SPARTENOS I greci di Napoli Prologo Vi fu un tempo, non molti secoli dopo la fine dell' impero di Roma, in cui la grande e antica città di Napoli, pur libera dal giogo di Costantinopoli, parlava greco, era impregnata di cultura greca e professava la religione ortodossa dei greci. Allora tutto era diverso da come lo conosciamo oggi. Il porto era affollato di grandi navi cariche di ogni merce possibile, in partenza per mete lontane o in arrivo da esse, le strade erano popolate da uomini di ogni ceto e da donne di ogni razza, le voci nei mercati si confondevano le une con le altre nel tentativo di attirare il maggior numero di clienti possibile al proprio banco. E questa è una delle rare cose che non sono mutate col trascorrere dei secoli e il mutare delle stagioni. Delle antiche rovine romane, le grandi ville, le città perdute, i templi e gli acquedotti, persino le vie talvolta, poco restava in quel tempo lontano. Un uomo, greco di cultura e di nascita, era al potere sulla città e sul territorio che nel corso del tempo si era conquistata, un territorio fertile, dalle acque pescose e dal clima dolce tutto l' anno. Egli regnava come conte dopo la morte del padre, cui era succeduto, e suo padre aveva assunto tale potere dopo la caduta del potere imperiale bizantino sulla città. Era stato Sergio, il padre, a creare per Napoli un piccolo ma ricco dominio e a suo figlio Gregorio lo aveva lasciato in eredità, con la consegna di farlo prosperare e di estenderlo fin dove fosse stato possibile. Gregorio si era assunto l' onore e l' onere di obbedire al genitore morente ed ora si apprestava a dare seguito a quella promessa, tanto più sacra in quanto espressa dalla bocca di un uomo in fin di vita, sebbene non disponesse di un esercito sufficientemente forte e di un tesoro traboccante. Napoli era ricca, si, ma non il suo signore, che spendeva tutto ciò che gli era possibile per garantire al fiero popolo, erede degli antichi greci e forgiato dagli esperti romani, una prosperità perpetua ed immutabile. Come conquistare terre senza un esercito? come ottenere più denaro senza trasformare la ricca Napoli in un misero guazzabuglio di mendicanti moribondi e affamati? Il patriarca ecumenico, dalla sua lontana residenza costantinopolitana avrebbe accettato di inviare ad un fedele ortodosso il denaro necessario per pagare un esercito mercenario? E soprattutto, avrebbe accettato il popolo i rischi di una guerra e le possibili conseguenze da essa derivate? gli assedi, la fame, le pestilenze, i morti? Iddio solo sapeva tutto ciò, e lui solo era in grado di guidare il signore di Napoli nel suo duro mestiere di governare.
I 864 - 871 Gregorio Spartenos era soddisfatto. Nonostante la sua neosposa non fosse propriamente quel che si dice una bellezza, aveva un qualcosa di interessante e di intrigante. Proveniva da una famiglia di potere, sebbene fosse la figlia del doge di Amalfi e pertanto esclusa dall' eredità proprio in quanto donna, e dunque rappresentava un buon partito. In ogni caso la successione napoletana non era un problema impellente avendo il conte ben tre fratelli, tutti più giovani di lui e tutti già entrati nella maggiore età. Ragione per cui Gregorio non si sentiva assolutamente impegnato a consumare le nozze subito. Gregorio amava molto tutto, tranne consumare rapporti carnali. Non era casto, non nel senso lato del termine, ma Napoli era piena di bellissime giovani sempre disposte ad unirsi ad uomo comunque affascinante e di potere come lui, spesso senza nemmeno chiedere in cambio nulla. Perché dunque accontentarsi di una sposa che chiaramente mostrava di non amarlo perdutamente? Aveva passato i primi tre anni di governo lavorando duramente per rimpinguare le casse del castello, abolendo alcune sovvenzioni ritenute non necessarie e incamerando i beni dei pochissimi monasteri cattolici ancora presenti a Napoli e dintorni. I poveri domenicani, rimasti senza nulla, furono costretti volenti o nolenti ad abbandonare la contea e a cercare rifugio presso il vescovo di Benevento o nel ducato di Salerno. In questo modo Gregorio era riuscito a rendere le casse del castello sufficientemente piene da permettere alla famiglia di vivere senza particolari problemi. Oltre al resto la nuova contessa si era portata dietro un discreto corredo e parecchi doni ( gioielli, lingotti d' oro e abiti preziosi ), alla contessa furono lasciati solo alcuni gioielli e gli abiti, mentre i lingotti furono fusi e trasformati in sonanti monete. Nell' 867, anno delle nozze di Gregorio con Anna Kostantios, la famiglia Spartenos contava otto membri viventi: il conte, i suoi tre fratelli Cesare, Atanasio e Stefano, i suoi tre figli Sergio ( erede della contea ), Atanasio e Stefano e da ultimo il nipote Gregorio, figlio di Sergio. La famiglia Spartenos, anno 867 La contea di Napoli, anno 867 Essendo un uomo molto terreno e amante della ricchezza, Gregorio, mai sazio di denaro, all' inizio dell' 868 decretò un aumento delle tasse feudali e costrinse i suoi vassalli, quartiermastri, baroni ed ecclesiastici, a pagargli ciò che gli spettava. Questo consentì alle casse del castello di riempirsi seriamente e a restare piene nonostante le innumerevoli spese. Pur non amando la moglie alla follia, Gregorio era pur sempre un marito e all' inizio dell' 869 riuscì finalmente ad unirsi alla moglie, che nella sua giovane età era riuscita a farsi voler bene anche dai figliastri ( nati da una relazione con una contadina del napoletano durata un paio d' anni ). La ragazza rimase incinta e il 28 settembre dello stesso anno mise al mondo un bel maschietto, che fu battezzato Costantino. All' inizio della primavera successiva il conte, rimproverato dal suo cappellano per via della sua risaputa cupidigia, decise di compiere un pellegrinaggio a Costantinopoli per visitare le sue grandi basiche. Partito l' 8 aprile da Napoli e preso il mare con la sua piccola flottiglia di 3 navi, raggiunse Costantinopoli dopo un mese di navigazione, dopo aver sostato ad Atene e a Tessalonica. Là visitò Santa Sofia, fu ricevuto dal patriarca ecumenico ( che lo assolse dai peccati ) e visitò la capitale dell' impero sostando anche sulle tombe di Costantino e dei suoi successori, prima di ripartire due giorni dopo il suo arrivo. Il 23 maggio era nuovamente a Napoli. Tuttavia durante il viaggio di ritorno il conte aveva sofferto molto il mal di mare e una volta sbarcato a Napoli la sua salute rimase assai precaria. Quell' autunno fu molto umido e insolitamente freddo e l' inverno portò via parecchie vite in tutta la contea a causa di polmoniti e febbri incurabili. Il conte, indebolito già dall' estate, fu contagiato ed ini breve le sue condizioni si aggravarono al punto da far temere per la sua vita. Verso la fine di gennaio dell' 871 il conte fece chiamare il suo primogenito, gli consegnò i simboli del potere e lo fece riconoscere come nuovo conte dai suoi fratelli e dal popolo. All' alba del 29 gennaio Gregorio Spartenos rese l' anima a Dio, all' età di 45 anni, dopo 7 anni di governo. Sergio non ebbe molta fortuna. Nonostante fosse giovane ( era nato nell' 846 ) era debole e tutti sapevano che non avrebbe avuto una vita lunga. Nel corso di quell' anno funesto gli riuscì solo di far accettare una tassa da far pagare alle tribù di passaggio nella contea, che per altro non portò quasi nulla nelle casse dello stato. Alla fine dell' autunno, il giovane conte rimase contagiato dalla perdurante pestilenza e il 30 ottobre spirò, a soli 25 anni, dopo aver governato per 9 mesi esatti. Gli successe il figlio minorenne, Gregorio, di soli 7 anni. La reggenza fu affidata al cappellano di corte.
II 871 - 895 Il nuovo conte, de jure se non proprio de facto essendo il reale signore di Napoli il reggente, fu portato nel monastero di Cava sotto la protezione dell' abate, in modo da evitare che qualcuno potesse nuocergli e gettare la contea nello scompiglio. Per tre anni il reggente lavorò sodo, sulla scia dei precedenti conti, per mantenere Napoli e i suoi possedimenti in uno stato di prosperità e intanto progettava il sistema per cominciare ad estendere l' autorità degli Spartenos fuori dai confini della contea. L' obbiettivo primario fu individuato nella repubblica marinara di Amalfi, assai meno estesa e prospera delle sue " sorelle " maggiori. Il fatto che Amalfi fosse a poche miglia dall' Abbazia di Cava rendeva la residenza coatta del giovane conte decisamente insicura, in vista della guerra, e dunque Gregorio II fu condotto in tutta segretezza in un altro monastero, di cui non si conosce il nome, posto nell' Agro Napoletano, verso Capua. Nel pieno dell' estate dell' 874 infine il reggente lanciò la campagna militare contro la repubblica, mobilitando tutto il piccolo esercito napoletano cui aggiunse, pagandolo grazie ai fondi che era riuscito a farsi inviare dal Patriarca Costantinopolitano, un discreto contingente di mercenari. Guerra Amalfitana, luglio 874 - febbraio 875 All' inizio le milizie napoletane sembrarono destinate ad una miserevole sconfitta, perché non riuscirono ad evitare che le truppe di Amalfi invadessero la contea raggiungendo indisturbate fino a Cuma, presso cui si accamparono in attesa di altri rinforzi. Il 6 settembre, dopo oltre un mese di vana ricerca, le truppe napoletane intercettarono gli invasori infliggendo loro una sconfitta non decisiva ma importante, subendo però molte più perdite del nemico. Trascorsi i mesi di ottobre e novembre rimpolpando le perdite con nuovi volontari e mercenari, il 22 dicembre i napoletani sconfissero nuovamente gli amalfitani presso Portici, che questi ultimi avevano saccheggiato e trasformato nel loro avamposto in territorio nemico. Subito dopo, ricacciati gli invasori verso Amalfi, i napoletani passarono finalmente alla controffensiva invadendo a loro volta il territorio della repubblica e ponendo Amalfi sotto assedio già ai primi di gennaio. Il 17 febbraio 875 la città aprì le porte, dopo poco più di un mese di blocco e si consegnò ai napoletani. Tre giorni dopo fu siglata la pace e la repubblica marinara di Amalfi cessò di esistere. Ma appena tre giorni più tardi la nuova contea fu subito messa in pericolo, perché il duca di Salerno, cattolico, era intenzionato a conquistarla in quanto de jure spettante al ducato. Guerra Salernitano-Napoletana per Amalfi, febbraio - maggio 875 Grazie all' esercito ancora mobilitato e già schierato a poche miglia dal confine, i napoletani non ebbero alcun problema a respingere l' attacco dei salernitani, i quali però, passando attraverso i varchi boscosi dei Monti Lattari, riuscirono ad arrivare alle spalle dei napoletani, schierati nello stretto passaggio che taglia i Lattari dai Picentini, e minacciare direttamente Napoli. Il 27 marzo questi ultimi, ritiratisi per evitare la perdita dei collegamenti con la capitale, giunsero alle spalle dei salernitani ormai prossimi a porre l' assedio a Napoli e li sconfissero, ricacciandoli verso sud. Il 16 aprile, nella Piana di Sorrento, i due eserciti entrarono nuovamente in contatto e ancora una volta, al termine di un duro scontro, i napoletani ebbero la meglio. I salernitani non ebbero altra scelta che riattraversare i Lattari per schierarsi a protezione della loro capitale. Le truppe napoletane però non avevano intenzione di assediare Salerno, provati e stanchi dopo quasi un' anno di combattimenti ininterrotti. Le due parti, il reggente di Napoli e il duca di Salerno, si incontrarono nell' Abbazia di Cava e li, il 7 maggio, firmarono la pace con la quale il secondo rinunciava ad ogni diritto su Amalfi mentre il primo rinunciava ad attaccare il ducato. La contea di Napoli dopo la conquista di Amalfi, 875 Nei cinque anni successivi non accadde nulla di rilevante. Il reggente cominciò ad istruire il giovane conte sulla politica, la diplomazia e la guerra, lo fece partecipare, a partire dall' 878, a tutti gli incontri con gli altri membri del " governo " e gli permise di prendere alcune decisioni da solo. Il primo gennaio 880 Gregorio compì 16 anni ed entrò nella maggiore età, il consiglio di reggenza fu sciolto e il reggente ricevette come compenso per i servigi resi un ricco donativo di terre e fu nominato abate dell' Abbazia di Cava. Due giorni dopo Gregorio si unì in matrimonio con Costanza, una ragazza di umili origini che aveva servito a corte sin da bambina. Era stato proprio Gregorio a sceglierla quando aveva 14 anni e il reggente si era rassegnato ad accettare, sebbene avesse preferito una sposa di rango superiore. Per otto anni i due sposi non riuscirono a concepire, tanto che alcuni cominciarono a malignare sul fatto che lei fosse sterile e lui frigido, ma finalmente il 12 maggio dell' 888 la contessa partorì una bambina che fu chiamata Teodora ( in greco il nome significa Dono di Dio ) e nominata erede, almeno fino a quando non fosse nato un maschio. Due anni più tardi, nella tarda primavera dell' 890, Gregorio ebbe finalmente in mano i documenti necessari per poter validamente dichiarare guerra alla contessa di Capua, anch'essa cattolica e per di più fierissima nemica della famiglia Spartenos. Per alcuni mesi Gregorio finse di non essere interessato a Capua, ma quando la contessa sequestrò nei suoi domini tutti i rari possedimenti dei monaci ortodossi e fece uccidere l' abate del monastero di Roccamonfina che si era rifiutato di consegnare il suo monastero ad un abate cattolico, Gregorio decise di intervenire. Guerra Capuana, agosto 890 - ottobre 891 Ancora una volta i napoletani dovettero respingere l' attacco nemico, giunto questa volta dal mare. A metà settembre truppe capuane sbarcarono vicino ad Amalfi e subito misero la città sotto assedio, dando però il tempo ai napoletani di completare l' armamento e di muovere in soccorso di Amalfi. Il 22 settembre, nei pressi di Ravello, i due eserciti si scontrarono e i napoletani sconfissero i capuani costringendoli a imbarcarsi nuovamente. L' arrivo della cattiva stagione impedì ai napoletani di passare subito alla controffensiva e quindi fu solo ai primi di marzo dell' 891 che poterono invadere la contea di Capua e porre l' assedio a Teano. La cittadina si arrese il 9 di luglio e già il 12 i napoletani montavano il campo davanti a Capua, assediandola. I superstiti della battaglia di Ravello tennero duro per oltre tre mesi, ma il 22 ottobre, rimasti senza viveri e con pochissima acqua nelle cisterne, aprirono le porte e si arresero. La sera stessa la contessa firmò la pace, consegnò i suoi possedimenti a Gregorio e cercò ospitalità presso l' arcivescovo di Benevento. Il 25 ottobre 891 Gregorio si proclamò duca di Napoli. Pochi mesi dopo, il 18 giugno 892, la duchessa Costanza partorì finalmente un maschio che fu chiamato Giovanni e nominato erede, mentre la sorella di 4 anni venne destinata a contrarre in futuro un matrimonio di lusso. Il 12 febbraio 894 nacque la terza figlia del duca, chiamata Eudocia, destinata anch'essa ad un matrimonio importante. Poco dopo Gregorio decide di fidanzare la sua primogenita, ormai seienne, con il figlio primogenito del duca di Sicilia, suddito dell' imperatore bizantino. I loro figli riceveranno il cognome della madre, ma non erediteranno il titolo ducale ( che passerà all' imperatore il quale poi potrà assegnarlo a suo piacimento ) accontentandosi di quello di conti di Siracusa. All' inizio dell' 895 il duca decise di compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme per ringraziare Dio per i successi bellici riportati tra l' 874 e l' 891 e per invocare la protezione divina sul ducato. Partito il 7 marzo 895 Gregorio raggiunse la Città Santa il 6 aprile, visitò tutte le basiliche, pregò sul sepolcro di Cristo prima di ripartire da Giaffa il 10 aprile. Rientrò a Napoli ai primi di maggio. A metà giugno improvvisamente cadde malato: la peste imperante in tutto il sud Italia lo aveva raggiunto nonostante le precauzioni prese. Il 28 luglio il duca Gregorio II di Napoli morì a soli 31 anni, dopo un governo effettivo di 15 anni. L' erede aveva solo 3 anni e si prospettava una lunga reggenza.
III 895 - 928 Per sette anni il ducato vive senza problemi di sorta. La ricchezza derivata dal commercio degli amalfitani, un lungo periodo di raccolti abbondanti, assenza di malattie ed epidemie e soprattutto la perdurante pace permettono dal reggente di arricchire se stesso e lo stato senza impoverire i sudditi che, anzi, sembrano destinati a divenire in breve tempo i più prosperi dell' intera Europa. Qui non giunge l' eco delle guerre quasi continue tra i vari regni nati dopo la dissoluzione dell' impero carolingio, non si parla ne si sa delle rivolte che squassano periodicamente l' impero bizantino e gli stati musulmani. Il ducato di Napoli è una sorta di piccolo paradiso in terra dove la peggiore disgrazia che può accedere ad un contadino è restare schiacciato dal suo carro pieno di fieno o di essere aggredito dagli animali selvatici che abbondano nei boschi sui monti. Mentre il suo reggente tiene saldamente le redini dello stato, il giovane cresce al sicuro da mai impossibili attentati, ospitato in una piccola residenza sull' isola di Capri, accudito dalla madre e visitato spesso anche dal reggente il quale ci tiene ad informare il suo signore di ciò che accade nello stato ( quasi nulla in realtà ). Un mese dopo il compimento del decimo anno del duca Giovanni la situazione improvvisamente mutò. L' arcivescovo di Benevento, fedelissimo del papato e fiero persecutore degli ortodossi, inviò uno dei suoi sicari a Napoli, con l' ordine di scovare il duca bambino, tutti i suoi parenti, rapirli e ucciderli in massa in modo da potersi appropriare del ducato. Il sicario fu però scoperto e imprigionato. Sottoposto a torture egli rivelò il suo mandante, dando quindi un casus belli valido al reggente per attaccare Benevento. La conquista della città e l' occupazione del suo vasto territorio consentirebbe ai duchi di Napoli di tagliare in due la penisola e isolare totalmente i cattolici del meridione dai franchi e dal Papa, oltre, naturalmente, espandere notevolmente i confini. Comunque, prima di attaccare, il reggente inviò a Benevento un cavaliere con l' ordine di comunicare all' Arcivescovo che il suo piano era fallito e che Napoli non si sarebbe mai sottomessa ad un prelato cattolico. L' arcivescovo fece imprigionare il cavaliere e infine diede l' ordine di ucciderlo. A quel punto il reggente intervenne e la guerra fu inevitabile. Guerra Beneventana, luglio 902 - aprile 903 L' arcivescovo, mobilitato in fretta il suo esercito, lo spedì di gran carriera verso sud-ovest in modo da conquistare Amalfi, impossessarsi delle sue rotte commerciali per poi attaccare Napoli. Il piano del prelato sembrò funzionare perché Amalfi fu posta sotto assedio quando l' esercito napoletano non si era ancora riunito. Vedendo che Amalfi teneva duro ma che un tentativo di liberarla avrebbe causato perdite ingenti, il reggente decise di attaccare le vie di rifornimento tra Benevento e l' esercito assediante, in modo da catturare quanti più convogli possibili. Fu solo alla fine dell' anno che si decise a lanciare le truppe contro i beneventani i quali però, mentre una grossa parte si schierava in battaglia, teneva il resto impegnato nell' assedio di Amalfi, che cadde il 28 dicembre nelle loro mani. La battaglia, che si stava combattendo sotto Ravello, fu quindi una vittoria inutile per i napoletani, che non avevano truppe sufficienti per riprendere la città, piena di beneventani. Ci vollero due mesi prima che le truppe fossero nuovamente pronte e finalmente, il 6 febbraio 903, i beneventani furono brutalmente sconfitti sempre nei pressi di Ravello e costretti a ritirarsi e ad abbandonare anche Amalfi, che tornò nelle mani dei napoletani il giorno seguente. Subito dopo i napoletani passarono all' offensiva invadendo il territorio di Benevento e catturando la cittadina di Avellino il 5 marzo. Ma mentre le truppe marciavano direttamente contro Benevento, l' Arcivescovo inviò ciò che restava del suo esercito ad attaccare Napoli, nel tentativo di obbligare gli invasori a ritirarsi per proteggere la loro capitale. Tuttavia bastò la guarnigione di Napoli per respingere i 300 beneventani e farli prigionieri. A quel punto l' Arcivescovo non ebbe altra scelta che trattare, essendo ormai privo di esercito e con la sua capitale minacciata. Il 17 aprile l' Arcivescovo fu preso prigioniero e costretto a firmare la resa totale e la cessione dei suoi domini ai vincitori. Napoli estese i suoi possedimenti fino all' Adriatico e l' ortodossia lentamente tornava nel meridione. L' anno dopo, la sorella maggiore del duca, Teodora, compì 16 anni entrando nella maggiore età e le fu concesso quindi di partecipare attivamente alla vita politica del ducato di cui, in caso di morte precoce di Giovanni, era l' erede. Il 10 aprile del 906 il conte di Benevento ( che subito dopo la sua conquista era stata data in feudo al barone di Sorrento ), chiese a Giovanni, ormai quasi 14enne, di cedergli la contea di Amalfi, in quanto Sorrento si trovava appunto entro i confini di Amalfi. Giovanni acconsentì e lo infeudò. Pochi mesi dopo, il 18 agosto, Teodora si sposò con il duca di Sicilia, Costantino II. Il patto nuziale prevedeva che i figli della coppia portassero il cognome della madre e dunque era da prevedersi entro un ventennio uno Spartenos quantomeno conte di Siracusa ). Il 18 giugno 908 Giovanni divenne maggiorenne e prese quindi effettivamente il potere. Meno di un mese dopo il duca si sposò con Teodora Argyros, figlia del duca delle Cicladi. Era l' 11 luglio 908. Il 26 febbraio 910 anche Eudocia, la sorella minore del duca, si sposò. Il marito, Antemio, era il fratello minore del conte di Spalato e anche in questo caso il matrimonio fu matrilineare. Pochi mesi dopo, il 17 luglio, Teodora partorì una figlia, chiamata Sofia e nominata erede in caso di assenza di figli maschi. La famiglia Spartenos nell' anno 910 Cinque anni dopo le nozze finalmente, la duchessa partorì l' erede maschio tanto atteso. Il 21 gennaio 913 infatti nacque Gregorio e assieme a lui venne alla luce la sua gemella, chiamata Costanza. L' anno dopo anche Eudocia partorì una figlia, chiamata Anna. La famiglia si allargava e con essa aumentavano le occasioni per contrarre importanti fidanzamenti ed estendere l' influenza del ducato. Il 17 ottobre 916 Giovanni divenne padre per la quarta volta, perché sua moglie partorì un altro maschio, chiamato Teodoro, e due anni dopo, il 17 maggio 918 venne al mondo la terza femmina, Maria, di questa prolifica coppia. A metà di agosto Giovanni riuscì a far approvare un aumento della centralizzazione del potere, privando i suoi vassalli diretti e indiretti della possibilità di farsi la guerra tra di loro. Mentre la vita sembrava scorrere lieta tra parti, matrimoni e caccie nei boschi la tragedia irruppe improvvisamente nella famiglia ducale. Dodici giorni prima del suo primo compleanno, la piccola Maria morì di febbri a Capua, dove risiedeva con la madre. Giovanni fu schiantato dalla sua morte e la fece tumulare con tutti gli onori del suo rango assieme a tutti i membri della famiglia. Per oltre 2 anni il duca e la duchessa non si unirono più carnalmente, tanto era grande il dolore per la perdita della amatissima Maria, ma alla fine l' amore prevalse e il 17 maggio 922 la duchessa partorì un maschio, chiamato Michele, che in breve riuscì a prendere il posto che era stato della sorellina morta nel cuore dei genitori. Nei sei anni successivi il duca provvide a far fidanzare il suo erede e il fratello minore rispettivamente con Leonzia Hexavoulis ( figlia del duca di Atene ) e Georgia Monomacos ( figlia del conte di Brindisi ). Il 17 luglio 926 Sofia compì 16 anni e divenne maggiorenne. Nell' autunno del 927 il duca, in visita ad un lazzaretto, rimase contagiato dalla peste e durante i mesi che seguirono le sue condizioni non fecero altro che peggiorare. Il 20 febbraio 928 Giovanni entrò in coma e non si risvegliò più. Morì tre giorni dopo, il 23 febbraio all' età di 35 anni, dopo aver governato ufficialmente per 20 anni. Un' altra reggenza era in atto, anche se per fortuna questa era destinata a durare meno di un' anno.
IV 928 - 944 Diventato duca alla morte del padre, il quindicenne Gregorio si affidò alla madre nominata reggente per gli 11 mesi che restavano prima del raggiungimento della maggiore età del duca. Durante quel periodo non accadde nulla tranne il grandioso festival estivo organizzato dalla reggente nel luglio di quel 928, per celebrare il prestigio raggiunto dalla dinastia e la ricchezza del ducato. Il 21 gennaio 929 Gregorio compì sedici anni e divenne maggiorenne, assumendo quindi personalmente il potere. La madre, smessi i panni di reggente, si rifugiò a Capri e la visse nell' agiatezza per tutto il resto della vita, visitata di tanto in tanto dal figlio, che nutriva per lei un sentimento non propriamente amorevole. Un mese più tardi il duca partecipò alle nozze della gemella Costanza con Michele Tyropoulis. Il matrimonio, come sempre, era stato pensato in modo che i figli della coppia assumessero il cognome della madre, in tal modo vi era la possibilità che gli Spartenos arrivassero, un giorno, ad governare su vaste aree del Mediterraneo. Il 23 maggio del 930 il duca ottenne un ulteriore aumento della centralizzazione del potere, riducendo i vassalli a poco più che comparse nella scena politica del ducato, suscitando pertanto il loro disappunto e facendosi detestare persino dal clero, da cui pretese un giuramento di fedeltà per evitare di essere " sostituiti ". Il 7 marzo del 931, dopo un lungo fidanzamento e molti ripensamenti, Gregorio si decise finalmente a sposare Leonzia Hexavoulis, una giovane greca molto affascinante e di temperamento mite, decisamente opposto a quello focoso e vulcanico del duca. Lui non l' amava sinceramente e la sposò ( e impalmò ) solo per avere un erede, possibilmente maschio. Era nota l' avversione di Gregorio per le donne, che considerava un mero strumento di piacere e utile solo per generare figli. La sposa, nonostante tutto, amava molto il marito che era, come tutti i membri della sua famiglia, un giovane molto bello d' aspetto e sessualmente decisamente vigoroso. Comunque, nonostante i numerosi tentativi compiuti nei 3 anni di nozze successivi, la bella duchessa sembrò incapace di generare un figlio e Gregorio stava meditando di divorziare da lei e cercarsi una ragazza più fertile. Ma verso la fine del 933 la duchessa ebbe la certezza di essere finalmente incinta, suscitando nel marito un tiepido entusiasmo e una freddezza evidente seppur cordiale nella madre di lui e in gran parte della corte. Ma Gregorio era odiato ormai da troppa gente e l' imposizione di nuove tasse a clero, nobili e mercanti, finì per trovarsi totalmente isolato. Il popolo, che stravedeva per la bella duchessa, rivolgeva al duca espressioni di disgusto, se non di odio, e la situazione precipitò quando il duca cercò di far arrestare alcuni mercanti che avevano osato disobbedire ai suoi ordini. A quel punto il popolo, sostenuto dalla classe mercantile, dai nobili e soprattutto dal clero, assaltò la residenza ducale e minaccio di uccidere il duca e sterminare tutta la sua famiglia. Gregorio, che era si focoso, aveva un punto debole: cadeva facilmente nel panico. Vistosi accerchiato, isolato e sostanzialmente abbandonato anche dalla sua servitù, il duca precipitò in uno stato di grande confusione, peggiorata dall' abbandono della moglie ( che si era stufata di quel marito così freddo e odioso, passando dalla parte dei rivoltosi ). Il 9 luglio 934 il duca, disperato e in guerra contro tutto e tutti, sentendo il popolo penetrare nel castello, decise di farla finita e, presa la sua spada, si trapassò da parte a parte, cadendo miseramente in un lago del suo stesso sangue. Fu ritrovato poco dopo, ormai senza vita. Il popolo placò la sua furia e risparmiò la vita agli altri membri della famiglia. Gregorio III aveva solo 21 anni e aveva governato per meno di 6 anni. Nuovo duca divenne Teodoro, fratello minore di Gregorio, e in tutto e per tutto dissimile da lui. Mentre Gregorio era quasi ateo e sicuramente anticlericale, Teodoro era pio, devoto e persino bigotto. Gregorio era focoso e passionale mentre Teodoro era riflessivo, calmo e sostanzialmente pacifico, anche se non arrendevole. Soprattutto Teodoro venerava le donne e con le sue " amanti " era stato un vero signore. Appena salito al potere, il nuovo duca mostrò appieno la sua fede profondissima partendo in agosto per un lungo pellegrinaggio a Gerusalemme. Visitò tutti i luoghi santi, sfidando persino gli ostacoli posti dai dominatori musulmani della Palestina, riuscendo ad ottenere per i pochi mercanti napoletani in transito nei porti di Jaffa e Tiro, il diritto di priorità sugli altri, persino quelli provenienti da Bisanzio, da Venezia e Genova. Durante il pellegrinaggio il duca cominciò ad apprezzare gli ebrei, il loro modo di vivere e la loro fede sincera, tanto da guadagnarsi, presso di loro, il rispetto e la stima. Tornato a Napoli in autunno il duca fece in modo che i ricchi ebrei residenti nel ducato da tempo immemore e fino ad allora rimasti ai margini della società, divenissero cittadini a tutti gli effetti garantendo loro la protezione ducale e diffidando chiunque dal muovere ogni sorta di accusa ai membri della comunità israelitica presente nel ducato. Nell' aprile dell' anno successivo Teodoro prese moglie. Lei era la bellissima Georgia Monomacos, figlia del conte bizantino di Brindisi e terza in linea di successione alla contea stessa. La coppia era ben assortita ma l' erede venne alla luce solo il 13 maggio 937 e ancora una volta era una femmina, chiamata Maria. L' anno dopo entrò nella maggiore età il più piccolo dei fratelli del defunto Gregorio e di Teodoro, il giovane Michele. Dopo un lungo periodo di pace ( l' ultima guerra si era conclusa nel 904, quasi mezzo secolo prima ), Teodoro riprese in mano i piani di espansione e prese di mira il duca di Salerno, cattolico e in ogni caso ostile ad una presenza greca a Napoli. Dopo un triennio di provocazioni, il duca di Salerno decise di vendicarsi e fece saccheggiare l' Abbazia di Cava dai suoi uomini che uccisero anche alcuni monaci e presero prigioniero l' abate. Teodoro allora passò all' azione bellica e diede inizio all' invasione. Guerra Salernitana, gennaio 942 - febbraio 944 Mentre le truppe napoletane si mettevano in marcia per puntare su Salerno, la duchessa partorì l' erede maschio tanto atteso. Il bambino, chiamato Giovanni, nacque il 13 febbraio 942. Evitando lo scontro con le truppe salernitane, l' esercito napoletano pose l' assedio a Salerno alla fine di febbraio e prese la città il 30 dicembre. Subito dopo fu bloccata Nocera che cadde il 12 maggio 943 e il 5 febbraio 944 si arrese anche Acerno, dopo un assedio durato 6 mesi. Il giorno stesso il duca di Salerno firmò la sua resa, cedendo la contea salernitana a Napoli e ritirandosi a Matera, dichiarata nuova capitale del ducato. Ma mentre tornava a Napoli, Teodoro fu catturato dal duca di Toscana, alleato con Salerno durante la guerra, e condotto prigioniero a Firenze dove fu decapitato il 18 febbraio. Aveva 27 anni e aveva governato per 10. L' ennesima reggenza aveva inizio.
V 944 - 978 I primi anni di reggenza trascorsero tranquilli e l' unica vera notizia che giunse a Napoli fu la rinascita, 145 anni dopo l' incoronazione imperiale di Carlo Magno, dell' impero di Francia. Era una sfida aperta al prestigio dell' unico imperatore legittimo, quello di Costantinopoli, e nel mondo ortodosso la solenne cerimonia di consacrazione avvenuta a Roma il 7 marzo 945, fu considerata una minaccia gravissima e un' atto ostile, sia da parte del papato sia da parte dei francesi. Ma al piccolo duca non fu spiegato nulla di tutto ciò, non avrebbe capito e in ogni caso non avrebbe potuto fare nulla. Ci si limitò a condurlo lontano da Napoli per evitare che mani nemiche ( l' ostilità e il sospetto nei confronti del Papa e del suo imperatore fantoccio erano a livelli altissimi e il panico aleggiò per mesi in tutto il ducato, confinante diretto con i possedimenti imperiali di Puglia e negli Abruzzi ) potessero minacciare la sua vita. C' era infatti il timore, forse non troppo infondato, che il Papa potesse attentare alla vita del bambino, magari su richiesta dell' imperatore franco, in modo da aprire la via a quest'ultimo per annettersi il ducato in un sol boccone approfittando della confusione derivata dal cambio di potere a corte. Il rinato impero francese, anno 945 Trascorsero 8 anni senza che nessuno, ne da Roma ne da Parigi, avesse tentato neppure per sbaglio di intromettersi negli affari interni del ducato e dunque il giovane duca, ormai undicenne, potè trionfalmente tornare a Napoli e prendere dimora nella residenza storica dei duchi. Il 13 maggio di quell' anno Maria, la sorella maggiore del duca, compì 16 anni e divenne maggiorenne. Dunque un eventuale colpo a sorpresa per destabilizzare il ducato era sventato definitivamente e la situazione con il Papa e l' imperatore franco si aggiustò alla bell'è meglio. Un mese più tardi, ai primi di giugno, Maria convolò a nozze con Simeone Monomacos, figlio cadetto del conte di Brindisi. Le nozze prevedevano, come al solito in questi casi, che i figli assumessero il cognome della madre e dunque, era prevedibile in un futuro non troppo lontano, uno Spartenos conte di Brindisi. Alla fine del 954, il duca di Puglia e suddito dell' imperatore francese, senza nemmeno aver provveduto a comunicare la cosa, inviò un contingente dei suoi uomini in territorio napoletano per recuperare un non si sa cosa perduto da non si sa chi. Naturalmente il reggente di Napoli non fu affatto contento di questo atto, palesemente ostile, e inviò una nota di minaccia all' impudente duca. Questi rispose l' 11 dicembre dichiarando guerra a Napoli, rivendicando ancora una volta Salerno per se. II° Guerra Salernitana, dicembre 954 - giugno 955 Tra la dichiarazione di guerra e l' invasione, passarono quasi tre mesi, e questo fece capire che probabilmente, senza la veemente nota del reggente, il duca di Puglia non avrebbe aggredito Napoli. Ad ogni modo il reggente fu rapido nel mobilitare l' esercito e a spedirlo in tutta fretta a Salerno, in modo da bloccare sul nascere ogni tentativo di penetrazione nemica in profondità. Il 18 aprile 955 i due eserciti si scontrarono nei pressi di Avellino e i napoletani inflissero una severa sconfitta al contingente di 900 uomini che era stato mandato in avanscoperta. Mentre però l' esercito napoletano spazzava via l' avanguardia nemica, il grosso dell' esercito pugliese entrava senza difficoltà in Salerno occupandola. Solo allora i napoletani si resero conto di essere stati giocati e immediatamente ( 30 aprile ) mossero verso Salerno per riconquistarla. Furono sufficienti 14 giorni di assedio per costringere la guarnigione pugliese lasciata in città ad arrendersi e il 18 maggio Salerno tornava a Napoli. L' esercito ducale mosse poi verso la Puglia, dove l' esercito pugliese era diretto per raccogliere altri rinforzi per proseguire la campagna estiva. Nei pressi di Melfi, l' 8 giugno i due eserciti di scontrarono quasi per caso e ancora una volta i napoletani prevalsero, spazzando via quasi per intero lo schieramento nemico. Il duca di Puglia, sorpreso e abbastanza spaventato, inviò allora i messi per chiedere la pace e dopo due settimane di trattative serrate fu trovato l' accordo: Napoli non minacciava la Puglia e i pugliesi non molestavano Napoli. Era un sostanziale pareggio, sebbene il duca di Puglia fosse praticamente sconfitto. Il 24 giugno fu firmata l' ennesima pace bianca. La pace però durò nemmeno due anni. Verso la fine di maggio del 957 le torri di osservazione sulla costa della penisola Sorrentina intercettarono l' avvicinarsi di una grande flotta con le vele verdi. Da questa flotta si staccò una colossale nave che attraccò poco a sud di Napoli e da cui scese un cavaliere abbigliato alla turca. Era un messo inviato dal sultano di Kaireddin per comunicare al duca di Napoli dell' intenzione da parte del sultano di conquistare la contea di Salerno. Era il 24 maggio. Guerra santa di Kaireddin per Salerno, maggio 957 - marzo 958 Per mesi in tutto il ducato regnò il panico. Era la prima volta che gli infedeli andavano a nord della Sicilia in cerca di terre ed era risaputa la violenza con cui essi combattevano e trattavano i vinti. Il reggente diede fondo alle casse statali per arruolare bande di mercenari con cui difendere il ducato da quella che si temeva essere un' invasione in grande stile. Fu però solo alla fine di novembre che i mori sbarcarono effettivamente alle foci del Sele e in numero assai minore di quanto si temeva. Erano poco più di 3.500, e neppure bene armati. Con un sospiro di sollievo il reggente lanciò loro contro tutte le forze che era riuscito a mettere assieme, circa 8.000 uomini, e questi intercettarono gli invasori proprio mentre erano in procinto di assaltare le difese di Agropoli. Il 23 novembre i mori furono sconfitti perdendo per altro più di metà delle loro forze. I superstiti fuggirono verso Taranto e la, appena fuori dalla città, furono nuovamente sconfitti il 19 dicembre. Con i 730 uomini rimasti i mori penetrarono nel Ducato di Puglia e si accamparono vicino a Conversano. L' 8 gennaio 958 quel misero contingente di arabi fu annientato definitivamente dall' armata di Napoli. La notizia della disfatta raggiunse il sultano solo a fine gennaio ma ci vollero quasi due mesi prima che questi si decidesse a firmare un pace bianca che era più una sconfitta per lui e per le sue mire espansionistiche. Il 20 marzo il duca di Napoli, diventato maggiorenne ed assunto concretamente il potere il 13 febbraio, sottoscrisse il trattato. Fu il suo primo atto politico. Due mesi più tardi, il 13 maggio, il duca sposò Irene di Sardi, che era una delle figlie del conte di Sardi. Le nozze sarebbero state proficue, almeno dal punto di vista sessuale, visto che già il 3 ottobre del 959 venne alla luce la prima figlia della coppia. La bambina fu battezzata Teodora. Il 4 gennaio 962 nacque poi l' erede maschio tanto atteso, ovviamente chiamato Gregorio, che fu cresciuto assieme al cugino Giustiniano, figlio unigenito della sorella di Giovanni, Maria. Nel 963 il duca ricevette un messaggio disperato da parte di un monaco ortodosso tenuto prigioniero alla corte dell' arcivescovo di Benevento, che aveva spostato la sua sede sul Gargano dopo la perdita di Benevento. Deciso a salvare quel monaco, Giovanni minacciò il prelato carceriere di terribili vendette qualora il monaco non fosse stato liberato immediatamente. Al rifiuto categorico posto dall' arcivescovo, Giovanni passò ai fatti e dichiarò guerra. II° Guerra Beneventana, ottobre 963 - novembre 964 Le milizie ecclesiastiche si mossero per prime raggiungendo indisturbate a Gaeta a metà gennaio 964 e preparandosi ad assediare la città. Ma Giovanni, postosi alla guida dell' esercito, escogitò un piano astutissimo per distruggere il nemico: inviò un piccolo reparto a tagliare le vie di comunicazione tra l' arcivescovo e il suo esercito mentre col grosso dell' esercito raggiunse il campo nemico a Gaeta e il 22 gennaio diede battaglia. Tutti i 1.300 uomini dell' esercito nemico furono uccisi. La guerra poteva dirsi già vinta. Ma l' arcivescovo rifiutò di arrendersi e dunque il duca guidò i suoi fino a Lucera che pose sotto assedio ai primi di febbraio. Il 5 novembre la fiera città aprì le porte al duca e quattro giorni dopo l' arcivescovo si arrese alle condizioni di pace del duca consegnandogli l' intera contea e il titolo ducale che da tempo immemore era di proprietà esclusiva degli arcivescovi beneventani. Giovanni cinse così la seconda corona ducale. Cinque anni più tardi, ormai padrone di un vastissimo territorio dell' Italia meridionale, Giovanni decise di completare il lavoro iniziato dai suoi avi e cancellare dalla faccia della terra tutti i territori indipendenti rimasti per unirli al suo dominio. Vantando quindi diritti in realtà assai vaghi sulla contea di Matera, il duca dichiarò guerra al duca di Salerno. II° Guerra Salernitana, marzo 969 - gennaio 970 Il 25 giugno 969 le milizie materane che erano accampate davanti ad Agropoli furono sbaragliate ed annientate dall' esercito napoletano. Non ne scampò neppure uno al massacro. Subito dopo i napoletani avanzarono verso sud e il 5 luglio posero Matera sotto assedio. La città si arrese ai primi di gennaio 970 e il 16 dello stesso mese, firmando la pace, il conte di Matera cedeva al vincitore non solo la città e la contea annessa ma anche il titolo ducale di Salerno. Giovanni cingeva così la terza corona ducale nell' arco di dodici anni. Il 19 giugno 971 Giovanni si proclamò despota di Napoli e dunque saliva ulteriormente di rango, facendosi incoronare dalle mani del patriarca partenopeo cinque giorni dopo. Nell' arco di un secolo gli Spartenos, che erano partiti dall' autorità comitale, raggiungevano la massima autorità, quella regia. Fu l' apogeo della dinastia. Il regno di Napoli, anno 971