La Battaglia di Agincourt

Non vorremmo morire con alcuno che temesse di esserci compagno nella morte. Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiniano: chi sopravviverà e tornerà a casa, si leverà in punta di piedi e si farà più grande al nome di San Crispino. Chi non morirà oggi e vivrà sino alla vecchiaia, ogni anno, a questa vigilia, offrirà un banchetto e dirà: “Domani è San Crispino”: poi tirerà su la manica e mostrerà le cicatrici e dirà: “Queste ferite le ebbi il giorno di San Crispino”. I vecchi dimenticano: egli dimenticherà tutto come gli altri, ma ricorderà, sempre aggiungendo qualcosa le gesta compiute quel giorno. E allora i nostri nomi, familiari sulla sua bocca come parole domestiche, re Enrico, Bedford e Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester, rivivranno tra le traboccanti coppe: questa storia il buon uomo insegnerà a suo figlio. E sino alla fine del mondo il giorno di San Crispino e San Crispiniano non passerà mai senza che in esso noi non veniamo ricordati. Noi fortunati, noi pochi, noi schiera di fratelli; poiché chi oggi spargerà il suo sangue con me sarà mio fratello, e gentiluomini ora, a letto in Inghilterra malediranno se stessi per non essere stati qui oggi, e non parrà loro neanche di essere uomini quando parleranno con chi avrà combattuto con noi il giorno di Crispino il Santo.
Sono queste le parole che, secondo William Shakespeare, Enrico V dice ai suoi uomini prima di una delle più importanti battaglie della storia europea.
Enrico V era un bravo guerriero, forse uno dei migliori del suo tempo, intraprendente, ambizioso e nobile. Completamente calato nella sua epoca, Enrico era l’essenza stessa del cavaliere cortese.
Nel 1413, anno dell’ascesa al trono di Enrico V, il regno d’Inghilterra era diviso dalle rivalità e dalle lotte intestine. Il sovrano aveva bisogno di una vittoria militare, per unire  la nazione sotto il suo vessillo e consolidare i Lancaster sul trono d’Inghilterra. Quindi il giovane Re volse il suo sguardo alla Francia, e in particolare al Ducato di Normandia. Quale migliore avversario poteva esistere? Avrebbe battuto i nemici giurati dell’Inghilterra, riconquistato il territorio che gli apparteneva per diritto di nascita, e riscattato la nazione da anni di sconfitte subite nella seconda fase della Guerra dei Cento Anni.
Dall’altra parte della Manica la situazione non era rosea. Dopo un breve periodo di unità e ricostruzione sotto Carlo V “il Saggio”, la nazione si trovava ora a scontare la paranoia del figlio del precedente sovrano, Carlo VI “il Pazzo”. Diventato sovrano a 11 anni, Carlo VI soffriva di continue crisi psicotiche, che spesso costringevano il Re a governare i suoi territori su di un letto, invece che su di un trono. In assenza di un vero e proprio potere centrale, la nobiltà di Francia era scossa dalle lotte per accaparrarsi il controllo della corte.
All’inizio del 1415 le spropositate richieste del Re inglese posero fine ai già infruttuosi negoziati tra le due nazioni.
Nell’Agosto del 1415 la flotta Inglese prese il largo con destinazione la Normandia, sbarcando pochi giorni dopo senza incontrare resistenza. Il 22 Settembre del 1415 l’armata di Enrico V ebbe la sua prima vittoria, conquistando la città di Harfleur, dopo un breve ma difficile assedio. Nonostante l’esercito inglese fosse provato dalla battaglia, e il consiglio di guerra fosse del parere di accontentarsi della vittoria e preparare un’altra campagna per l’estate del 1416, Enrico decise comunque di prendere Calais. Lasciata una piccola guarnigione a presidiare la città, l’armata di Enrico V ora puntava sulla più importante città portuale del nord della Francia, ma i suoi avversari lo stavano aspettando.
Mentre gli Inglesi assediavano Harfleur, il Re di Francia con l’aiuto del Delfino Luigi, suo erede, stava raccogliendo le sue forze presso Rouen. Alla chiamata alle armi risposero i più importanti feudatari di Francia; ai già presenti Duca di Berry, Duca di Alençon, Duca di Bourbon, e al Connestabile d’Albret si unirono presto il Duca di Anjou e il Maresciallo Boucicaut. Appresi i movimenti dell’esercito nemico, dopo la vittoria di Harfleur, i francesi inviarono un contingente per impedire a Enrico di attraversare la Somme. Viaggiando a marce forzate il contingente arrivò tre giorni prima degli inglesi, costringendo questi ultimi a deviare verso sud. Intanto il grosso delle forze francesi, sotto la guida del Connestabile d’Albret e del Duca di Orleans, avrebbe cercato di intercettare gli inglesi ad Amiens. Purtroppo per l’esercito di Carlo VI, al suo arrivo ad Amiens l’esercito nemico era già passato e stava oramai puntando a nord verso Pèronne, dove si diresse a tutta velocità l’esercito francese.
I negoziati furono riaperti, ma ancora una volta la sicurezza (o l’arroganza) di Enrico, che sapeva essere fortemente svantaggiato, li fecero naufragare nuovamente.
La marcia verso Calais, resa più difficile dalle piogge torrenziali, aveva spossato gli inglesi, già provati dall’assedio di Harfleur e dalla dissenteria. La conquista di Calais non era più un obiettivo militare, ma era diventata la loro unica via di fuga.
Con l’esercito inglese alle strette, il consiglio di guerra francese ora doveva decidere quando e dove avrebbe dato battaglia. Contrariamente all’opinione del Connestabile d’Albret, l’unico con esperienza di comando militare, si decise di attaccare subito.
Gli inglesi riuscirono ad aggirare anche Pèronne, ma ora l’armata francese bloccava loro la strada per Calais. Lo scontro era diventato inevitabile.

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