L'ascesa dell'Aquila di Mantova

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da ruten_ita, 4 Giugno 2014.

  1. ruten_ita

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    Dopo aver provato in via provvisoria il gioco con l'espansione Conquest of Paradise (partita per capire le differenze con Eu 3, ho deciso di giocare la mia prima vera partita con le impostazioni di difficoltà al massimo (modalità ironman e aggressività al max) con Mantova. So che molti obietteranno che come stato sia molto facile; ma sono un inguaribile nazionalista e sinceramente dovevo tentare di riunire l'italico suolo anche nel quarto capitolo della saga XD.

    Ps: Mi era sovvenuto il desiderio di provare il convertitore CK2-EU4, desistendo, ritenendo troppo semplice poi il gioco partendo con un impero già grosso e consolidato.

    Prologo

    Anno 1444

    L'Italia, culla della civiltà romana, fondatrice del più grande impero della storia antica, si trova ora divisa e frammentata in una miriade di ducati e città-stato in perenne lotta fra di loro, appoggiati nelle loro lotte fratricide dai grandi stati d'oltralpe.

    Mantova, retta al tempo da Ludovico III detto il Turco, si trovava in una situazione precaria: a nord il ducato di Milano e la repubblica veneziana premevano minacciosi sui confini; a sud la strada era sbarrata dai possedimenti degli Este, da sempre avversi ai Gonzaga per il controllo del fiume Po.

    Un solo passo falso e lo stato gonzaghesco si sarebbe estinto molto rapidamente.


    Ludovico III il Turco (23 settembre 1444 - 18 aprile 1475)

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    I primi anni di regno del Turco furono spesi nella spasmodica ricerca di alleati potenti, onde evitare una prematura invasione da parte di uno dei potentati vicini. La scelta ricadde, dopo attente considerazioni e oculate adulazioni, su Filippo Maria Sforza, Signore di Milano e su Friedrich III, duca d'Austria e Sacro Romano Imperatore. In entrambi i casi venero stipulati trattati matrimoniali insieme a patti di alleanza. Non appena i matrimoni furono consumati, Ludovico potè iniziare a pianificare il suo progetto per il controllo sulla pianura padana, detenuto per gran parte della sua estensione dalla famiglia d'Este di Ferrara e Modena.

    Diede inizio ad un modesto aumento degli armati presenti nel proprio marchesato, stando attento a non destare eccessiva preoccupazione sui suoi pericolosi vicini, sempre timoroso in una loro reazione aggressiva. Inviò intanto i suoi messi, i quali con la massima discrezione avrebbero dovuto fabbricare prove a favore dei Gonzaga sui territori di Estensi.

    Dopo aver partecipato nel 47 ad una breve scaramuccia in cui l'imperatore potè annettere l'Alsazia. In cambio di questo aiuto, Friedrich avrebbe concesso al signore di Mantova il possesso delle terre da lui reclamate, ma non il supporto militare per conquistarle, il quale venne concesso invece dallo Sforza. La guerra inevitabile scoppiò i primi di febbraio del 1448. Nell'attesa dei rinforzi milanesi i 5.000 soldati mantovani rimasero su posizioni difensive. i ferraresi presero l'iniziativa, invadendo il marchesato sia da Modena che da Ferrara, trovando alla testa delle truppe nemiche lo stesso Ludovico, pronto a vendere cara la vita sua e dei suoi uomini.

    La battaglia fu aspra, ma grazie alla conoscenza del territorio superiore, i mantovani riuscirono ad annullare la superiorità numerica del nemico, resistendo il tanto necessario per permettere alle truppe alleate di entrare in battaglia. La rotta che seguì permise alla coalizione lombardo-mantovana di avanzare nei territori estensi. Ludovico e suo figlio Federico diedero l'assedio alle città, mentre i milanesi si scontrarono con gli alleati dei d'Este, i signori d'Ancona, lungo i lidi romagnoli. Al termine della breve ma intensa guerra, gli Este giacevano sconfitti ai piedi del Moro. Secondo i termini della tregua i d'Este avrebbero ceduto i diritti sul ducato di Modena-Reggio, passandoli ai Gonzaga, mentre Ferrara sarebbe rimasta in loro controllo, sotto l'egida del Marchesato. Per consolidare le sue decisione, fece sposare il terzogenito della famiglia Este con sua figlia Cecilia.

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    Il 14 maggio del 1450 Ludovico si spostò a Vienna, ove l'Imperatore, onorando i loro previ accordi, nominandolo Duca di Mantova e Modena.

    Ma presto i successi rilevati dal signore di Mantova destarono l'invidia e lo sconcerto fra gli altri stati italiani, sconcerto di cui si fecero portavoce Venezia e la repubblica fiorentina. Nel 1452 gli inviati di questi due stati firmarono una coalizione in chiave anti-mantovana nota come Lega di Verona. Nonostante la minaccia, Ludovico paco dei suoi potenti alleati, non diede molto peso alla cosa, sperando che una sua nuova politica non troppo aggressiva avrebbe calmato gli animi. Non fu così. Due anni dopo, ai primi di gennaio, la lega si mosse, dichiarando guerra a Mantova. L'Imperatore e e Milano prontamente si mossero a difesa del loro alleato, impreparato a subire l'urto della forza della serenissima.

    Ludovico portò le sue forze da Mantova a Verona, per poi passare direttamente in Trentino, sperando di depistare l'esercito della coalizione e di riunirsi alle truppe imperiali, in discesa dall'Austria. Come previsto i veneti si fermarono per assediare Mantova e Ferrara, mentre i soldati di Firenze circondarono Modena.

    Lo scontro decisivo avvenne a Mantova, ove le forze mantovane e alleate (40.0000 soldati circa) e i veneziani (28.0000 circa) si scontrarono. Nonostante l'accanita difesa e l'arrivo dei fiorentini, Ludovico ottenne la vittoria finale, respingendo i nemici fuori dai suoi domini, inseguendoli sino alle porte delle loro case. Ludovico, data la limitata forza diede l'assalto a Firenze, tenendo in scacco la città stessa oltre che Pisa, mentre i milanesi e i tedeschi si scontrarono coi resti dei veneziani, costringendoli a ripiegare nella laguna, protetta dalla poderosa flotta. Un anno dopo Firenze capitolò e l'imperatore, preso atto dei tempi maturi, inviò un emissario a Venezia per richiedere una pace. Sotto pressione fiorentina i veneziani accettarono di dichiararsi sconfitti e di versare una modesta somma di denaro alle casse austriache.

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    La pace parve ritornare, ma fu solo una pallida illusione. L'Imperatore non riuscì ad ottenere lo scioglimento della lega di Verona, che anzi si arricchì di nuovi membri, quali il Papato e Siena.
    Per ridurre al minimo le conseguenze di una inevitabile nuova guerra di coalizione, aumento i suoi soldati, non tralasciando comunque la costruzione di infrastrutture civili, necessarie ad un buon funzionamento dello stato.

    La II° guerra della lega di Verona scoppiò nel 1462, avente come araldo proprio il pontefice. Gli eserciti coalizzati si mossero nuovamente per stroncare i sogni dei Gonzaga, trovandosi nuovamente i milanesi, i tedeschi e i loro alleati. La soverchiante superiorità numerica degli alleati di Mantova portò alla vittoria nella fondamentale e sanguinosa battaglia di Cremona. Il Moro staccò alcuni suoi distaccamenti mandando suo figlio e un Vito da Montalto ad assediare Brescia e Verona, sperando in una loro assegnazione al suo casato alle trattative, ma così non fu. Come la precedente lega, anche questa terminò con una multa pecuniaria ai danni di Venezia; Il duca di Mantova si oppose, chiedendo la città di Verona e le zone limitrofe, per potere ottenere uno sbocco sull'Adriatico per i suoi possedimenti. Tali richieste vennero garbatamente cestinate dall'Imperatore.

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    Dopo l'ennesima sconfitta la repubblica veneta decise di togliersi dalla lega di cui ella fu la fondatrice, seguito dal Papato. Solo Firenze e Siena rimasero acerrime nemiche di Mantova.

    Nel frattempo un grande assente nello scacchiere locale, la repubblica di Genova, ebbe diversi problemi interni, primo fra i quali i tumulti del 63 in Corsica, che portarono in poco tempo all'indipendenza dell'isola dal governo repubblicano. Sola ed isolata il nuovo regno non rimase indipendente a lungo. Armata una piccola flotta, Ludovico la invase, schiacciando il raccogliticcio esercito corso. La Corsica venne annessa al ducato il 2 gennaio del 1468. Se spodestare il patetico sovrano fu facile, convincere il popolo fu più problematico. Presto una possente rivolta si sollevò contro i nuovi padroni, costringendo Ludovico a concentrare tutte le sue forze per eradicare il problema, ma finalmente nel 1470 l'isola fu pienamente assimilata nell'amministrazione ducale e Ludovico si potè fregiare del titolo di Signore di Corsica.

    Lo stesso anno il Moro dovette presentarsi ai funerali del suo storico alleato Filippo Maria Sforza, morto senza eredi. Questo apriva molti problemi, difatti di lì a pochi mesi venne dichiarato l'inizio dell'Aurea repubblica Ambrosiana, che come prima cosa scisse tutti i trattati sottoscritti dagli Sforza, compresi quelli di alleanza con Mantova.

    Senza più alleati, Milano venne presa di mira dalla malconcia, ma pur sempre ambiziosa Genova che attaccò i milanesi, tentando di sottrarre le terre parmensi. Vennero presto trascinati in battaglia tutti gli alleati dei genovesi come il Papa e la Svizzera. Su consiglio di suo figlio Federico, il duca di Mantova lanciò un assalto improvviso contro Firenze il 20 dicembre del 1471, e che soccorsa da Siena per via delle clausole della lega di Verona ancora vigenti fra loro.

    Siena però già in guerra contro i Savoia, avendo i propri soldati già impegnati su altri fronti, non potè fornire assistenza a Firenze che dovette sostenere da sola l'impeto delle forze mantovane. Ludovico colse una importante vittoria in Toscana, facendo indietreggiare le truppe fiorentine verso Pisa. Il duca inviò il figlio con un piccolo distaccamento alle calcagna dei fuggitivi, facendoli disperdere, dando iniziò agli assedi necessari a portare la vittoria.

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    Il 26 aprile dello stesso anno però, sotto le mura di Pisa Ludovico fu colto da un malore, morendo poche ore dopo.


    Federico I Gonzaga Pater Patrie (27 aprile 1472 - 18 ottobre 1488)

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    La notizia della morte paterna venne comunicata a Federico due giorni dopo, mentre egli sta completando l'assedio a Siena. Federico decise di festeggiare la sua nomina a duca e onorare completando la guerra nel migliore dei modi e di lì a un anno il nuovo duca completò le operazioni belliche espugnando Firenze. Cogliendo questo ultimo successo militare Federico detto le sue condizioni di resa che furono prontamente accettate dai vinti. Il giorno dopo egli venne accolto nel Palazzo della Signoria dai governatori della città e dagli emissari di Siena. Le condizioni erano semplici: Firenze e Siena sarebbero avrebbero lasciato la lega di Verona, formandone un'altra, quella di Firenze, una serie di patti ed alleanze in funzione chiaramente anti-veneziana. Questa lega avrebbe eletto un console a vita, il cui compito sarebbe stato quello di dirigere la lega stessa; nessuno si meravigliò quando i delegati di tutte le parti elessero all'unanimità Federico come console. Ovviamente una serie di clausole e vincoli andarono a castrare pesantemente l'indipendenza delle parti in causa, infiltrando nei loro organi di governo elementi mantovani. Un elemento al di fuori della guerra ma di fatto di grande importanza, fu la totale integrazione del ferrarese all'interno dei domini Gonzaga.

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    Federico tornato a casa, ordinò la costruzione di una cappella ove traslare la salma del padre, e un nuovo palazzo per lui e la sua famiglia. Il 15 marzo 1475 Ludovico assistette all'incoronazione del nuovo Imperatore Maximillian I d'Asburgo, al quale donò sontuosi regali in segno di sudditanza. Maximillian ringraziò la generosità dell'italiano acconsentendo alla richiesta di insignirlo del titolo formale di Granduca d'Emilia. Federico aveva matura un piano molto più ambizioso rispetto al padre; se il secondo avrebbe voluto semplicemente consolidare il dominio della famiglia lungo il Po, Federico trovò lo sbocco per un progetto più ampio: la formazione di una coalizione capitanata da Mantova volta all'eliminare dal suolo italico gli stranieri invasori che da troppi secoli lo stavano impunemente calpestando.

    Ironia della sorte i maggiori detrattori a questa politica unionista erano proprio gli stessi stati italiani che vedevano in Federico un nemico peggiore dei perfidi stranieri. Il Granduca avrebbe dovuto agire rapidamente, poichè presto o tardi una nuova coalizione, molto più potente della prima avrebbe avuto seguito.

    I primi di gennaio del 1480 Federico dichiarò guerra all'oramai debole repubblica Ambrosiana, usando come pretesto presunti diritti di un giovane uomo discendente degli Sforza. Le forze della Lega di Firenze sbaragliarono i milanesi a Cremona che venne cinta d'assedio insieme a Milano. L'anno seguente il governo ambrosiano capitolò e al suo posto fu insediato Luigi Maria Sforza che accettò subito la richiesta della cessione di Cremona e dell'entrata di Milano nella Lega.


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    Nel 1487 Federico colse un grande successo politico, facendo sposare una sua figlia con il primogenito erede al trono di Castiglia. Questo matrimonio infatti schiuse le porte per una proficua alleanza fra il regno iberico e il Granducato, ormai visto nel panorama europeo come un regno degno di rispetto.

    Coperto dal nuovo ingombrante alleato, il Gonzaga dichiarò guerra allo Stato Pontificio poche settimane dopo, per contendere ad esso il controllo della Romagna. La guerra fu piuttosto semplice e gli eserciti pontifici vennero a più riprese sconfitti e dispersi ai quattro venti, permettendo ai soldati della lega di chiudere rapidamente questo conflitto iniziando l'occupazione dei territori papali della Romagna.

    La morte improvvisa del monarca durante l'assedio di Roma a causa di un'infezione per una ferita di caccia, impedì all'ambizioso Federico di continuare la sua opera pacificatrice nel nord Italia. Gli succedette il figlio Carlo. Sarebbe stato all'altezza?

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  2. Sir Matthew

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    attento a non espanderti troppo, con la nuova patch può essere fatale!
     
  3. andry2806

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    ti seguo. We want Italy!!!
     
  4. Hendioke

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    Bell'AAR :)
     
  5. Eferthad

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    In realtà, con l'hotfix 1.6.1 è diventato fin troppo facile. La AE scende di circa 6-7 punti /anno, e si esaurisce durante una sola tregua.
     
  6. ruten_ita

    ruten_ita

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    Carlo I Gonzaga (18 marzo 1488 - 26 maggio 1506)

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    Alla morte del padre Carlo si trovava a Firenze per sistemare alcune questioni riguardanti la Lega. Come duca dovette subito risolvere la questione riguardante i territori pontifici, dato che le truppe mantovane e alleate occupavano ancora Roma ed il Papa si era di conseguenza ritirato ad Avignone. Il trattato di pace venne firmato ad Avignone, alla presenza del pontefice, di Carlo e di Luis IX di Francia. In cambio della restituzione di Roma al Papa, questi cedeva i diritti sulla Romagna ai Gonzaga. La restituzione del Lazio venne accolta nel mondo cattolico molto positivamente. In verità Carlo grazie ai positivi incontri potè consolidare le proprie relazioni con la potente Francia, riuscendo ad imbastire un proficuo matrimonio fra la casa Gonzaga e i Valois.

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    Tali legami si consolidarono ulteriormente, permettendo la stipula di un nuovo trattato di alleanza. In questo modo Mantova sarebbe stata garantita dalle due maggiori potenze dell'epoca, Spagna e Francia. Tali alleanze avrebbero avuto anche il duplice scopo di allontanare Mantova dalla sfera di influenza austriaca, da cui fino ad allora era stata dipendente.

    Nel frattempo la penisola in fermento vide il distaccarsi di Napoli dalla corona d'Aragona, proclamandosi indipendente. Nel contempo, Ancona, da decenni vassalla della potenza ungherese, si fece assimilare, diventando di fatto una parte del regno magiaro. Questo atto da parte di un regno straniero ebbe vasta eco all'interno del Granducato, timoroso di una possibile invasione da parte dell'Ungheria.

    Carlo però decise di non agire, data la già grande politica aggressiva perpetrata da suo padre e da suo nonno avevano alterato profondamente gli equilibri interni alla penisola e ora molti stati quali Genova e i Savoia temevano in una debacle in cui sarebbero cadute in maniera ineluttabile sotto il dominio Gonzaga.

    Il 9 maggio del 1499 la repubblica fiorentina, pur restando formalmente indipendente, fu assimilata ai territori ducali e a carlo fu concesso il diritto di fregiarsi del titolo di Signore di Firenze. Questo atto incrinò leggermente i rapporti con la Spagna, sospettosa dei veri interessi dei Gonzaga. Per questo la grande potenza tolse il proprio supporto alla causa di Mantova, pur mantenendo di fatto rapporti cordiali e i legami famigliari.

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    Dopo essersi assicurato la stabilità del regno si mosse contro il regno di Ungheria e i suoi alleati savoiardi, contestando la proprietà del ducato di Ancona. La guerra scoppiò violenta e vide dalla parte di Mantova l'Austria e la Francia; dall'altra Ungheria e Savoia.

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    Nella penisola di fatto gli scontri furono brevi e videro la vittoria schiacciante dell'alleanza mantovana che schiantò con facilità i Savoia, permettendo alla Francia di iniziarne l'occupazione. Carlo fece muovere le proprie truppe in Ancona e la espugnò, coadiuvato dalla propria flotta, così da bloccare ogni via di rifornimento.

    Sorte meno favorevole ebbe l'Austria, invasa e messa d'assedio dalle forze magiare; queste costrinsero l'Arciduca Maximillian I a cedere alle richieste nemiche, recidendo ogni trattato con Mantova e cedendo Carniola. Le esose richieste di pace e l'umiliazione della sconfitta fecero maturare un'enorme risentimento nella popolazione tedesca verso gli ex alleati.

    Nel contempo anche la Savoia uscì dal conflitto, sconfitta e disastrata, dovendo cedere la Savoia alla Francia e garantendo un cospicuo risarcimento in termini monetari a Mantova. Rimase la questione di Ancona aperta, ma l'Ungheria nonostante l'occupazione del territorio non pareva intenzionata a cederla.

    Purtroppo Carlo non potè vedere la fine del conflitto poichè perì nel novembre del 1504, pare per una broncopolmonite. Gli succedette il suo secondogenito Federico Maria col nome di Federico II.

    Federico II Gonzaga (10 novembre 1504 - 15 giugno 1508)

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    Succeduto al padre in un momento critico per la vita dello stato, Federico dovette scontrarsi con la reticenza dei nemici nel voler accettare la richiesta per la cessione di Ancona al Granducato. Allarmato dalla durata della guerra e dallo spazientirsi del suo potente alleato franco, voglioso di terminare quell'ormai inutile guerra. Dopo la ritirata di Austria e Savoia dal conflitto non si ebbero più scontri fisici fra gli schieramenti se non per la battaglia navale al largo di Capo d'Istria fra la flotta mantovana e quella ungherese, risolta con una blanda vittoria dei primi, senza però alcuna perdita di naviglio da ambo le parti.

    Alla fine il 26 maggio del 1507 l'Ungheria accettò di separarsi da Ancona, di pagare una modesta somma d'indennizzo e rompere i trattati col regno napoletano, più per lo scontento popolare che per perdite in battaglia. A questa vittoria fu aggiunta la totale dismissione degli organi esecutivi della repubblica senese, passata di fatto sotto il controllo diretto di Federico, avvenuta poco tempo prima della firma della pace.

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    il Granduca potè quindi rientrare trionfante a Mantova ove venne accolto con grandi onori dalla cittadinanza. Nell'anno seguente si prodigò, elargendo grandi quantità di denaro per aiutare il popolo anconetano a riprendersi dalle vicissitudini della guerra, oltre che iniziare la costruzioni di nuovi palazzi e infrastrutture a Mantova e nell'Emilia.

    A sud comunque il regno di Napoli, vedendo nel Granducato d'Emilia un nuovo e potente nemico iniziò a tramare contro di esso, tentando di ostacolare in ogni modo la nascente potenza nel nord Italia, lanciando un embargo contro le merci portate dai mercanti mantovani.

    Nel 1508 a febbraio, colse un ultimo successo diplomatico, riuscendo a ricucire l'alleanza con la Castiglia (ormai Spagna).

    Salito al potere già cinquantenne, morì nel 1508 a giugno nel suo letto senza aver lasciato figli, causa la sterilità della moglie Claire de Valois.

    Gli successe il figlio infante del fratello Corradino, Ferrante.

    Con Ferrante si inaugura l'avvento al potere del ramo Gonzaga-Este (poichè Corradino sposò la figlia dell'ultimo d'Este, Borso II).
     
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    Ultima modifica: 4 Giugno 2014
  7. ruten_ita

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    Ferrante I "Augusto" Gonzaga-d'Este
    (16 giugno 1508 - 5 dicembre 1531; de facto 16 giugno 1520 - 5 dicembre 1531)

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    Salito al potere a soli 4 anni, dovette convivere con il consiglio di reggenza composto da sua madre, Margherita d'Este e da alcuni nobili e dignitari delle varie città italiane sotto il suo governo. Già dai primi anni si profilò un periodo buio, i territori uniti sotto lo stendardo Gonzaga sotto i suoi predecessori iniziarono a manifestare segni di rinnovata volontà di indipendenza che vennero soppressi con metodi brutali e non del tutto efficaci.

    Ad aggravare le cose il nuovo doge di Venezia, Francesco Falier unì tutti gli stati Italiani sotto la sua bandiera, rinnovando l'antica Lega di Verona, la quale vedeva ora fra i suoi partecipanti la Repubblica di Genova, la Repubblica Elvetica e i Savoia, oltre che al contributo economico del regno di Napoli.

    I coalizzati speravano che dopo la guerra lampo effettuata dall'Imperatore Maximillian I per riottenere il territorio della Savoia, la Francia non avrebbe combattuto al fianco di Mantova, facendo restare il granducato con solo la Spagna a garantire la sua incolumità.

    Il 12 novembre del 1509 la lega di Verona dichiarò guerra a Mantova. Oltre al chiaro intervento della Spagna, la Francia accettò la richiesta disperata dello stato italico a intervenire. Sapendo che solo una guerra rapida avrebbe permesso qualche spiraglio di vittoria i nemici si lanciarono contemporaneamente all'attacco, travolgendo con rapidità le fragili difese poste dagli inetti consiglieri di Ferrante; presto le truppe veneziane e genovesi imperversarono nella pianura padana, mentre gli elvetici e i Savoia batterono le forze mantovane e milanesi nello scontro vicino a Pavia. Ferrante quindi lasciò la capitale col suo stato maggiore, rifugiandosi oltralpe in territorio francese.

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    La sorte avversò però la lega di Verona. Gli eserciti alleati si mobilitarono prima del previsto con esiti devastanti: la flotta genovese fu distrutta da quella spagnola col supporto dei mantovani nella battaglia al largo della Corsica, mentre una serie di battaglie permisero agli eserciti franco-spagnoli di eliminare prima l'esercito dei Savoia, poi quello unito elvetico-genovese. Mentre gli alleati iniziarono l'avanzata in Italia, ripulendo i territori mantovani, l'esercito di Ferrante iniziò ad assediare i territori nemici. Un ultimo tentativo disperato delle forze della Lega di resistere fu imbastito a Milano e nonostante il grande numero di morti che cagionarono all'altra parte, dovettero cedere la vittoria ai franco-spagnoli. Con la Savoia e il genovese occupati, la Svizzera pronta a chiedere la pace e vedendo minacciati i propri stessi territori, il Doge dovette accordarsi coi nemici per una pace, nonostante tutto piuttosto modesta.

    Mantova avrebbe mantenuto il controllo sulla lega di Firenze mentre la Savoia avrebbe ceduto di nuovo l'omonima regione alla Francia.
    Il trattato venne siglato ai primi del 1511 e dopo ciò Ferrante e la sua corte poterono rientrare a Mantova. Nonostante le festività indette in tutto il territorio, la popolazione ancora turbata dalla recente guerra e dai desideri indipendentisti diedero adito ad alcune rivolte nei pressi di Firenze e Ancona. Ci vollero alcuni mesi per sedare nel sangue questi tumulti, ma una volta fatto ciò, nessuno osò più ribellarsi al sovrano.

    Nel 1515 venne completata l'assimilazione di Milano, smantellando l'apparato della repubblica Ambrosiana e sostituendolo con una struttura a carattere provinciale sotto il totale contro di Mantova, rendendo la carica di Console della Lega di Firenze un titolo onorifico.

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    Una volta diventato maggiorenne, Ferrante licenziò i propri ministri inetti, prendendo a pieni mani le redini dello stato. Diede grande impulso alle arti e mestieri, aumentando gli investimenti pubblici nei settori produttivi, soprattutto a riguardo della viticultura e tessitoria.

    Cercò anche di rinnovare il proprio esercito aumentando gli effettivi, ammodernando l'armamento e scegliendo personalmente gli ufficiali. Lasciò la parte diplomatica ai suoi ministri, unico suo punto debole data la sua tremenda balbuzie. Il suo ministro diplomatico Giovanni da Villacorta consigliò candidamente al suo sire di evitare qualsivoglia conflitto per evitare di alterare in maniera ulteriore i suoi già tanti nemici.

    Ma Ferrante, sicuro delle sue alleanze estere decise di colpire in modo decisivo i suoi nemici, primo fra tutti il Papato con l'obiettivo di recuperare Roma, restituita anni addietro dal suo prozio Federico.
    Il 10 agosto del 1520 Ferrante in testa alle sue truppe invase il Patrimonio di Pietro, sconfiggendo il blando esercito papale, senza che nessuna potenza esterna intervenisse.

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    Quando Roma venne espugnata 8 mesi dopo, Urbano IV tentò la fuga tramite il porto di Ostia, ma venne bloccato dalle milizie del granduca che di fatto lo arrestarono e lo riportarono nei suoi appartamenti al Vaticano. Non sarebbe stato libero sinché non avesse acconsentito alla cessione di Roma. Dopo qualche settimana in cui il Santo Padre attese invano soccorsi, accettò le condizioni della resa, a cui Ferrante aggiunse anche un'ulteriore clausola: il Papa avrebbe incoronato il Granduca Re di Italia appena se ne fosse colta l'occasione. Sino ad allora il pontefice sarebbe rimasto vincolato a Roma, di fatto prigioniero nella sua stessa città.

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    Dopo qualche anno, necessario ad assestare ulteriormente lo stato ed assistere la Francia in una guerra contro l'Inghilterra. Terminate le ostilità, Ferrante potè dirsi pronto e in un uggioso 24 Novembre del 1523 egli venne incoronato sotto le navate di Sant'Andrea a Mantova, al cospetto di varie ambascerie (escluse quelle degli stati italiani e dell'Austria) Re d'Italia col titolo di Ferrante Augusto.

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    Il nuovo sacro romano imperatore Rudolph II d'Austria non accettò l'investitura autoimposta dallo stesso Ferrante e richiese la cessione immediata dal titolo, in quanto tale onore spettava a lui. Contro il parare dei suoi consiglieri egli rispose personalmente al suo signore con una breve lettera: "Se vuoi la corona vienila a prendere, mio Signore."

    Di fatto la situazione rimase in stallo e le relazioni continuarono a deteriorarsi a livelli critici, senza però scoppiare mai in un conflitto aperto.
    Sul fronte più pratico Ferrante diede l'assalto a Genova, desideroso di prendere il controllo dei territori parmensi. Dopo poco meno di due anni dalla sua incoronazione, Ferrante dichiarò guerra a Genova ( 10 gennaio 1527).

    La repubblica rispose chiamando in suo aiuto i membri della coalizione di Verona. Questa volta però Ferrante si poteva dire pronto e grazie al supporto del suo nuovo e potente esercito e della Francia riuscì presto ad avere la meglio sui suoi nemici, comandando personalmente le sue truppe in battaglia. La guerra duro poco più di un anno e vide la netta sconfitta della lega e la perdita di vasti territori: Genova perse Parma; mentre Venezia dovette cedere Brescia e Verona. I Savoia se la cavarono con una pace bianca.

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    Con la maggior parte dell'area della pianura padana sotto il suo controllo, iniziò una profonda revisione dell'amministrazione pubblica, eliminando i dazi interni ancora vigenti in alcune zone del paese, standardizzando pesi e misure; applicando una rigida ed equa riscossione delle tasse.
    Inoltre impose che tutti i magistrati e le cariche pubbliche, nonché i nobili parlassero correttamente il fiorentino alto, da tempo impostatosi come lingua d'arte fra l'aristocrazia.

    Nel 1529 il 10 aprile un tragico accadimento scosse il regno, quando l'erede al trono, suo figlio Andrea Giovanni morì a causa di una violenta polmonite che lo colpì qualche settimana prima.
    Ferrante fece erigere in onore del figlio una cappella funeraria con un cenotafio monumentale, mentre la salma fu traslata nel santuario di famiglia ove sarebbe riposata coi suoi avi.

    Senza figli maschi, l'eredità sarebbe passata a suo fratello ventenne Cosimo.
    Ferrante morì due anni dopo il figlio, per cause ancora da chiarire, forse avvelenato dal suo stesso fratello.

     
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  8. ruten_ita

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    Devo ammettere che nonostante la coalizione del 1505 mi abbia fatto sudare non poco, perchè pensavo che la Franciona bella non sarebbe entrata, invece si e grazie alle sue truppe ho salvato capra e cavoli XD. Per ora la guerra di 15 anni fa per Ancona oltre a portarmi una provincia ha indebolito molto l'austria che a parte fare il galletto può poco (per ora). Vediamo gli sviluppi successivi : P
     
  9. andry2806

    andry2806

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    strappa la ricetta della pizza ai signori del sud!!!
     
  10. ruten_ita

    ruten_ita

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    i furboni sono alleati con la Francia e la Spagna, la vedo dura attaccarli per ora, visto che io vivo perchè ci sono loro a tenermi su. Se anche uno solo di loro si mette contro di me è probabile che collassi molto rapidamente XD
     
  11. andry2806

    andry2806

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    ah...allora ammazza il tempo scalzando tutti i nobilastri e gli stranieri dal nord!
     
  12. Sir Matthew

    Sir Matthew

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    attento alle paci! 33.7 di AE è tanto, piuttosto vassallizza qualcuno invece che prendergli due province in un colpo solo (che in termini di AE costa pure meno)
     
  13. alberto90

    alberto90

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    AAR molto interessante. Peccato per l' italiano spesso impreciso ed errato. Comunque continua così.
     
  14. ruten_ita

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    Ci ho provato ma entrambe le nazioni erano impossibili farle vassalle perchè ancora in possesso di troppi territori. Comunque per quanto riguarda l'AE ho notato che ha un effetto molto inferiore con Francia e Spagna (molto meno sulla Spagna), forse perchè lontane. Inoltre la Francia ha ancora il bonus con me dell'avergli ceduto la Savoia. Gli unici a cui davvero sto sulle scatole sono napoli, svizzera, ungheria, genova, savoia, austria e venezia. Gli altri bene o male sono o neutrali o amichevoli.

    Detto ciò ora dovrò modificare un poco la mia strategia visto che dovrò proiettarmi verso il basso e la vedo molto dura.
     
  15. andry2806

    andry2806

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    ruten, ma come sei messo dal punto di vista diplomatico con Napoli? Sarebbe possibile tentare un unione personale? O pensi che rifiuterebbero il matrimonio? E la vassallizzazione è possibile?
    edit: ho letto solo adesso la tua risposta a sir. Direi proprio che la guerra è l'unica opzione...
     
  16. Sir Matthew

    Sir Matthew

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    per napoli puoi fare così: fabbricati i claim sulle province che ti interessano, poi parti di embargo, pirati, warning ed insulti a manetta. loro alla fine ti attaccheranno, e sperabilmente la Francia dovrebbe entrare al tuo fianco (mi sembra di aver capito che è alleata di entrambe). In generale l'IA tende a schiararsi dalla parte del difensore, quando è alleata ad entrambi i contendenti.
     
  17. ruten_ita

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    Cosimo I Gonzaga-d'Este ( 6 dicembre 1531 - 27 agosto 1582)

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    AMM 3 DIP 2 MIL 5
    Cosimo fu sempre considerato la seconda ruota del carro. Secondogenito, quando suo fratello fu destinato al trono granducale, lui si dovette accontentare dei territori di Ferrara da amministrare in vece di Ferrante. Quando lo stesso divenne Re d'Italia, Cosimo sperò di poter ricevere un titolo maggiore, ma venne frustrato dal destino che lo tenne relegato ad un ruolo marginale.

    La sua rivalsa venne quando Ferrante morì per cause ancora da chiarire, lasciando il trono vacante. Cosimo fu chiamato ad assolvere i propri doveri come erede e venne incoronato re a Roma il 24 dicembre 1531.
    Continuò l'opera lasciata incompiuta dal fratello e terminò la riorganizzazione territoriale. Spostò definitivamente la capitale del regno a Roma ove si insediò in pianta stabile. Da sempre affascinato dall'antichità classica, spese cifre faraoniche per poter recuperare reperti di quell'epoca ed emanò leggi a favore della tutela dei resti romanici nell'Urbe. Iniziò la costruzione di un palazzo sulla cima del Quirinale che sarebbe dovuto diventare nel proprio immaginario il centro nevralgico del regno.

    La costruzione venne affidata a vari architetti insigni dell'epoca e occupò ben vent'anni, costringendo alla demolizione di un'intero quartiere per poter avviare i lavori. Oltre al corpo principale, Cosimo volle che venisse eretta una seconda struttura facente funzioni di Museo, ove potesse custodire i suoi tesori. Cosimo però abbellì anche molte altri importanti città italiane come Firenze, Milano, Modena e soprattutto Ferrara.

    La sua corte presto si riempì di artisti provenienti da tutta Italia e non solo, fra cui ricordiamo Michelangelo, che ebbe il compito di affrescare la cappella reale.
    In ambito militare autorizzò l'uso di pezzi d'artiglieria in buon numero per permettere assedi più rapidi.

    Nel 1538 Cosimo divorziò dalla sua prima moglie Umberta Colonna, convolando a nozze con Margherita di Borgogna, figlia del duca di Borgogna.


    Il 1540 fu anno di grandi guerre in Europa: l'Austria attaccò l'Ungheria come rivalsa per la sconfitta patita anni addietro, molti stati tedeschi iniziarono a lottare fra loro per un motivo o l'altro e l'Inghilterra continuò la sua conquista dei territori scozzesi e irlandesi.

    Sicuro della sua forza, Cosimo decise di porre termine una volta per tutte alla minaccia della Lega di Verona (che per ironia della sorta da 10 anni era diventata città italiana), e nel 1541 venne dichiarata guerra a Genova per il controllo dell'omonima città. Venezia e la Savoia accorsero in aiuto del loro piccolo alleato, mentre l'Elvezia fiutando il pericolo, si era preventivamente tolta dalla coalizione anti-italiana prima della catastrofe.

    Francia e Spagna accolsero le richieste di aiuto del Re di Italia. Le truppe della coalizione, in grave inferiorità numerica vennero battute più volte a Milano e Torino, mentre Genova venne posta d'assedio dallo stesso Cosimo. Un contingente guidato dal generale Guido Uberti venne lanciato contro il trevisano, per evitare che la Serenissima potesse inviare rinforzi nell'entroterra.

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    Il 12 settembre del 1543 Genova firmò la pace di Pavia in cui cedeva la città e i territori liguri all'Italia, insieme a Treviso, strappata a Venezia. Con questo trattato venne sancita l'estinzione della secolare repubblica marinara, inglobata all'interno del Regno d'Italia.


    Cosimo festeggiò la vittoria facendo erigere una colonna monumentale a Genova, fatto non molto gradito ai genovesi, indolenti rispetto al nuovo governo, tanto da prendere le armi e ribellarsi. Ovviamente la rivolta fu repressa ma dimostrò quanto le idee unioniste dei Gonzaga non fossero così accettate dal resto dei popoli italici.

    Qualche anno dopo il Gonzaga dovette fare i conti con la ristrutturazione della flotta regia, formata per lo più da un'accozzaglia di flottiglie dei precedenti stati. Cosimo ordinò l'uniformazione del naviglio in base a degli standard basati sulla flotta genovese, investendo molto denaro in questo progetto.

    In quanto alleata, l'Italia dovette partecipare alla guerra di conquista navarrese fra Spagna e Inghilterra, vinta in poco tempo dalla prima, grazie anche al contributo dell'esercito italiano che impedì uno sbarco di truppe inglesi nei pressi di Burgos.

    Nel 1556 Stefano Gonzaga-Kotromanić salì al potere in Bosnia col nome di Stephen II il quale chiese subito aiuto al parente italiano data la guerra in corso fra il suo paese e la repubblica di Venezia. Cosimo accettò subito, ansioso di infliggere altri colpi letali all'ultima repubblica marinara. Anche Re Luis XII invocò il rispetto dell'alleanza contro l'Austria e i suoi alleati nella guerra per il possesso dell'Artois.

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    Entrambe le guerre furono vinte dagli italiani, in particolare la guerra con Venezia portò all'Italia il controllo del Friuli, ultimo frammento della repubblica nella penisola. Un anno esatto dopo la guerra nacque l'erede al trono Ferdinando Giovanni e sua sorella gemella Giulia. La gioia per l'avere finalmente un erede al trono fu aumentata dal termine dei lavori per la costruzione del suo palazzo. Non pienamente soddisfatto ordinò ulteriori costruzioni secondarie per arricchire il progetto originale.

    Il periodo compreso tra il 1560-1567 fu caratterizzato da una pace più o meno stabile nella regione, garantendo la possibilità a Cosimo di poter potenziare le strutture produttive in tutte le regioni.
    Quando però l'Ungheria minacciò l'incolumità del regno di Bosnia, Stephen chiede di nuovo il supporto di Cosimo che venne concesso.

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    La guerra fu breve e durò tutto il 68, costando poco all'Italia, facendola terminare con una semplice ammissione di sconfitta da parte dei magiari.


    Paco dei suoi successi militari e ansioso di sconfiggere i Savoia, Cosimo lanciò un'assalto su vasta scala, conscio del probabile intervento degli austriaci nel conflitto.

    La guerra iniziò il 1 luglio del 1574 e vide in azione anche la Spagna, alleata dell'Italia contro Savoia, Austria ed alcuni stati tedeschi.

    Dopo alcune battaglie deludenti contro gli austriaci, le truppe italo-spagnole ebbero la meglio e sconfissero i difensori in Liguria, costringendo i soldati dell'arciduca a ritirarsi verso Vienna. La Savoia venne quasi del tutto occupata nell'arco di due anni, mentre il grosso dell'esercito italiano marciò contro i territori tedeschi, schiacciando i nemici a Trento e in Tirolo.

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    Il 28 agosto del 1578, presa atto della terribile sconfitta l'Arciduca Matthias chiese la resa incondizionata che costò a lui Trento e un piccolo risarcimento pecuniaro; mentre ai Savoia il loro unico porto di Nizza.

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    Deciso a terminare la riconquista dell'Italia egli stesso indirizzò tutte le sue forze contro Venezia, per portare la città stessa sotto l'egida reale. Cosimo dichiarò quindi guerra, spronato dal figlio volenteroso di partire per la pugna. Le operazioni iniziarono il 12 marzo del 1580, con le truppe guidate dal principe ereditario.

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    Lo stesso anno però l'erede al trono Ferdinando, patito di caccia fu ferito a morte durante una battuta da un dardo vagante. La sua agonia perdurò per qualche giorno fra febbri e deliri dovuti dall'infezione della ferita e nemmeno salassi e spurghi poterono nulla.

    Questa morte improvvisa e inopportuna del figlio che non aveva ancora dato alla luce alcun figlio, provocò grande turbamento nel regno. L'eredità infatti sarebbe passata nelle mani di sua figlia maggiore Giulia, sposata con il terzogenito del re di Spagna, don Juan de Trastámara. Giulia però, già morta al periodo della crisi di successione aveva lasciato un figlio di nome Felipe che di fatto divenne erede al trono d'Italia.

    Nonostante il tentativo in estremo di procreare un altro figlio legittimo, la tempra del re cedette e morì di vecchiaia nel suo palazzo a Roma. Gli succedette quindi Felipe col nome imposto di Pietro Leopoldo.

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  18. bacca

    bacca

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    Ora vai di Unione, il trono di Spagna ti spetta!
     
  19. ruten_ita

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    bah io sono davvero triste che si sia estinta la dinastia in italia e continui in quel botolo di stato che è la Bosnia mah i misteri della vita.
     
  20. ruten_ita

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    Pietro Leopoldo I Filippo Trastámara y Gonzaga ( 7 dicembre 1583 - 10 aprile 1612)

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    AMM 3 DIP 4 MIL 4
    Una settima dopo la morte di Cosimo i nobili italiani si riunirono a Roma per decidersi sul da farsi. Alcuni di loro si dimostrarono pronti a smembrare il regno nei precedenti ducati, altri ancora a creare una sorta di monarchia elettiva; ma alla fine la maggioranza votò per l'insediamento di Felipe Trastámara.

    Dopo l'incoronazione e l'imposizione del nuovo nome Pietro Leopoldo, vennero poste alcune condizioni a cui il re avrebbe dovuto sottostare e che su consiglio dei suoi aiutanti ratificò. Pietro si trovò subito davanti molti problemi di svariata natura: parlando solo spagnolo e non essendo intenzionato ad impararlo, non riuscì mai pienamente a comunicare coi suoi sudditi se non tramite interpreti; il suo temperamento molto religioso lo portò a cozzare spesso contro le idee umanistiche dell'aristocrazia.

    In più la guerra contro Venezia era ancora in corso e andava risolta in fretta. Con l'occupazione dell'Istria e la sconfitta della flotta venezia, finalmente il doge si convinse a trattare la pace con gli emissari italiani che venne siglata a Treviso il 19 marzo del 1584.

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    Poco dopo la fine della guerra Pietro dovette sostenere la rivolta nobiliare il cui scopo sarebbe stato la sua deposizione. Dopo un'accanita battaglia nei pressi di Piacenza i ribelli furono dispersi e i nobili giustiziati.
    Un'altra importante rivolta fu quella dei mercanti veneziani, intolleranti verso il nuovo governo centralizzato.
    Pietro inviò l'intero esercito italiano che presto ebbe la meglio sui coraggiosi ma disorganizzati veneziani.

    Con queste vittorie il sovrano si sentì autorizzato e revocare i privilegi elargiti pochi anni prima. Ciò porto ad un altro intenso anno di rivolte su vasta scala represse col sangue.
    Il suo regno fu anche segnato dall'espandersi della riforma protestante nell'impero e quindi anche in Italia. Le regioni più colpite furono il Trentino e il bresciano. Pietro, fervente cattolico sin dal principio tentò di sradicare questa eresia dalle sue terre.

    Non volendo vivere in palazzo così pieno di amenità pagane, Pietro ordinò la costruzione di una nuova reggia fuori le mura Aureliane. Questo sarebbe diventato il suo eremo privato ove il sovrano si ritirava per pregare insieme ai suoi cappellani, cercando la parola di dio in segni e visioni.

    Istituì col consenso del Papa i tribunali per la moralità e sguinzagliò per tutto il territorio gli inquisitori. Se i sovrani precedenti mostrarono sempre una certa tolleranza, se non simpatia per altre religioni, Pietro diede prova di grande fanatismo. In virtù delle sue credenze aiutò l'imperatore Albrecht di Brandeburgo in ben due guerre contro il regno protestante boemo nel tentativo di convertirlo di nuovo al cattolicesimo. Tali guerre, oltre ad essere

    In concomitanza con l'istituzione dei tribunali religiosi, impose il primo reale censimento della popolazione, inviando i propri emissari in tutti i paesi dell'Italia per stilare un dettagliato elenco dei possibili candidati per la leva militare. Riorganizzò l'esercito su modello di quello castigliano, adottando la formazione detta tercios.
    Confiscò le terre e i beni di tutti i nobili ribelli o sospettati di aderire alle idee della riforma. Alla seconda rivolta di Venezia avvenuta nel 1587 ordinò che la città venisse punita. La città lagunare pagò a carissimo prezzo quest'ultima ribellione e ci sarebbero voluti decenni prima che si fosse potuta riprendere. Indagine accurate appurarono che i finanziamenti dell'ultima rivolta avessero avuto origine dalla ormai solo nominalmente repubblica di Venezia e per questo Pietro giurò vendetta nei loro confronti.

    Il 1589 a causa di svariati problemi interni la monarchia ispanica capitolando e i nobili, riuniti in una grande cortes dichiararono la creazione della grande Repubblica Iberica. I Trastámara di Spagna furono imprigionati a vita, privandoli di ogni bene e diritto.

    Pietro proclamò subito i suoi diritti sulla corona spagnola, e la volontà di farli valere al più presto. Per tutta risposta il nuovo stato tranciò tutti i legami con l'Italia, stringendo invece quelli col regno di Napoli.
    Pietro fu indignato a tal punto da questo atto che decise di agire per punire tale oltraggio alla sua persona. Stretta un temporaneo trattato di alleanza con Augusta, da sempre nemica dei napoletani, dichiarò guerra. Ad aiutare Napoli accorsero oltre che alla repubblica spagnola anche Ungheria e Polonia.

    Le truppe italiane marciarono verso gli Abruzzi, cingendo d'assedio l'Aquila e attendendo la reazioni di Napoli. I napoletani avanzarono a marce forzate per intercettare il nemico, insieme ad un contingente magiaro che però venne sconfitto a Teramo e costretto alla ritirata verso la città di Napoli, incalzato dal grosso dell'esercito italiano guidato da Pietro stesso.

    Intercettati alle porte del capoluogo partenopeo, l'esercito napoletano-ungherese venne distrutto e disperso, ponendo d'assedio la città stessa. Nel frattempo un tentativo di sbarco da parte degli spagnoli venne funestato dalla flotta italiana, costringendo alla ritirata gli iberici. Impossibilitati a inviare rinforzi tramite mare e terra, Napoli presto cadde nelle mani del re d'Italia, che suddivise la sua armata in modo da occupare gran parte del territorio nemico, Sicilia a parte.

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    Presto gli emissari castigliani si presentarono alla corte di Roma per contrattare una tregua. Le posizioni italiane erano insindacabili: Napoli avrebbe dovuto cedere gli Abruzzi, mentre la repubblica castigliana avrebbe dovuto recidere ogni rapporto con i napoletani stessi.

    Nonostante le reticenze del Re di Napoli stesso, gli spagnoli accettarono prontamente la proposta di pace.
    Da questa guerra la Spagna uscì indebolita nel prestigio e nella credibilità, al contrario dell'Italia, ora osservata con timore dalla maggior parte degli stati europei al pari delle altre grandi potenze. Come contratto collaterale suo figlio primogenito Ferrante sposò la figlia del re napoletano Costanza, al tempo unica erede al trono della Sicilia citeriore

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    Pietro ottenne inoltre dal papa il titolo di Maestà Cattolica, precedentemente detenuto dai sovrani di Spagna e il permesso di rivendicare il trono spagnolo in quanto parente più prossimo dell'ultimo re, Juan III Trastámara.
    Verso il 1606 la maggior parte della popolazione non cattolica era sparita scappata o convertita con la forza e il piano di unificazione religiosa del Re potè dirsi completo.

    Come promesso, Pietro organizzò l'attacco alla Serenissima e il 10 marzo 1608 lanciò una poderosa offensiva contro l'Istria, ultimo baluardo veneziano sul continente.

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    Già affetto da anni di cancro, vide le sue condizioni di salute deteriorarsi sino a portarlo in coma il 26 marzo del 1610. Due settimane dopo il sovrano morì. Gli succedette suo figlio Ferrante Ludovico.



     

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