ormai compiuta la sua missione e l’avvicinarsi della sua ora profuse i denari della pace per costruire in ogni regioni laboratori e officine per render ancor più industrioso il suo popolo.

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    Contrada in festa per la fine della gherra

    Egli si spense al fin del freddo inverno del 1486, tutto il popolo lo pianse. La sua salma ancora riposa e veglia sulla città della laguna. Anche se egli non volle mai esser uomo d’arme alla sua cerimonia funebre fu circondato dai cavalieri e dai fanti che sotto di lui avean servito nella prima guerra d’aggressione savoiarda. Dignitari da tutto il mondo allora conosciuto venner a portar omaggio al Doge che rese ancor più prospera Venezia. Dal nuovo imperatore, Re del Wuttemberg, ai suoi nemici fino agli alleati, ai duchi e ai conti dell’Italica penisola venner a render omaggio ai mortali resti di Marco Antonio Foscolo. Per un mese mercanti e membri delle corporazioni tutte portaron lutto al braccio e la lega dei commercianti Veneti finanziò in sua memoria la ricostruzione della grande cattedrale di Milano proprio come egli avrebbe voluto.

    Il consiglio della Repubblica di Venezia si riunì per scegliere il successore di Marco Antonio. Mai scelta fu più difficile di codesta poiché difficilmente il successore avrebbe eguagliato le gesta del passato Doge. Tal situazione fu ancora più complicata e aggarbugliata dalla mancanza di comun scelta su che strada avesse dovuto prender dal Repubblica. Li capi delle corporazioni e delle allora leghe mercantili volean pace e prosperità per conquistar con li traffici gloria e ricchezze alla nazione tutta. La sciagura della gherra però era ancor viva in tutte le menti e si volea dar sicurezza contro i passati nemici che sembravan tornar minacciosi.

    La scelta cadde su Mario Memmo il giovane (15 Marzo 1486 – 6 Novembre 1487). Parente del comandante Memmolo, eroe della passata gherra, egli divenne nuovo Doge della Repubblica di Venezia. Mario Memmolo era intenzionato ad intraprender una politica pacificatrice poiché le nove contrade dovean esser integrate nel paese. La sua opera continuò a portar denari per la costruzione di officine e laboratori in ogni regione. Allo stesso tempo, sotto suggerimento di Memmolo, sancì di tener in armi due armate da seimila fanti ognuna oltre a un corpo scelto di quattromila cavalieri di cui duemila avuti in dono dall’elvetia dietro pagamento di cento ducati d’oro come compenso per la gherra (evento).

    Messi di Mario Memmo presero contatto con il nuovo regno della Hollandia liberatosi dal giovane e inesperto Re di Borgogna che aveva sotituito il vecchio caduto in disgrazia. I rapporti e la vicinanza d’arme nella passata gherra portaron i due paesi a una alleanza che volle essere pacificatrice.

    Vecchie forze però congiuravan contro la pace. Il vecchio Re di Savoia rinsaldò i legami con la Borgogna e l’Austria. La prima bramava di tripudiar nuovamente nelle terre un tempo sue e ora appartenenti alle libere genti di Hollandia. La seconda perso il titolo imperiale e le marche meridionali volea tornar grande e ardita. Fu così che i perfidi savoiardi ordiron tante e orripilanti trame da riportar il paese alla gherra. Era l’inizio della gherra degli sei anni. Nuovamente Austria, Savoia, Borgogna, Elvetia e Repubblica Serenissima di Venezia scesero in gherra per pagar il loro tributo di sangue al Dio della gherra Marte che parea esser particolarmente inclemente in quelli anni.
     
  4. uriel1987

    uriel1987

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    Davvero una figata, complimenti :love: continua ti prego è troppo bello leggerlo :D
     
  5. von Kleist

    von Kleist

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    veramente complimenti!! un aar molto avvincente... :)

    comunque potresti postare qualche screen?? grazie in anticipo....
     
  6. PzKpfW

    PzKpfW

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    Lasciammo sua Signoria Marino Memmo alle prese della gherra degli sei anni. Nonostante egli divenne Doge grazie al suo passato d’uomo d’arme la sua maestria non ebbe modo alcuno di venir provata. Pochi giorni eran trascorsi da quando l’immane conflitto si accese ed egli apprestandosi a raggiunger lo campo dove albergava la suia armada si ritrovò disarcionato dal destriero sul quale cavalcava. Malelingue dissero che uno stalliere al soldo del Savoia avesse adulterato lo rancio del destriero per provocarne l’impazzimento e il disarcionamento dello cavaliere.

    Il popolo non pianse la morte di Mario Memmo. Altre sciagure stavan già funestando la Repubblica. Forti armate del Re d’Austria stavan tornando negli antichi e domini e sembravan voler marciare sulla Venezia stessa. Chiamati a consiglio nobili, mercanti, notabili, consiglieri, comandati e ministri essi scelsero come una sol voce un gran uomo d’arme. Il suo nome era Giampiero Memmo, fratello del defunto Doge. Il volgo presto lo soprannominò Memmo l’Alemanno. Egli era un valente uomo d’arme tutto d’un pezzo. Da giovinetto servì come aiutante di campo dell’eroico Colleoni. La suia famiglia volle per il giovine un futuro da mercante come era tradizione nella buona società della Venezia. Egli però preferì al commercio il richiamo delle armi e prestò servizio alla corte del Re d’Ungheria dove per tre anni comandò uno squadrone di cavalleggeri reali contro gli turchi infedeli.

    Allo scoppiar della gherra Giampiero Memmo tornò in patria per servir la Repubblica e fu comandante di piazza della fortezza nella marca del Tirolo. La legghenda narra che al comando di duemila valorosi tenne in iscacco diciottomila fanti dell’austriaco esercito per otto mesi. Resisitette agli continui furiosi assalti con ogni mezzo. Suoi militi narran che pur di fermar l’assalto della moltitudine austriaca non abbia esitato a scaraventar i corpi dei caduti contro coloro che tentavan di scalar con pioli, corde e scale le mura della rocca. Vista la fine ormai prossima di ogni possibile resistenzia egli fece spalancar le porte del forte per caricar con i suoi cavalleggeri gli fanti nemici che presero a fuggir da ogni parte. Il forte fu perduto ma Giampiero Memmo riuscì nella sortita con duemila cavalieri e mille fanti riportandogli fin a Venezia dove voleva porsi sotto il comando del Doge per l’estrema difesa della laguna. Egli ancora non sapea che il Doge era appena morto e su di lui la Repubblica avrebbe affidato le sue sorti.

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    Il nuovo doge Giampiero Memmo "l'Alemanno" nelle campagne ungheresi contro i turchi da giovane

    Giampiero l’Alemanno volle vendicar la fine del parente suio e decise di por d’assedio le lande savoiarde. Alla difesa della capitale venne posto l’indomito capitano Memmolo insignito dallo stesso Giampiero Memmo dell’ordine di Colleoni. L’Elvetia alleata, fedele alle guerriere virtù, portava in scacco l’armada della Borgogna che nuovamente teniva in assedio gli forti delle Alpi. L’alleato di Hollandia alla sua prima gherra conteneva in ogni contea l’odiata Borgogna rivelandosi popolo meritevole di portar spada e corazza.

    La furia dei cavalieri del Doge si scontrò in primizia con pesanti fanti della Savoia in marcia verso le lombarde terre. I cavalleggeri sbaragliaron il nemico disperdendone una moltitudine e aprendo in tal modo la via alle due armate veneziane che assediaron il Piedemonte, capitale dei Saovia, e la marca savoiarda stessa dove la dinastia nemica nacque. L’assedio di Piedemonte durò tre pesanti anni, due per quello della Savoia la cui armata terminato il primo assedio in un solo anno si diresse e conquistò il fortilizio di Nizza. Con il regno conquistato e l’esercito datosi alla fuga la real casa di Savoia tentò di trovar riparo presso la corte d’Aragona. Dirittisi verso lo porto di Nizza ancora non occupato si ritrovaron addosso una compagnia di mercenari che senza più il soldo di paga si eran dati al saccheggio e nello tentativo di catturar la corte per chiedern riscatto finirono per trucidarne i componenti tutti che tanta pena avean portato al paese loro. Il Doge uomo d’arme ma anche di fede grandissima fece ricercare e arrestare i banditi macchiatisi di tal orrendo delitto poiché solo a lui e a Dio dovea spettar il guidizio sulla nemica casata.

    Finita con tal tregico destino la casata di Savoia i messi del Doge faticaron non poco per trovar un fedele governatore per quelle terre. Alla fine la pace giunse ponendo Ignazio II di Mentone come governante della Savoia che divenne vassalla fedele della Repubblica di Venezia. La gherra però portava sempre nuove sciagure. Accordatisi con pace di compromesso con la Borgogna che pagò 75 ducati in oro arrivò notizia al Doge che il forte di Venezia era caduto, solo l’isola di Chioggia, protetta da molte navi, continuava a resister. Il comandante Memmolo ormai ferito prima di spirare mandò da Chioggia su di un legno una missiva chiedente al Doge di tornar a liberar la patria terra.

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    Chioggia: l'ultima resistenza

    Assicuratisi la fedeltà della Savoia e posta fine alla gherra con la Borgogna il Doge inizio la marcia, a 4 anni dall’inizio delle ostilità, per liberar le proprie contrade. Eran cadute le marche orientali dell’Istria, Trento, Tirolo e Krain. Anche i castelli del Friuli insieme alla Venezia avean presentato le armi. Forti in numero, mezzi e cavalieri le armate d’Austria parean dover sommergere la Repubblica. Lasciati avanzar i fanti nemici ancor più a occidente Giampiero l’Alemanno con impeto si imbarcò sulle navi della flotta e sbarcò alle spalle degli assalitori. Con improvviso e devastante assalto la Venezia fu ripresa e i difensori di Chioggia liberati, anche se il prode condottiero Memmolo era spirato trafitto da dardo nemico e traditor. Altri fanti sbaracaron in Istria, mentre mercenari si dirigevan a liberar Trento e il Tirolo. In men di due anni le regioni d’oriente eran riconquistate, solo uno o due territori restavan al nemico che ormai era in terra straniera senza sostentamento alcuno e continuamente assalito dai cavalleggeri. Il Doge si preparava a far marciar nuovamente le armate della Serenissima su Vienna ma a quel punto un messo giunto tramite la santa sede chiedeva in nome del Re d’Austria di cessar ogni ostilità, senza vincitori ne vinti. Memmo accettò, troppi morti doveva pianger la Repubblica, non era necessario continuar. Non era ancora giunto il suo momento per entrar a Vienna.

    Col termine della gherra degli sei anni il popolo tutto aspettò pace e prosperità. Spariti i Savoia non vi eran più motivi di trame e dissidi. Il Re di borgogna affaccendato a riportar ordine nel regno suo lasciò l’alleato austriaco per non tornar a lungo sui campi di battaglia. Il Doge era si valente uomo d’arme ma molto avea da imparar sulle usanze dell’ars politica. Così egli rifiutò, facendo gradita cosa al popolo, di aiutar l’alleato di ieri: l’Hollandia nella gherra contro l’Englaterra. In esto modo egli perse in un sol colpo l’amicizia dell’Hollandia e degli Elvetii. Alleato solo con il fu nemico di Savoia si apprestava a pacificar la Repubblica che in alcune contrade parea esser in rivolta come l’Isola di Corfù annessa alla repubblica da cinque anni appena.

    El nuovo Imperatore dell’Impero Sacro e Romano era allora Re di Sassonia e nutriva la più viva simpatia nell’amico d’arme Giampiero Memmo tant’è che propose segreto accordo per comune aiuto nella bisogna. Pace però era una parola che in quei tempi poco significato avea. Nel regno d’Austria nuove alleanze andavan forgiandosi creando la “Lega Santa del Nord”. Secretamente appoggiato dal papato avea come alleati Austria, Baviera e Wuttemberg. Tale unione parea esser difensiva ma allo scader della tregua non tardaron a muover nuova gherra alla Repubblica di Venezia. Poco fidando del savoiardo alleato Memmo l’Alemanno tornò alla testa dei cavalleggeri suoi per attaccar battaglia contro il nordico invasore.

    Tale gherra fu aspra e dura. La “Santa Lega del Nord” avea moschetti copiosi che colpivan i fanti da distanza grandissima. Gli Fanti temean tali armi e non potevan portar lo scontro a vittoria se non con ingentissimi caduti. Il Doge così lasciò penetrar le nordiche armate e aveando in amico il Vescovo di Salzburg ne chiese i diritti di transito per colpir dal fianco la capitale di Baviera. Con Monaco assediata da moltitudine di veneziani le valenti genti d’arme della baviera venner alla pace pagando 50 ducati. Delle savoiarde armate da cui non si avean più notizie si scoprì che dopo lungo viaggio eran giunte in territorio del Wuttemburg con gran sorpresa assediando e soggiogando l’austriaco alleato. Anch’essi furon costretti alla pace dei 50 ducati.

    Solo l’austriaco nemico restava in gherra. I valenti savoiardi, temprati e ben guidati da nuovo Re, cinsero d’assedio la stessa Vienna e le circostanti terre insieme a veneziani fanti suggellando sul campo la fratellanza d’arme. Il Doge però non potea scacciar con le sole forze dalle patrie contrade l’invasor. Anche in tal occasione i savoiardi si dimostraron così prodighi in aiuti e milizie che cacciaron dalle marche orientali, eccezion fatta per Trento, le nemiche armade. Presa da fanti veneti la marca di Karneten Memmo giunse alla pace chiedendo solo tale reione.

    [​IMG]

    Cavalieri e fanti veneti sullo sfondo rtiornano a venezia credendo finita la guerra

    La gherra parea esser finita quando il papato creduto giunto il propizio momento, assieme al napoletano regno, decisero di riprender le terre un tempo loro. Le armade della repubblica non eran che ormai di pochi armigeri. La primera armada avea 135 valenti uomini anziché i 6.000 della norma. Solo la secunda armada del Doge avea 4.590 uomini. I cavalleggeri un tempo così forti e impetuosi eran ormai solo sparuti gruppi.

    Primea di salpar per il napoletano regno Memmo ebbe un fatidico incontro. Pochi anni addietro ebbe modo di dar suo beneplacito per tentar la sorte oltre i conosciuti oceani (scelta idea avventure coloniali) e ora un figuro con più barba che capelli palesatosi come gran navigatore disse di poter giungere nell’oriente regno passando allo este. A riprova di tal sue parole offrì mappe e carteggi di lontane isole. Il Doge diede ordine di armar sei legni con provviste e valenti uomini per portar lo Venezian stendardo in quelle strane terre. Circumnavigato l’africano continente e spintosi ancor più a oriente come indicato dagli oscuri carteggi i coloni giunser nell’isola di Mahea così chiamada dagli indigeni abitanti.

    Ritorniam ora con lor signori alla gherra contro le pontificie armate. Fatti riposar i propri reggimenti il valente Doge imbarcò l’armada sua su possente flotta seguito da nuovi fanti e cavalleggeri. Sbarcò in Abbruzzi e Aplulia, le assediò, le espugnò e stessa cosa fece con Napoli. Soggiogato anche il napoletano egli tentò di firmar pace per aver Abbruzzi e Apulia ma dovette tentar per anni prima di riuscir a causa del suo prestigio non più immacolato (ho un prestigio estremamente negativo).

    Terminatal gherra con il sud anche il Papa volle posar le armi, poiché nessuno avrebbe trovato vantaggio a portar oltre tale scontro. La Roma forte e irta di torrioni, bastioni e alte mura restava imprendibil per i veneziani fanti.
     
  7. PzKpfW

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    Il racconto è praticamente arrivato allo stesso punto della partita. Vi allego una paio di screen che spiegano meglio la situazione.

    01.jpg
    La Repubblica di Venezia in Europa

    02.jpg
    Prima colonia della Repubblica​

    Ancora non ho accesso ai caraibi quindi al momento colonizzo a oriente, penso che ptorebbe essere uno scalo interessante per un futuro balzo più in la :D .

    Appena avrò visibili in mappa le regioni americane concentrerò li i miei sforzi. Ora vedrò che altro succede nella partita.. ho una pessima fama, addirittutra negativa, mentre la reputazione regge anche se Memmo ha solo 4 in capacità diplomatiche. In ogni caso il prossimo balzo vorrebbe essee toscana e urbino, poi modena e chissà forse il papato anche se Roma è imprendibile.
     
  8. uriel1987

    uriel1987

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    Cavolo nel 1500 con già tutta questa roba :eek: Spiegami bene come hai fatto che ci riprovo con Venezia :p Ah e la bandiera modificata dove la trovo?
     
  9. PzKpfW

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    L'Austria ha fatto da se trascinata dalla savoia.. diciamo che "warnando" tutti gli stati italici mi son potuto inserire in ogni conflitto senza alcuna riduzione della stabilità. Addirittura warnando venezia mi ha chiamato in aiuto la crimea mussulmana :p Per riuscire a fermare le riduzioni di stabilità dovute a eventi e altro mi hanno aiutati molto i ministri col abilità massime che fanno scattare eventi che danno stabilità.


    Per la grafica vedi qua :sbav:
    http://forum.paradoxplaza.com/forum/showthread.php?t=297531
     
  10. uriel1987

    uriel1987

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    Sì anche io usavo il sistema del warn :approved: più che altro le mie difficoltà sono placare il sacro romano impero... La mia partita con Venezia è stata con il MM prima versione, adesso sto provando col nuovo e vedo che è cambiato parecchio, le sanzioni imperiali sono molt più pesanti e gli eventi mi sembrano completamente riscritti, non posso più chiedere una concessione come facevo prima, e l'evento dell'alleanza segreta non mi scatta :humm:
     
  11. Mikhail Mengsk

    Mikhail Mengsk

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    Una bellissima campagna, condotta in maniera eccellente!

    La toscana e urbino hanno protezioni importanti?

    E Genova? Potrebbe essere un' "acquisto" importante...
     
  12. PzKpfW

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    Ora nel gioco sono arrivato verso il 1540. Ci sono stati cambiamenti importanti ma nulla di eclatante.

    Come colonie sto puntando sul sudamerica. Anche se l'area è già ben affollata tra portoghesi, inglesi e spagnoli.

    Appena avrò un po di tempo continuerò a scrivere!
     
  13. PzKpfW

    PzKpfW

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    Lasciammo lor signori alla campagna di Memmo l’Alemanno. Memmo il Doge regnò ancor per pochi anni e aspro fu l’inverno del 1512 che fu per egli fatale. Egli fu per molti anni sovrano ineguagliabile di cui il popolo a lungo ricordò le gloriose gesta.

    Agostino Bastano divenne Doge e per grazia di Dio guidò la veneta repubblica per molti anni. Fu uomo dalle mediocri capacità ma si prodigò per il benesser del popolo tutto. Forte di molteplici entrate e dei prosperi traffici egli seppe portar le venete insigne nelle nuove terre. Possenti navigli vennero armati e esploratori reclutati per conquistar nuovi possedimenti. Coloni arrivaron nelle meridionali americhe dove già vi eran territori dell’Ispanico Impero. Queste terre eran percorse da moltitudini rivoltose che presto si uniron ai serenissimi insediamenti. Tali terre venner rinominate “Nova Venetia”. Agostino Bassano detto il mediocre nonostante non fosse uomo d’arme volle mostrarsi tale. Molti ducati egli spese per migliorar il soldo della truppa e reggimenti nuovi venner reclutati.
    Egli volle esser ricordato per colui che prese la captale del fu Romano Impero per portar sui fatali colli la veneziana bandiera. Per tal ragione molti ori vennero spesi negli arsenali per forgiar nuove e potenti artiglierie. La papale teocrazia aveva come alleati il granducato di toscano e il napoletano regno. Due gran armate venner preparate ognuna con 8.000 fanti, armati di spada e moschetto e artiglierie per 2.000 armigeri. Oltre a tali armade 4.000 nobili cavalleggeri erano pronti e altri 8.000 fanti di due piccole armade eran vigili.

    La gherrà scoppiò provocata dalle rivendicazioni sui papali territori. La primera armada capitanata da un nuovo prode comandante Mario Chioggia assediò la romana fortezza. La secunda armada con la francese benevolenza marciò verso il forte di Avignone. Cavalleggeri puntaron su Napoli, fanti alleati su Firenze mentre le minori armade contenean i nemici attacchi. Molti denari venner spesi in mercenari reggimenti ma solo dopo tre lunghi e aspri anni la romana città cadde. Florentia perse tutti i territori e divenne vassalla come il napoletano regno. Stessa sorte toccò alle papali contrade. Tali successi furon però dovuti più ai copiosi mezzi che alle qualità del Doge che in seguito per riscattarsi portò abili delegati ad annetter le savoiarde terre.

    [​IMG]


    La roma assediata​


    Dopo 25 anni di regno Bassano si spense nell’Aprile del 1537 lasciando ricche contrade e nuove terre conquistate. Il nuovo Doge fu Enzo Grinami e anche egli non ebbe più valor del suo predecessore. Così scarsa fu la di egli amministrazione che suoi consiglieri spinsero per far divenir la venezia amministrativa repubblica. Per portarsi gloria portò gherra contro le geneovesi terre per sette lunghi anni mandando le venete armade a conquistar le marittime regioni nemiche ma senza riuscir alla pace a portar i genovesi sotto il veneziano giogo.

    [​IMG]
    Cavaliere veneziano nelle colonie della Repubblica​
     
  14. Terrel Davis

    Terrel Davis

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    Complimenti PzKpfW (PanzerKampfWagen)! :)

    La tua historia è semplicemente strepitosa... mi sono messo a leggere così per caso e non mi sono chiamato contento finchè non sono arrivato fin qui. :approved:

    Divertente e anche istruttivo... Ho cominciato giusto ieri una partita con l'Austria e vedi mò se non curerò il perfido veneziano da vicino.
    Tsk, tsk. :D
     
  15. PzKpfW

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    Grazie! Ora devo cercare di portarla avanti :p tra studio, lavoro e l'uscita dell'espansione in nomine sono 10 giorni che non la proseguo.. in ogni caso si può dire che l'unità d'Italia è a un passo visto che i territori chiave sono già miei o vassalli o prossimi a cadere :D

    Dovrò decidere poi come continuare.. la Francia ha un esercitino di qualche centinaio di migliaia di uomini.. quindi niente espansione a ovest.. forse sui balcani dovrei avere via libera, a nord è tutto del SRI ed è meglio non tirar troppo la corda con loro :cautious: se ho tempo nel fine settimana vedo di proseguire!
     
  16. Montavago75

    Montavago75

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    Sancho panza

    Bella la stampa di Don Chisciotte e interessantissima la tua campagna veneziana.
    Il bucintoro sarà simbolo della potenza commerciale della serenissima in ogni oceano, ne sono sicuro.
    Mi mancano però gli screen con le mappe... sono un nostalgico!:piango:
     
  17. Mikhail Mengsk

    Mikhail Mengsk

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    Ma i Balcani non sono sotto la sfera d'influenza ottomana?
     
  18. PzKpfW

    PzKpfW

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    Ecco a voi le mappe!

    Immagine101.jpg
    L'Italia veneziana! In verde chiaro miei territori controllati direttamente, verde con righe territori controllati direttamente ma non ancora nazionali, verde scuro vassalli, azzurro alleati.


    Immagine102.jpg
    La colonia di "Nova Venetia". Controllo anche 1/3 di cuba



    Immagine103.jpg
    Una immagine degli stati che compongono l'area balcanica. Gli ottomani hanno ereditato la mammelucchia e altro mezzo nord africa :facepalm: ma fanno i passivi in europa..​
     

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