DISSENTO! mi èscappato il maiuscolo. l'IdV ha caricato gente di ogni risma che spesso ha cambiato bandiera appena faceva comodo. PS: era stato Prodi a dare dei coglioni agli elettori della parte avversa? si, mi sembr a di si
no era stato silvio: Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse. (Roma, assemblea degli associati di Confcommercio, 4 aprile 2006) Prodi aveva detto che viviamo in un paese impazzito, che non pensa al domani , in occasione della discussione sulla finanziaria 2007. il senatore Di Gregorio è uscito dall' IDV dopo essersi astenuto dal voto sull' indulto. dal giugno 2007 è indagato per riciclaggio e favoreggiamento della camorra nel settembre 2007 entra nel PDL
DiPietro non è la conseguenza di Berlusconi, era già attivo durante la stagione di Tangentopoli poi dopo è entrato in politica e questo è già improprio, è legittimo un PM fare politica ? si sa che non se ne va da solo, avendo lavorato nella magistratura durante la delicata fase di trapasso dalla prima alla seconda repubblica ha gli strumenti e amicizie e legami con l'ambiente per ricattare e condannare e isolare ( e talvolta indurre al suicidio ) personaggi politici di varia estrazione per proprio tornaconto ( tenendo conto che DiPietro attaccò duramente anche a sinistra sopratutto in un inchiesta contro D'Alema ) poi DiPietro si richiama al rispetto del Presidente della Repubblica ma talvolta si prese la libertà come appunto quando Napolitano firmò lo scudo fiscale ( che tra l'altro al di là dei contenuti etici riporta in patria minimo 5 milioni di euro ) e D'Alema criticò gli attacchi di DiPietro come "pretestuosi" e lui rischiò di essere accusato di reato di vilipendio ( cosa stranamente lasciata cadere ) a parte questo DiPietro ha un figlio invischiato in una faccenda di appalti nel Napoletano e attacca i magistrati napoletani affermando che l'Italia non è un paese normale e che le informazioni a suo riguardo sono distorte ( se l'avesse detto Berlusconi, apriti cielo ! )... e ancora quando parla di "poveri da difendere" si dimentica che lui è proprietario di diversi appartamenti e stato sotto inchiesta per questo e la sua stessa IDV è nato piuttosto per accapparsi i rimborsi elettorali a beneficio anche della moglie Silvana Mazzoleni e di Silvana Mura mascherando l'associazione in partito e l'inchiesta è attualmente chiusa ma senza l'avallo di Giancarlo Amato nel 2003. a riguardo dello scandalo della Calabria in cui sono stati coinvolti nel 2007 Mastella e Prodi e DeMagistris fu rimosso dalla procura di Catanzaro, il retto DiPietro si lamentò a riguardo delle indagini a danno del Governo "lo stato di diritto finisce nel momento in cui si mina l'indipendenza e la terzietà della magistratura, E minare lo stato di diritto potrebbe anche portare a capolinea il governo in carica" ( proprio lui ! ) e Mastella gli ricordò candidamente che un certo inquisito ( Giancarlo Gorrini )di Mani Pulite aveva regalato un bel mercedes e 100 milioni di euro a DiPietro inoltre uno dei uomini dell'IDV ( Americo Porfidia ) è stato indagato per rapporti con la mafia in Caserta nel 2005 e nonostante ciò si è rifatto vivo come candidato nel 2008 dal partito un altro dell'IDV, Mario Buscaino, sindaco di Trapani inquisito per associazione mafiosa nel 1998 con i boss Virga e Santapaola riguardo allo smaltimento dei rifiuti. una certa consigliere comunale Giuliana Carlino inquisita per truffa riguardo alle firme elettorali a Genova insieme a Gustavo Garifo e Andrea Proto sulle multe e firme false usando i morti... Paride Martella inquisito per un inchiesta sulla società "acqualatina" e si scopre che viene indagato un amico di DiPietro, Elio Vetri. DiPietro infine ha partecipato a comizi con il sindaco Franco la Rupa di Amantea indagato nel 2005 per brogli elettorali e poi coinvolto in associazione mafiosa. DiPietro si oppose all'arresto dopo l'operazione "Omnia" e "Nepetia" nonostante La Rupa avesse clamorosamente favorito la cosca Gentila della Ndrangheta. Maurizio Feraudo, consigliere regionale della Calabria dell'IDV, coinvolto in favoreggiamento e solidarietà all'inquisito Pietro Giamborino nell'inchiesta antimafia "Rima"... infine esce dall'UDEUR e traghetta all'IDV un certo Ennio Giuseppe Morrone indagato per mafia sull'inchiesta della Salerno.Reggio-Calabria nel 2003 e DiPietro presentò al senato come candidato Giuseppe Soriero indagato per associazione mafiosa a Gioia Tauro... a proposito di piduisti tanto braccati, nell'IDV c'è Pino Aleffi tessera 762 a proposito di P2, si parla tanto di caccia ai mostruosi piduisti ma com'è che allora si compiange Maurizio Costanzo,Alighiero Noschese e Carlo Albero Dallachiesa sopratutto quest'ultimi assassinati dalla mafia, essi non erano iscritti al P2 ? e poi si parla di P2, ma non sarebbe altrettanto un organizzazione poco trasparente quella dei finanziamenti e supporti sovietici ( con relativi canali di informazione ) di vario genere al PSI ( Zavlasky, scomparso di recente, scrisse che Nenni aspettava aiuti di grano sovietico e carbone polacco per il '48 ) e PC negli anni '40 e '50 ( e mai cessati fino al '91 )? comunque sia ci sono due cose non normali: D'Alema disse che ci sarebbe stata "una scossa" per il Governo ancora prima che venisse fuori ...fuga di informazioni che sarebbero dovute rimanere sotto segreto istruttorio? e infine DiPietro più volte ha detto "se ne deve andare,altrimenti ci scappa il morto"..non è forse un istigazione alla violenza ? infine un altra cosa...com'è che si accusa il giovane di "lesioni" quando sarebbe più giusto porre l'accusa di "omicidio preintenzionale" ?!? :humm: mica è andato per far del male...quell'oggetto avrebbe potuto provocare traumi crani ben più seri comunque sia non voglio "provocare"..altrimenti ci scappa un morto per davvero!
Si ma faceva il PM :V E' legittimo per un imprenditore (in odore di inchiesta, ma vabbè) fare politica, senza dismettere i suoi interessi economici? :V Supposizioni mai neanche investigate, mentre sugli "agganci" di Berlusconi ci sono copiose fonti e altrettante inchieste. E qui ti do almeno parzialmente ragione. Del resto non ricordo di aver mai detto di apprezzare Di Pietro, di sicuro non ho in lui la fiducia che tu hai in Berlusconi, accusato personalmente di fatti ben più gravi, per non parlare dei compagni dentro e fuori al partito... Cioè, Di Pietro non è nemmeno di sinistra :V sta a sinistra perché è contro B, del resto a lui penso freghi niente. Esiste perché esiste B, senza di lui non ha un programma, non ha niente. Vogliamo tirare di nuovo fuori la brillante commissione Mithrokin? ? Ma veramente è il contrario Perché è una cazzata? Se avesse voluto uccidere si sarebbe portato dietro ben altro che non un souvenir
non vedo che cosa ci sia di strano se un PM fa politica: negli USA, in UK, e in tutte le altre nazioni in cui c'è la figura del PM è una cosa normale. Solo in italia ci si interroga. Forse che sia una polemica unpo strumentale di chi grida al complotto? lo scudo fiscale (secondo le giubilanti affermazioni di 3monti) di miliardi ne ha riportati oltre 80, di cui 4 finiti nelle casse dello stato. E i suoi commenti sullo scudo fiscale, non hanno fatto altro che esprimere i sentimenti degli italiani che le tasse le pagano. e il piffero i contenuti etici non hanno importanza. Per le sue dichiarazioni è stato indagato e l' inchiesta è stata archiviata "perchè non si trattava di offese gratuite, ma nell' esercizio del diritto di critica" Di Pietro non ha 4 TV e 2 giornali per rispondere alle accuse. Quando ha ricevuto un avviso di garanzia, si è ritirato dalla vita politica, per poi rientrarvi una volta assolto. e al giornale che gli chiedeva spiegazioni sugli appartamenti, in 10 domande, non ha querelato il giornale. ha semplicemente riposto a beh. se lo dice Mastella. e per le indagini: si lamento per gli ispettori che il ministro della giustizia, mastella appunto, invio per verificare l' operato dei magistrati che indagavano su di lui Porfidia si è autosospeso da tutte le cariche nel momento in cui indagato. e si è rifatto vivo nel momento in cui le accuse sono cadute ha ricevuto due avvisi di garanzia ma mai diventuti rinvii a giudizio per l' inconsistenza delle accuse quarda che le firme elettorali erano per liste collegate alla Mussolini non per l' IDV Pino Aleffi è stato eletto nelle file di Forza Italia. è stato candidato per l' IDV, candidatura caduta quando è venuta fuori la sua iscrizione a... il fratello Romano Dalla Chiesa era iscritto alla P2. Sul generale ci sono solo insinuazioni di Cossiga, mai supportate da prove o documenti Maurizio Costanzo da chi è stipendiato? ce ne sono tante di cose non normali. stranamente Chicchitto si dimentica di Grillo. che con B. proprio tenero non è. forse perchè B. sostenne a suo tempo: "Grillo lavora per noi?" altrettanto stranamente ci si sposta sempre dall' oggetto al personale sostenendo se silvio è un... anche gli altri non sono santi. comodo. omicidio preterintenzionale è quando tu uccidi una persona senza averne le intenzioni. es. spingi uno, questo cade, batte la testa e muore. Non volevi ucciderlo ma solo ferirlo. se gli contestano la premeditazione non possono accusarlo di omicidio prete... gli contestano lesioni aggravate dal C.P. art 56, perchè a differenza del tentato omicidio che andrebbe provato, sono palesi e possono chiedere la custodia cautelare immediatamente.
il governo precedente se lo è tenuto con tutti gli ex-democristiani comunque sia...( dorrier mitrokin non ho citatoe riguardo a Nenni e i finanziamenti ma io mi riferisco ad un recente volume "lo stalinismo e la sinistra italiana. Dal Mito dell'URSS alla fine del comunismo" Mondadori 2009 Viktor Zaslavsky ) comunque sia.... LA RESISTENZA E' TORNATA!!!!!! http://www.youtube.com/watch?v=0kiKV4p2rj0
1) non è normale un PM che fa politica dopo una stagione che ha sconvolto la prima repubblica e ne è stato protagonista, poi si può dire che sia corretto o meno come lo si può dire se un imprenditore possa fare politica o meno.. 2) non ha querelato? strano..il Giornale si buscò la querela di 400 milioni di lire a favore di DiPietro...e lo stesso giornale Repubblica indicò che di querele ne ha fatte ben 357 ) e disse "Querelerò il Giornale. Non è la prima volta. L’ha fatto ridosso delle elezioni del 2006, del 2008 e ora a ridosso delle europee e amministrative di giugno. E io, come sempre, farò la mia querela!" riguardo sempre agli scandali dei suoi appartamenti... 3) nell'inchiesta della mercedes e dei 100 milioni fra il 1996-1997 DiPietro non rispose alle domande e fu assolto e la sentenza depositata il 10 marzo 1997: alcuni stralci della sentenza: "Di Pietro ammette di aver usufruito del prestito di cento milioni… fu reso edotto dell’identità dell’erogatore del prestito (Gorrini, nda) quanto meno sin dal 1992. E’ Di Pietro stesso a dirlo: “Io ho avuto modo di parlare con Gorrini della vicenda dei 120 milioni (100 più i 20 della Mercedes) nel 1992, allorché venne a trovarmi in ufficio…” Di Pietro ebbe coscienza e consapevolezza della persona che aveva provveduto all’esborso di cento milioni fin dall’inizio… Non si spiegherebbe, seguendo l’impostazione di Di Pietro, la telefonata di ringraziamento a Gorrini dopo la restituzione ( ... ) E’ indubbio che i fatti raccontati da Gorrini si erano radicalmente verificati», ossia «la prestazione di attività lavorativa di Cristiano Di Pietro a favore della Maa, l’assegnazione di alcune cause a Susanna Mazzoleni da parte della Maa, l’erogazione di un prestito a Di Pietro, la cessione a Di Pietro di un’autovettura recuperata dalla Maa e trasformata da Di Pietro stesso in prestito" (...) "Pagina 153: «Di Pietro vende sostanzialmente un’auto che non gli appartiene, trattenendo i soldi»… Di Pietro vendette la Mercedes a Lucibello… con ogni probabilità non al prezzo di favore a lui accordato, cioè venti milioni, ma al reale valore di mercato, ovvero cinquanta milioni… ciò che in origine era un’iniziativa per l’acquisizione a buon prezzo di un’autovettura, diviene, senza soluzione di continuità, un’operazione per l’acquisizione a titolo di prestito della somma conseguita dalla vendita dell’auto medesima… Di Pietro cercò di occultare il prezzo reale dell’auto». DiPietro entra in politica uscendone sano e salvo dall'inchiesta...il rapporto della sentenza comunque afferma che: "I fatti si erano realmente svolti ed alcuni rivestivano caratteri di dubbia correttezza, se visti secondo la prospettiva della condotta che si richiede a un magistrato», trattasi insomma di «aspetti di indubbia discutibilità». Pagine 151 e 152: Questi episodi «rischiavano di prospettare agli inquirenti un sistematico ricorso di Di Pietro ai favori di Giancarlo Gorrini, il quale, peraltro, alla data del novembre 1994 risultava già condannato per appropriazione indebita». «Ne viene fuori un quadro negativo del’immagine di Di Pietro… fatti specifici che oggettivamente potevano presentare connotati di indubbia rilevanza disciplinare». Pag. 152: «In conclusione può quindi ritenersi che Di Pietro era particolarmente attratto fin dal maggio del ’94 da investiture politiche. La prova sul punto è fornita proprio da quella primitiva disponibilità espressa da Di Pietro rispetto alla proposta di Berlusconi, rivelandosi ciò non solo da dichiarazioni dell’imputato Previti, ma anche dalla circostanza dell’incontro a Roma. Un incontro personale, poco compatibile con un rifiuto indiscriminato e generalizzato a qualsiasi incarico politico… D’altronde, Di Pietro manifestò al collega Davigo, che aveva ricevuto per parte sua un’offerta per il ministero di Grazia e Giustizia, un’indecisione in merito alla proposta del Polo, significando, perciò, una disponibilità concreta ad accettare. Ma Di Pietro era interessato, in alternativa, anche all’assunzione di autorevoli e prestigiosi incarichi istituzionali, e infatti di una tale possibilità parla con Previti nel corso del precitato incontro… Una volta conosciuti da parte dei suoi colleghi gli interessi politici che andava coltivando e rafforzando, questi avrebbero potuto sospettarlo di duplicità per non aver condotto con la sua tradizionale veemenza la discussione e la decisione contro Berlusconi. Insomma, un’immediata partecipazione di Di Pietro al procuratore e agli altri colleghi delle prospettive che gli si aprivano… avrebbe potuto inquinare quella sua indiscussa leadership all’interno e all’esterno del pool, con consequenziali ripercussioni nell’immagine esterna, e avrebbe potuto indurre i colleghi a renderlo sempre meno partecipe dell’attività giudiziaria in vista di un suo preannunciato abbandono». Pagina 150: «Il complesso della narrazione era tale da creare una qualche preoccupazione in tal senso in Di Pietro, e ciò anche per alcuni risvolti non certo trasparenti che a quelle vicende si erano accompagnati». ( pg 154-156 ) e continua : " pag 169 – 180: «In conclusione può quindi ritenersi che Di Pietro era particolarmente attratto fin dal maggio del ’94 da investiture politiche. La prova sul punto è fornita proprio da quella primitiva disponibilità espressa da Di Pietro rispetto alla proposta di Berlusconi, rivelandosi ciò non solo da dichiarazioni dell’imputato Previti, ma anche dalla circostanza dell’incontro a Roma. Un incontro personale, poco compatibile con un rifiuto indiscriminato e generalizzato a qualsiasi incarico politico, ben collima con la prospettazione dei fatti da parte di Previti. D’altronde, Di Pietro manifestò al collega Davigo, che aveva ricevuto per parte sua un’offerta per il ministero di Grazia e Giustizia, un’indecisione in merito alla proposta del Polo, significando, perciò, una disponibilità concreta ad accettare. Ma Di Pietro era interessato, in alternativa, anche all’assunzione di autorevoli e prestigiosi incarichi istituzionali, e infatti di una tale possibilità parla con Previti nel corso del precitato incontro. Accetta di buon grado l’offerta del collega Ghitti, prima giudice delle indagini preliminari di Milano e già dalla seconda metà del 1994 componente del Consiglio superiore della magistratura, di verificare la disponibilità di incarichi, anche all’estero, per un collocamento fuori ruolo della magistratura. Altri eventi si allineano con una strategia personale della parte offesa di uscire dalla magistratura. La ferma presa di posizione di Di Pietro sul provvedimento varato dal ministro Biondi in materia di custodia cautelare e le proposte avanzate al convegno di Cernobbio sui modi per definire Tangentopoli evidenziano chiaramente questo sempre più marcato orientamento di Di Pietro ad assumere iniziative e posizioni più confacenti a un esponente politico che a un magistrato. In definitiva, Di Pietro sente su di sé il ruolo assunto nell’opinione pubblica, ruolo che va oltre i limiti della stretta funzione giudiziaria, essendo sempre più forte la sua rappresentazione, anche attraverso la stampa, come quella di un leader; ha piena consapevolezza del vasto consenso popolare che riscuote la sua azione e di quanto sia ascoltata la sua voce, in qualsiasi ambiente manifesti il proprio pensiero, soprattutto quando affronta i temi della corruzione: ha coscienza che qualsivoglia tentativo di aggressione nei confronti della sua correttezza professionale avrebbe dovuto fare i conti, innanzitutto, con i movimenti di piazza, sicché sarebbe stato destinato al fallimento. Questi presupposti rendevano legittime le aspirazioni di Di Pietro a un ruolo corrispondente al consenso popolare, e un tale ruolo non poteva che essere politico, ovvero un prestigioso incarico nell’ambito della pubblica amministrazione. Non è un caso che la stampa dibattesse sulla sua candidatura in occasione delle competizioni elettorali di quel periodo, come non è un caso che lo stesso Di Pietro fosse vaticinato come futuro leader della destra. I nuovi interessi che si affacciavano all’orizzonte del magistrato, resi concreti da quei fattori storici di indubbia verità, acquisivano gradualmente corpo, in una sorta di escalation senza soluzione di continuità;è quindi particolarmente arduo separare una condotta antecedente alle preannunciate dimissioni del 6 dicembre da una condotta a queste successiva. Pertanto aumentano progressivamente i contatti, i colloqui e gli incontri di di Pietro con gli esponenti di tutte le forze politiche, le collaborazioni a settimanali e quotidiani, lanciando il suo programma del partito degli onesti, le iniziative per la costituzione di un nuovo movimento politico, che gran risalto ottiene sulla stampa, la successiva decisione di ritardare l’impegno attivo nella politica fino alla definizione delle inchieste condotte dal pubblico ministero Salamone, infine l’accettazione dell’incarico governativo di ministro dei Lavori pubblici nella compagine dell’Ulivo. Contrafforte di questa scelta è la presa di distanza della parte offesa dalla sua precedente attività giudiziaria. Il riferimento è al contenuto del colloquio intercorso tra Silvio Berlusconi e Di Pietro nel febbraio 1995. In particolare, nel corso della trasmissione televisiva «Tempo reale», Silvio Berlusconi dichiarò che in occasione di quell’incontro Di Pietro gli aveva manifestato il suo dissenso rispetto alla decisione, assunta dai componenti del pool della Procura di Milano, di inviargli l’invito a comparire notificato nel novembre 1994. Immediata fu la reazione del procuratore Borrelli, che contattò telefonicamente Di Pietro per un chiarimento sul punto e per l’assicurazione di una futura smentita, che in effetti ci fu nei giorni successivi. La vicenda, però, non esaurì i suoi strascichi perché da un lato ci fu un inasprimento dei rapporti tra Di Pietro e gli altri componenti del pool, a cui si cercò di porre riparo con una cena pacificatrice che però non risolse tutti i dubbi sui reali contenuti del colloquio Di Pietro / Berlusconi, dall’altro ci fu l’interruzione dei rapporti tra Di Pietro e i maggiori rappresentanti del Polo, fino a quel momento idilliaci. A ogni buon conto in sede processuale Antonio Di Pietro ha smentito di aver detto a Silvio Berlusconi quanto da lui riferito, perché, sostiene, il colloquio ebbe a oggetto soltanto il suo eventuale schieramento politico. In ordine all’episodio si impongono alcune brevi osservazioni. Preliminare è la verifica dell’atteggiamento assunto da Di Pietro nel corso delle riunioni del pool finalizzate alla decisione se procedere o meno nei confronti del presidente del Consiglio Berlusconi nell’ambito delle indagini su fatti di corruzione ascritti al gruppo Fininvest. Orbene, ritiene il Collegio che non possa dubitarsi che Di Pietro fu uno dei principali sostenitori dell’idoneità degli elementi d’accusa raccolti nei confronti di Silvio Berlusconi, e non solo per iscriverlo nel registro degli indagati, ma anche per otenerne il rinvio a giudizio e la futura condanna. La questione era stata oggetto di alcune riunioni… Più precisamente nelle riunioni di maggior rilievo, svoltesi il 14 e il 18 novembre e precedute dalla distribuzione da parte di Di Pietro di un faldone contenente tutti gli atti riguardanti Berlusconi, si trattò sia la questione se vi fossero elementi per l’iscrizione (ma sulla bontà degli elementi raccolti per procedere a un’iscrizione non vi erano dubbi), sia le modalità procedurali da seguire. In proposito Di Pietro, motore dell’azione perché meglio di tutti gli altri conosceva gli atti d’indagine, unitamente a Davigo, sosteneva che occorresse procedere, contestualmente all’iscrizione nel registro degli indagati, all’invio di un invito a comparire, dal momento che l’iscrizione nel registro non sarebbe rimasta segreta per molto tempo e la divulgazione anticipata della notizia avrebbe potuto pregiudicare l’inchiesta. Altri, come il procuratore aggiunto D’Ambrosio e il dottor Greco, erano più prudenti e ritenevano opportuno attendere (era in corso di dibattito, appunto, la legge finanziaria), preoccupati per le fughe di notizie e le scontate accuse di strumentalizzazioni. Alla fine Di Pietro riuscì a convincere tutti i componenti del pool di procedere all’iscrizione e all’invio dell’invito a comparire, perorando con vivacità la propria tesi e comprovando, in una sorta di interrogatorio simulato, la fondatezza dell’accusa. Si decise anche che all’interrogatorio di Berlusconi avrebbero proceduto Borrelli, Di Pietro, Davigo, e Colombo, mentre Greco avrebbe interrogato contemporaneamente l’avv. Berruti. In ogni caso era scontato, hanno concordemente riferito i testi, che il rappresentante dell’accusa in un eventuale dibattimento sarebbe stato Di Pietro. I fatti che seguirono appartengono alla storia nazionale più recente: il 21 novembre Silvio Berlusconi venne iscritto quale indagato e il 22 novembre gli fu notificato l’invito a comparire. Ciò posto, la valutazione successiva è la verosimiglianza delle affermazioni di Berlusconi alla precitata trasmissione televisiva. Osserva il Tribunale che risultano acquisti al dibattimento elementi univocamente convergenti nel senso di una veridicità di quanto dichiarato da Berlusconi. Intanto gli stessi colleghi di Di Pietro non hanno mai ricevuto da questi una risposta satisfattiva, nonostante le pressanti richieste di chiarire una volta per tutte il reale contenuto di quel colloquio e, soprattutto, se aveese mai detto di non aver condiviso la scelta della Procura di inviare a Silvio Berlusconi l’invito a comparire. Si rammenti che la cena organizzata, presso l’abitazione del dottor Colombo, nella primavera del 1995, al fine specifico di chiarire la situazione creatasi dopo quelle dichiarazioni pubbliche, non sortì l’effetto sperato perché non vennero sciolti i dubbi iniziali e rimase il sospetto della veridicità di quanto affermato da Berlusconi. E proprio questo difetto di chiarezza di Di Pietro sul punto avvalora indiziariamente quanto sostenuto, in altre sedi, da Silvio Berlusconi. In secondo luogo, il teste Cossiga ha riferito anch’egli di aver percepito, da ciò che gli disse di Pietro nel corso di un colloquio avuto nel gennaio del 1995, un suo disagio a condurre l’interrogatorio di Berlusconi, e comunque che non aveva gradito che fosse stato designato a condurre il precitato interrogatorio. La deposizione del senatore Cossiga conferma, a livello indiziario, un atteggiamento di Di Pietro di allontanare da sé, subito dopo l’uscita dal pool e nella fase transitoria prima di entrare operativamente nell’attività politica, l’idea che l’invito a comparire fosse da attribuire principalmente a una sua iniziativa. E’ vero che l’interessato ha in sostanza smentito quanto detto dal teste, ma la risposta è incerta e vaga ( ci si limita a contestare il corretto uso del termine “costrizione“ usato da Cossiga), e comunque vale ribadire la minor valenza probatoria di queste dichiarazioni, sia perché provenienti da un soggetto citato ai sensi dell’art. 210 c.p.p., e perciò valutabili secondo il criterio di cui all’art. 192 c. 3 c. p. p., sia e soprattutto perché il dichiarante ha rifiutato di sottoporsi all’esame, con ciò sottraendosi al contraddittorio processuale delle parti e del giudice… In conclusione, gli elementi indicati sono univoci per ritenere che in quel’occasione Di Pietro manifestò a Silvio Berlusconi una sorta di strisciante dissenso o, comunque, di non piena adesione a quell’atto giudiziario che tante polemiche aveva suscitato. Si può certo ipotizzare un’accentuata enfatizzazione dell’episodio da parte dell’interlocutore Berlusconi, ma le risultanze probatorie dibattimentali non consentono di negare il fatto in radice. E la motivazione del magistrato per l’assunzione di un tale attegiamento, chiaramente in antinomia con la realtà dei fatti, è spiegabile proprio nell’ambito di quel crescente attivismo politico, di cui si è detto, e della ricerca iniziale delle probabili alleanze. Sulla base delle risultanze dibattimentali sopra analizzate, può legittimamente e fondatamente affermarsi che Di Pietro, vuoi per la stanchezza fisica e psicologica maturata a causa deglia anni di intenso lavoro e degli attacchi ormai ripetuti nei suoi confronti, vuoi soprattutto per un crescente desiderio di divenire soggetto protagonista della vita politica o, quanto meno, di acquisire iniziali posizioni verticistiche di organi istituzionali (posizioni che, comunque, per la delicatezza del ruolo e delle funzioni avrebbero richiesto il beneplacito delle forze politiche governanti), aveva maturato nell’autunno del 1994 il preciso proposito di abbandonare l’attività giudiziaria all’interno del pool, se non addirittura la magistratura. E si trattava di un proposito maturato, nella prospettiva professionale dell’interessato, già da qualche tempo, e precisamente dalla primavera del 1994. Innanzitutto è la moglie di Di Pietro a collocare nella primavera del 1994 i primi discorsi del marito sull’uscita da quelle indagini appena dopo la fine del processo Enimont, e la teste conferma quale causa di questa decisione tutte le motivazioni in vario modo esposte da Di Pietro (stanchezza, pesante coinvolgimento della famiglia e così via). Ma ancor più significativo risulta in proposito il colloquio avvenuto nell’aprile del 1994 tra Di Pietro e Ghitti, all’epoca ancor giudice per le indagini preliminari di Milano, allorquando al preannuncio di Ghitti di una sua possibila canditatura per il Consiglio superiore della magistratura, Di Pietro gli consigliò di accettare, essendo anch’egli intenzionato ad andarsene dopo il processo Enimont. Di Pietro giustificò questa sua futura scelta con la fine di Mani pulite, intendendo dire, come più chiaramente in seguito si esprimerà con i colleghi del pool, che la fine dell’inchiesta era conseguente alla conclusione del processo (Enimont, ovviamente) che aveva visto tra gli imputati tutti i maggiori rappresentanti politici di quella che ormai, con linguaggio giornalistico, è denominata Prima Reppublica. Questi concetti saranno ribaditi nella riunione del 30 novembre o del 1 dicembre 1994, presenti Borrelli, Davigo, Colombo e Greco, nel corso della quale verrà ufficializzata la decisione delle dimissioni anche agli altri componenti del pool, e nell’occasione risulterà vana la dura presa di posizione di Borrelli nei confronti di Di Pietro per convincerlo a desistere da quell’intenzione. In quella riunione Di Pietro riaffermò che Mani pulite era finita, l’acqua non arrivava più al mulino, intendendo l’esaurimento delle fonti informative, e che occorreva scendere da cavallo prima di essere disarcionati, addirittura invitando tutti i colleghi ad assumere decisioni analoghe alla sua. Quest’ultima affermazione, poi, rende palese il desiderio di lasciare l’incarico giudiziario nel momento di massima popolarità, e ciò non poteva che essere funzionale e strumentale a un successivo sfuttamento di questa popolarità che avrebbe raggiunto l’apice con la requisitoria del processo Enimont. L’intento manifestato già ad aprile trova un riscontro nell’accelerazione che Di Pietro impresse al processo Enimont nel periodo immediatamente successivo, invitando anche Ghitti a una sollecita fissazione dell’udienza preliminare. Certo, la deposizione del teste Ghitti non risolve il nodo se Di Pietro all’epoca avesse maturato l’idea di uscire dall’inchiesta oppure dalla magistratura. Il teste ha affermato più volte che con lui si parlò sempre di uscire dall’inchiesta, tanto che in seguito si interesò per individuare un incarico fuori ruolo, e questa circonstanza era incompatibile con una decisione di dimettersi all’ordine giudiziario. Tanto che, dice sempre il teste, quando il 6 dicembre Di Pietro gli mostrò le missive indirizzate al procuratore, lui gli fece presente che l’espressione «lascio l’ordine giudiziario» non corrispondeva alla sua effetiva volontà, ma la replica del collega fu che ormai quelle erano le lettere e con quel contenuto le avrebbe trasmesse. Ad aviso del Collegio può ritenersi che da un’iniziale ipotesi di semplice dimissione dell’incarico all’interno del pool Di Pietro abbia via via sempre coltivato l’ipotesi di uscire dalla magistratura. D’altronde la concretezza di eventuali incarichi politici o istituzionali si consolida successivamente (l’incontro con Previti e Silvio Berlusconi è del maggio 1994), e i motivi di insofferenza e disagio si accentuano nell’autunno caldo del 1994…Unico serio elemento che cartolarmente contrasterebbe con l’anticipazione ad aprile della decisione di dimettersi deriva dalla posizione assunta da Di Pietro nell’ambito delle riunioni del pool in cui si trattò della posizione di Silvio Berlusconi nelle indagini sulla Guardia di Finanza. Si è acclarato in precedenza che gli univoci elementi probatori sul punto hanno dimostrato che Di Pietro nell’occasione si presentò come l’assertore più convinto della bontà del materiale d’accusa a carico di Berlusconi (materiale, peraltro, da lui stesso organicamente raccolto), e il più determinato e il più irruento nel sostenere non solo che si sarebbe ottenuto il rinvio a giudizio, ma anche una futura vittoria in sede dibattimentale, nella quale lui si riprometteva di sostenere il ruolo dell’accusa. Tuttavia un siffatto atteggiamento non si spiega con le ormai prossime dimissioni che, in quel periodo (seconda metà del mese di novembre), dovevano essere già ampiamente maturate e in fase di imminente attuazione (era prossima la requisitoria, e quindi la sentenza Enimont). Non può disconoscersi che questo è un argomento di forte impatto, ma è ugualmente incontestabile, per l’estrema serietà delle fonti, che la decisione delle dimissioni era ben anteriore. L’unica spiegazione che il Collegio ritiene di poter proporre, a fronte di tale insanabile contraddizione dei dati processuali, consiste nel timore di Di Pietro che, una volta conosciuti da parte dei suoi colleghi gli interessi politici che andava coltivando e rafforzando, questi avrebbero potuto sospettarlo di duplicità per non aver condotto con la sua tradizionale veemenza la discussione e la decisione contro Berlusconi. Insomma,un’immediata partecipazione di Di Pietro al procuratore e agli altri colleghi delle prospettive che gli si aprivano, dei contatti e colloqui politici di quel lungo periodo della seconda metà del 1994 a partire dall’incontro del maggio, delle riflessioni che portava avanti circa la necessità di un suo nuovo e differente impegno in altra sede (politica propriamente ovvero istituzionale), avrebbe potuto inquinare quella sua indiscussa leadership all’interno e all’esterno del pool, con consequenziali ripercussioni nell’immagine esterna, e avrebbe potuto indurre i colleghi a renderlo sempre meno partecipe dell’attività giudiziaria in vista di un suo preannunciato abbandono delle funzioni inquirenti». ( pg 169-180 ) riguardo alla sentenza "perchè non si trattava di offese gratuite, ma nell' esercizio del diritto di critica" ne rimango sempre perplesso, già di parole pesanti ne dice abbastanza...il diritto di critica solo a lui? riguardo agli altri personaggi sono in contrasto con i "valori" dell'ex-PM, Pino Aleffi fu tenuto fuori non per la sua iscrizione al P2 ma perchè non c'erano posti per il Senato per lui ( essendoci stati solo 5 seggi per IDV ) nel 2006... va bene inconsistenza delle prove per Mario Buscaino ( però 3 anni dopo fu condannato a 10 mesi di reclusione per corruzione e malfunzionamento delle discariche ) Andrea Proto e Giuliana Carlino sono esponenti dell'IDV cmq e giudicati per falso e truffa comunque, che sia per un altro le liste o meno Porfida si è autosospeso ma non sembra assolto in formula piena, cmq :humm: "solo ferirlo?" aveva non solo la statuina, tra l'altro bella appuntita e pesantina ma anche altro in tasca...comunque se uno si avvicina tenendo in mano un oggetto del genere e lo tira in testa ad un altro e per poco non ci riesce pur avendo intento magari assassino...
e statuine di marmo? dulcis in fundo: DiPietro: "stanno lavorando per eliminarci fisicamente" urge la resistenza! se fosse reale l'intenzione, lo avrebbero già fatto chissà quanto tempo fa :contratto: vedremo comunque fino a che punto influirà sull'esito delle imminenti regionali tutta questa vicenda visto che le elezioni anticipate probabilmente non ci saranno e il governo non è caduto sul voto di fiducia nonostante le premesse e i contrasti con Fini... in caso contrario non sarei contrario alle elezioni anticipate che non necessariamente comporterebbero la vittoria dell'opposizione, anzi piuttosto un riassestamento del centrodestra. l'evenienza di uscita di scena di Berlusconi non mi spaventa, importante è che resti una forza politica alternativa al centrosinistra con la medesima forza e consenso. La questione sarà quella degli eventuali successori e Fini è meno papabile visto i suoi contrasti nella maggioranza ma non è da escludere ma dipende da dove vuole andare a parare sulle sue recenti posizioni e i rapporti con l'opposizione. Non sarei contrario a dare più spazio a LaRussa che ha il pregio di avere la medesima esperienza e militanza politica paragonabile a quella di Fini. Importante è non diventare una nuova DC con tentazioni di fare accomodamenti ed accordi con l'opposizione stile anni '70, insomma niente "inciuci" e "compromesso storico".Un altra questione che potrebbe riaprirsi è quello di consentire alle leve più giovani di dimostrare capacità dopo che la leadership piramidale e rigida di Berlusconi non potrebbe più pesare. Insomma l'assenza di Berlusconi ( in prigione o meno, non importa ) può aprire nuovi sviluppi e ci conto. Invece vedo proprio nell'opposizione scarse possibilità di successo con l'attutudine a creare coalizioni troppo ampie ed eterogenee per governi duraturi nel tempo.
io non trovo nulla di strano in un PM che fa politica. e non trovo nulla di strano in un imprenditore che fa politica. smettono di fare i Pm e di fare gli imprenditori e possono fare quello che vogliono ( Berli aveva promesso, all' atto della sua entrata in politica, tra le altre cose, di vendere le sue aziende. se ne sarà scordato) intendevo dire Di Pietro non ha solo querelato ma ha anche risposto nel merito. Prova un po ad informarti di chi ha vinto le cause per le querele Di Pietro-giornale..acc dimentico sempre i giudici comunisti dalla sentenza che hai postato mi pare che di pietro abbia risposto, dando la sua versione dei fatti, su cui i magistrati hanno forti dubbi, ma cmq lo assolvono. per la seconda parte; per come la capisco io Di Pietro comincia a pensare di sfruttare la popolarità ottenuta da mani pulite in politica. comincia a trattare con Berli. non dice hai suoi colleghi di questa scelta (e qui si è scorretto), cercando però di evitare di sostenere la pubblica accusa per consiste nel timore di Di Pietro che, una volta conosciuti da parte dei suoi colleghi gli interessi politici che andava coltivando e rafforzando, questi avrebbero potuto sospettarlo di duplicità per non aver condotto con la sua tradizionale veemenza la discussione e la decisione contro Berlusconi. il diritto di critica è per tutti non solo per Di Pietro. http://www.ilgiornale.it/interni/di...-02-2008/articolo-id=244153-page=0-comments=1 è questa la tua fonte? a beh allora altro che specchi assolta Proto non so verifichero ma che non avesse intenzione solo di ferirlo sono d' accordo con te. ma il punto è che volendo tenerlo in carcere, da subito, hanno scelto lesioni, perchè per lesioni la prova è l' effetto, non l' intenzione. questo non vuol dire che poi, quando si va al processo, l' accusa non cambi in tentato omicidio.
Ao ragazzi, ma quanto scrivete? Archita, ma chi credi che legga tutto quello che ha scritto su Di Pietro, essendo probabilmente spazzatura oltre che lungo?