D’altra parte, quasi a pareggiare il conto, le misure militari austriache erano fonte di continua apprensione per Moltke, soprattutto a causa della lentezza della mobilitazione e per i dubbi sulla reale volontà di giungere rapidamente allo scontro con i Serbi. Per Moltke, che come sappiamo contava le ore, l’Austria stava perdendo tempo prezioso, e questo dovette avere effetti esasperanti sulla sua psiche nel momento cruciale. La verità è che, nonostante la retorica dell’alleanza “spalla a spalla”, Moltke e Conrad si ingannarono reciprocamente. Moltke rimase sorpreso quando apprese della scelta di Conrad di tenersi sulla difensiva in Galizia e c’è da immaginare che Conrad, parimenti, rimanesse sorpreso dal sapere che la Germania aveva poco più di un velo di forze nella Prussia orientale. Entrambi i capi dei due Stati Maggiori, ciascuno confidando nell’altro, avevano scelto deliberatamente di tenere uno schieramento debole di fronte a quello che, entrambi, ritenevano l’avversario più pericoloso! I Tedeschi inoltre si erano preparati ad una guerra mondiale, gli austriaci ad una guerra che, speravano, sarebbe stata limitata: difficile immaginare una più ampia diversità di prospettive. Berlino, coinvolgendo anche il Kaiser, iniziò a fare pressioni su Vienna affinché considerasse il fronte russo prioritario, e questo nonostante l’Austria avesse iniziato il processo critico con l’obiettivo di punire la Serbia, sperando anche sino all’ultimo che, per un miracolo diplomatico (e confidando proprio sull’effetto deterrente della Germania), la Russia si sarebbe astenuta dall’intervenire. La rigidità del Piano rivelava ora anche il suo effetto condizionante sull’Austria: un conflitto localizzato era impossibile nella logica del Piano stesso, solo che gli austriaci non lo sapevano.
Ci si aspettava una forte intesa tra i comandi tedesco e austriaco, mentre in realtà mancava non solo il progetto di un comando unificato ma anche la semplice conoscenza delle reciproche esigenze. A Berlino, ad esempio, si ignoravano la forza, l’organizzazione, la struttura di comando, le tattiche, dell’esercito austriaco. Si ignorava persino che non tutti i soldati austriaci parlavano tedesco!
Il risultato di queste ore convulse fu che a Berlino i militari presero il sopravvento sui politici. Le esigenze militari impedirono ai politici di reagire alle assicurazioni russe che la mobilitazione non era sinonimo di guerra e che la Russia non avrebbe iniziato le ostilità sino a che Austria e Serbia erano in trattative; così come impedirono di prendere in considerazione le assicurazioni inglesi che la Gran Bretagna non avrebbe sostenuto la Russia a fronte di un rifiuto di questa davanti ad una seria proposta di negoziato.
Il pomeriggio del 1 agosto la Russia non aveva ancora risposto all’ultimatum tedesco ma i militari, nel corso di una riunione con il Kaiser e tutti i vertici decisionali tedeschi, premevano egualmente per la mobilitazione, che venne poi dichiarata alle 5 del pomeriggio. Tirpiz propose di ritardare l’inizio delle operazioni ad ovest ma Moltke, naturalmente, replicò sottolineando l’urgenza dell’inizio delle azioni militari. Quando giunse la notizia che stava per giungere un telegramma ufficiale da Londra dichiarò la sua contrarietà ad aspettarlo e, messo in minoranza, non poté che attendere irritato ed ansioso gli eventi. Il telegramma, che giunse poco dopo, fu letto dai politici tedeschi e dal Kaiser come una garanzia inglese di neutralità se la Germania non avesse attaccato la Francia. Non importa, ora, sapere se questo fosse o meno il pensiero di Grey: fatto sta che così lo lessero i vertici tedeschi e questa sembrò ai politici una opportunità per evitare una guerra su due fronti, secondo la linea da sempre auspicata da Bethmann-Hollweg. Il Kaiser chiese, a questo punto, che tutte le forze tedesche fossero indirizzate verso il fronte orientale, con un totale cambio di strategia. La richiesta fece impallidire Moltke: questi dichiarò che il generale dislocamento non poteva essere fermato pena il caos; che avanguardie tedesche stavano già entrando in Lussemburgo, e che una divisione si sarebbe mossa tra pochissimo per occupare i vitali nodi ferroviari di quel paese. Con il Kaiser e Bethmann-Hollweg che premevano per la pace e con Falkenhayn che riteneva che un ritardo non avrebbe pregiudicato nulla, Moltke ebbe un crollo psicologico. Aveva da tempo escluso la possibilità di una neutralità inglese e le vaghe assicurazioni non toglievano nulla al fatto che la Francia era comunque alleata della Russia, e che dunque era lecito in ogni caso aspettarsi una guerra su due fronti. A suo avviso il rispetto della neutralità del Belgio sembrava un prezzo troppo alto per la neutralità inglese e la Francia poteva esser vinta solo basandosi sulla rapidità. Ma il Kaiser era davvero orientato per la pace in quel momento, e a un Moltke stressato ed avvilito, il quale sosteneva che l’armata si sarebbe dissolta qualora avesse dovuto cambiare piano di mobilitazione, dichiarò seccamente: “Vostro zio mi avrebbe dato un’altra risposta”, ordinando nello stesso tempo di fermare tutti i movimenti militari ad ovest. Più volte Moltke cercò di spiegare al Kaiser le conseguenze di un simile ordine e il caos di un eventuale riorientamento verso est. Nonostante fosse privo di qualsiasi competenza per prendere simili decisioni il Kaiser era sempre il Kaiser: “posso condurre una guerra contro la Francia e contro la Russia ma non posso condurre una guerra contro il Kaiser”, disse stanco il capo dello Stato Maggiore, che in fondo aveva sempre temuto la possibilità che Guglielmo II si trasformasse in una variabile impazzita capace di bloccare il Piano. Le truppe furono così fermate sui confini in attesa di chiarire le eventuali mosse francesi. A notte fonda, però, nuove notizie da Londra cambiarono la situazione: le proposte inglesi, chiarite, erano inaccettabili e il Kaiser, svegliato a letto, autorizzò la ripresa dei movimenti.
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