Per quanto poco convinti, i vertici militari iniziarono a prendere qualche precauzione, in modo da non trovarsi impreparati nel caso di un improvviso precipitare degli eventi. Anche dai luoghi di villeggiatura si tennero strettamente in contatto tra loro e con Berlino e anche se ci fu ufficialmente una generale esibizione di sorpresa di fronte all’ultimatum austriaco alla Serbia, in realtà tutti erano perfettamente al corrente della cosa. Ancora sino al 19-20 luglio in molti generali tedeschi era presente una forte incertezza sulla volontà austriaca di giungere alla guerra: era stato chiesto a Conrad, tramite i canali ufficiali, quali intenzioni avesse relativamente allo schieramento austriaco, ma poiché Conrad era in vacanza, da Vienna nessuno poté (o volle) rispondere adeguatamente ai capi militari tedeschi. Il poco che si era capito era che Conrad intendeva schierare il grosso contro la Serbia, evitando di schierare truppe in Galizia per non offrire alla Russia il pretesto per un intervento. Da quel momento la volontà austriaca divenne chiara, ma non per questo diminuirono le preoccupazioni dei tedeschi. Preoccupazioni sui tempi lunghi della mobilitazione austriaca e sul suo scarso armamento; preoccupazioni sulla possibilità che i serbi potessero ritirarsi a sud, evitando scontri campali e rinviando così per settimane le battaglie decisive; preoccupazioni che la Russia potesse decidere di abbandonare la Serbia facendo venir meno la desiderata escalation della guerra. La notizia dell’ultimatum del 23 (poi rinviato al 25 su suggerimento di Jagow in modo da approfittare del viaggio dei vertici francesi in Russia) ancora non convinse i generali tedeschi, oscillanti tra timore della disillusione e speranza. I dubbi ora riguardavano la lentezza austriaca: gli accorati e reiterati appelli a Conrad ad accelerare i tempi si scontrarono contro la resistenza austriaca e questo non induceva ottimismo tra i tedeschi; la necessità, poi, di rinviare la mobilitazione austriaca a dopo il raccolto eliminava ogni necessità, per i generali tedeschi, di far fretta a se stessi. Il piano di Conrad, finalmente appreso, di schierare 6 corpi d’armata, cioè il grosso delle forze austriache, contro la Serbia, per farle ruotare verso la Russia solo dopo la totale sconfitta serba, appariva farraginoso e improbabile. In sostanza ancora alla vigilia del 25 molte incertezze tormentavano i generali tedeschi. In ogni caso era tempo di prendere le prime misure, e per la stessa giornata del 25 tutti i vertici militari tedeschi erano tornati a Berlino. Moltke realizzò che la linea di disinformazione aveva avuto effetto, e che solo in quelle ore l’Intesa realizzava la gravità della situazione. Il 26, al ministero degli Esteri, Moltke redasse l’ultimatum che, al momento opportuno, il rappresentante diplomatico tedesco avrebbe (come poi è accaduto effettivamente) consegnato al governo belga. Il Belgio doveva permettere il passaggio delle truppe tedesche perché “notizie certe” annunciavano che la Francia stava per muovere attraverso il Belgio al fine di attaccare la Germania. Il Belgio aveva 24 ore di tempo per rispondere, altrimenti sarebbe stato annoverato tra i nemici della Germania. La redazione di questo documento (che con pochissime modifiche fu quello consegnato ai belgi) indica che Moltke era pronto e che si preparava a sfruttare al meglio la prima mossa della guerra.
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