Il fattore tempo era diventato decisivo: la Germania doveva attaccare il Belgio appena dichiarata la mobilitazione, e forse anche prima. Il colpo di mano su Liegi avrebbe portato inevitabilmente all’escalation. Non c’erano vie di mezzo e nemmeno, ormai, la possibilità di tornare indietro: la rigidità del Piano eliminava le opzioni politiche dell’ultima ora.
La sera del 29 vide ancora uno scontro tra Falkenhayn e Bethmann-Hollweg, e stavolta Molke si schierò con il ministro della Guerra, accettando la mobilitazione e, quindi, la guerra. Militari e politici si schierarono, a questo punto, su posizioni diverse, così quando Bethmann-Hollweg, in preda ad un ripensamento, cercò di fare passi verso il governo austriaco chiedendo moderazione, il ministro Berchtold poté chiedere, con qualche ragione, a Conrad: “Ma chi comanda a Berlino, Bethmann-Hollweg o Moltke?”.
La sera del 30 i vertici militari, ormai compatti, convinsero i politici a chiudere i negoziati e venne presa la decisione di dichiarare l’“immediato pericolo di guerra”, anche se la Russia, per quanto si sapeva a Berlino, ancora non aveva mobilitato. Le esigenze del Piano avevano definitivamente prevalso su quelle politiche, anche a costo di rinunciare al vantaggio morale di far figurare la Germania come attaccata. Ad ogni modo le notizie della mobilitazione russa arrivarono prima dell’ora stabilita per la pre-mobilitazione tedesca, e questo consentì alla Germania di godere egualmente dei vantaggi morali sperati. In effetti la questione delle ore è controversa: fonti Russe sostengono che loro informatori avevano appreso da manifesti, affissi prima del tempo in un paese di confine, della dichiarazione tedesca e che quindi la mobilitazione russa era venuta di conseguenza. In realtà gli orari non contano poi granché: le decisioni era già state prese, a Berlino e S. Pietroburgo, indipendentemente dalle astuzie della propaganda.
I vertici militari tedeschi ottennero dal Kaiser la dichiarazione di mobilitazione per il 1 agosto. All’infuriato Bethmann-Hollweg non restò che accettare il fatto compiuto: i militari avevano invaso la sfera della politica entrando di peso nel meccanismo decisionale, di fatto esautorando il cancelliere. Un successo morale e politico dei militari che però venne, immediatamente, vanificato dal successivo ultimatum alla Russia e dalla dichiarazione di guerra (dichiarazione voluta da Molke contro il parere di Falkenhayn) il 1 agosto, ben 6 giorni prima di quella austriaca! Questo esonerò Italia e Romania dagli obblighi di adesione al patto di alleanza. Aver preteso l’accelerazione delle decisioni in così poco tempo fu certo un errore la cui responsabilità risale allo stesso Moltke; va considerato però che nessuno, fuori dallo Stato Maggiore Tedesco, conosceva i dettagli del Piano, e nessuno, pertanto, poteva comprendere l’ansia di Moltke per la rapidità. Una volta che la dichiarazione di guerra austriaca alla Serbia aveva fatto scattare l’inevitabile effetto domino, l’attacco a Liegi era diventata un’urgenza ossessiva.
Inganni e illusioni
Moltke dubitava della vittoria, e dunque dubitava in fondo del suo stesso Piano. Certamente, inoltre, dubitava della possibilità che la guerra realmente si sarebbe chiusa in poche settimane: un dubbio, questo, che era condiviso da molti generali tedeschi. Nonostante questo Moltke non prese nessuna precauzione per evitare, o anche solo per far fronte, ad una guerra di attrito, continuando anzi, in pubblico, a dichiarare una granitica certezza nella riuscita del Piano. I vertici decisionali tedeschi, il Cancelliere, il Kaiser, il ministero degli Esteri, confidarono ciecamente nelle assicurazioni dei militari e non ebbero mai il dubbio di dover ripensare o adattare la loro politica estera, cosa che invece avrebbero potuto fare se avessero avuto consapevolezza dei dubbi presenti tra gli stessi alti comandi tedeschi. Al contrario, sulla base delle assicurazioni dei generali, sovrastimarono le capacità militari tedesche, sottovalutarono quelle degli avversari, e si regolarono di conseguenza. Di fatto, in altre parole, Moltke e gli alti comandi deliberatamente ingannarono il loro stesso governo. E’ interessante notare che questa cieca fiducia nelle assicurazioni di Moltke era alla base anche delle scelte del governo austriaco!
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