L’opzione Schlieffen restava l’unica a disposizione della Germania: una volta deciso di iniziare una guerra offensiva in Belgio alla Germania non restavano altre possibilità che giocarsi tutto su quel fronte. L’alternativa sarebbe stata una guerra difensiva (ma se la Germania avesse avuto un piano difensivo la guerra non sarebbe scoppiata), incompatibile con gli obiettivi tedeschi. Il solo problema, per Molke, era trovare il modo di giustificare come “difensiva” una guerra che sarebbe iniziata attaccando un paese neutrale.
La ricerca di alleati
La possibilità di una guerra vittoriosa, chiaramente, sarebbe stata enormemente facilitata dalla presenza al fianco tedesco di alleati, soprattutto se questi alleati avessero potuto contribuire in modo sostanziale allo sforzo della Germania. Sotto questo aspetto i rapporti con l’Austria apparivano a Moltke adeguatamente solidi: l’Austria era un alleato affidabile. L’altro membro della Triplice era l’Italia, paese verso cui Moltke non si faceva illusioni. Sin dal 1908 Moltke aveva valutato che la debolezza e la situazione strategica dell’Italia non consentissero di contare sul suo contributo militare e l’allentamento della tensione di questo paese con la Francia, a fronte della perdurante alta tensione con l’Austria, induceva ulteriori elementi di preoccupazione. Nel 1912, poi, le perdite subite nella Guerra di Libia portarono i responsabili militari italiani a comunicare che non sarebbe stato più possibile fornire le truppe promesse per rinforzare sul Reno l’ala sinistra tedesca. In realtà, anche se Pollio già l’anno dopo aveva promesso che almeno qualche unità di cavalleria sarebbe stata inviata, a Moltke interessava più l’appoggio morale italiano che quello militare. Così pur accogliendo con favore la promessa di Pollio che per il 1914 almeno due corpi d’armata italiani, oltre a divisioni di cavalleria, sarebbero stati inviati in Germania, il piano di mobilitazione tedesco non teneva conto delle unità italiane e confidava esclusivamente sulle forze tedesche. Moltke aveva molta stima di Pollio ma temeva le forze pacifiste o filofrancesi del governo e del parlamento ed era giunto alla certezza che Germania e Austria avrebbero iniziato la guerra da sole. Allorché Conrad suggerì che le forze italiane disponibili anziché sul Reno potessero esser schierate sul fronte orientale, Moltke rispose che, stante la scarsa affidabilità dell’Italia, conveniva confidare esclusivamente sui piani stabiliti, perché introdurre ulteriori elementi di disturbo avrebbe solo accresciuto la confusione sia per gli italiani sia per le potenze centrali. Meglio accontentarsi delle dichiarazioni italiane e della sua solidarietà politica che chiedere di più. Del resto l’opinione che Moltke, e in genere i comandi tedeschi, avevano dell’esercito italiano era assai bassa, al punto che un collaboratore di Moltke si sentì di poter prevedere che “che l’Italia combatta o no questa guerra è dubbio ma è certo che combatterà la prossima contro l’Austria”.
La morte di Pollio, lo stesso giorno dell’attentato di Sarajevo, complicò la questione. Nel periodo di interregno (Cadorna entrò il carica solo il 27/7) l’incaricato militare tedesco, l’abile e ben informato Kliest, fu sostituito, con forte irritazione di Moltke, lasciando la Germania senza la possibilità non solo di influire sugli italiani, ma nemmeno di informare lo Stato Maggiore Tedesco di ciò che accadeva in Italia. Il timore che l’Italia, priva di Pollio, potesse a lungo termine cambiare prospettiva fu uno degli elementi che indussero Moltke a pensare che una guerra fosse “meglio prima che poi”.
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