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[Cooperative] L'ascesa degli Stibolt

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da Giank56, 27 Giugno 2012.

  1. bacca

    bacca

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    Scrrreeeen!
    Voglio vedere come va!
     
  2. zethani

    zethani

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    Un po' di pazienza ragazzi, ma sto avendo dei problemi personali per cui sono costretto a fare la spola da casa mia a Roma in pratica tutti i giorni e non sono ancora riuscito a mettere mano all'AAR...provo a pubblicare la prima parte nei prossimi giorni.
     
  3. zethani

    zethani

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    Ottimisticamente l'AAR del regno di Egil si suddividerà in tre parti: la prima parte coprirà gli anni dall'incoronazione fino alla partecipazione alla crociata (1293-1304), la seconda coprirà la parte centrale con la grande avanzata mongola fino all'invasione della Scozia(1304-1321) e la terza si occuperà degli ultimi, sanguinosi anni di Egil fino alla sua morte (1321-1330).

    Per il momento sono arrivato a scrivere circa il 40% della prima parte e conto di pubblicarla al massimo entro la serata di lunedì. Seguiranno gli altri due aggiornamenti distanziati di circa una settimana uno dall'altro.

    Stay tuned.
     
  4. zethani

    zethani

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    Egil di Stibolt: dall'incoronazione alla Seconda Crociata

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    Ritratto dell'Imperatore Egil di Mikael Valdarsson, 1301
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    L’animosità fra la corona imperiale scandinava e i re vassalli della Svezia si era protratta per tutto il regno di Helena I, con molti morti sia da una parte che dall’altra. La radice del conflitto era rintracciabile nel diritto al trono che poteva vantare il ramo cadetto degli Stibolt di Stockholm. Questi affermavano che essendo Helena nato al di fuori del matrimonio (la regina Zdenka era infatti già stata ripudiata da Hakon V Barbanera in quel periodo) essa era da considerarsi alla stregua di una figlia illegittima.

    La corona di Scandinavia sarebbe quindi spettata a loro, come parenti più prossimi della defunta Bothilde. A questa tesi si opponevano ovviamente i sostenitori dell’imperatrice che portavano come testimonianza diversi documenti firmati da Hakon VI, successore di Barbanera e fratello di Helena, in cui alla ragazza veniva riconosciuto il rango di principessa imperiale.

    I furiosi scontri si erano pian piano tramutati in una tregua vigile, man mano che uno dopo l’altro gli Stibolt ribelli cadevano sotto i colpi degli assassini imperiali, finché la contesa non arrivò al termine agli inizi del regno di Egil I. Il giovane imperatore divenne infatti ben presto amico dell’altrettanto giovane re di Svezia, Alf Svensson, dando il via a un rapporto di lealtà e rispetto che sarebbe durato per quasi quarant’anni.

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    Scriveva infatti Thorben Oddi Bjarnakir nel suo, Vita di Egil Martinsson – Regnante dei Regnanti:
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    Il supporto del re di Svezia fu fondamentale nel ripristinare l’autorità della corona imperiale, un risultato che altrimenti sarebbe risultato impossibile con le sole arti della diplomazia, dell’assassinio e della corruzione. Molti vassalli minori seguirono l’esempio di Alf Stibolt e rinnovarono i propri giuramenti di fedeltà alla corona.

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    Risolte in parte le tensioni interne restava aperta la questione della successione al trono. Desiderando un erede del proprio sangue, l’imperatore convolò a nozze con Adela de Normandie, rampolla della famiglia reale del Galles e altresì imparentata con i sovrani di Inghilterra.

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    I due sposi vennero uniti in matrimonio il 3 giugno del 1298 nella cattedrale di San Cristoforo di Aalborg, alla presenza di gran parte dei notabili dell’impero scandinavo e dei re cristiani. Fu un matrimonio molto fortunato, animato da un raro e sincero sentimento fra i coniugi. La coppia imperiale fu presto benedetta da una figlia, nata il 28 dicembre del 1299, a cui venne imposto il nome di Aleta, di radice gaelica.

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    L'allattamento della principessa Aleta di Sven Bigby, 1308.

    Poco prima in quello stesso anno, un messo proveniente da Roma aveva bussato alla porta della fortezza di Ringsted. Come il suo predecessore aveva fatto quasi sessant’anni prima, Innocenzo II aveva promulgato un enciclica (dal titolo Renovatio Ierusalem Celestiae) in cui esortava tutti i cristiani a imbracciare il vessillo della croce con l’obiettivo di riconquistare la città santa di Gerusalemme.

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    Molti sovrani avevano già aderito entusiasticamente alla crociata e Innocenzo sperava che l’imperatore di Scandinavia potesse essere annoverato anch’esso fra i suoi campioni. Malgrado fra i suoi titoli potesse contare anche quello di difensore del Santo Sepolcro ereditato dal suo trisavolo Hakon IV, Egil oppose alla richiesta del pontefice un cortese quanto netto rifiuto.

    Egil era ben consapevole che una nuova e incerta avventura mediterranea avrebbe potuto scuotere le fragili fondamenta del dominio degli Stibolt sulla Scandinavia. D’altro canto, una crociata vittoriosa avrebbe potuto assicurargli prestigio, onore e la benevolenza del pontefice. Per questo tuttavia c’era da fare i conti con la potenza dell’emirato Abourosid e del suo principale alleato, il sempre temibile sultanato Ghasanide.

    Grazie alla sagacia e al talento strategico del suo comandante in capo (il duca Bartolomeo di Guascogna) l’armata crociata ebbe facilmente ragione della guarnigione di Jaffa, conquistando quasi senza colpo ferire questo importante porto. La notizia della vittoria impressionò grandemente tutta l’Europa e sempre più uomini si imbarcavano alla volta della Terrasanta. Lo stesso papa volle partecipare, sbarcando alla testa di ottomila fanti mercenari e millecinquecento cavalieri ad Haifa, e anche i re di Scozia e Aquitania (oltre alla regina d’Irlanda) inviarono contingenti oltremare.

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    Riposo presso le mura di Jaffa di Tiziano Vecellio, 1530

    Nel mese di marzo del 1300, l’esercito crociato colse un'altra importante vittoria nei pressi dell’odierna Petach-Tikva. L’armata musulmana, al comando dell’emiro Ahmid Elam el-Abouros e forte di oltre quindicimila uomini, venne annientata e costretta alla ritirata dalla forza dirompente della cavalleria pesante, comandata dal gran maestro Maurizio Oddone dell’ordine dei Templari. L’emiro stesso perse la vita durante la precipitosa rotta, lasciando il trono al suo erede ancora fanciullo.

    L’impresa sembrava quindi ogni giorno di più possibile e un numero crescente di nobili in Scandinavia (fra cui i discendenti dei maggiorenti del vecchio regno svedese di Gerusalemme) premevano perché l’imperatore chiamasse a raccolta i vessilli, per gettarsi nella mischia prima che gli altri si accaparrassero la parte migliore del bottino.

    Diviso fra chi sosteneva un’azione immediata e chi predicava la calma, l’imperatore sembrava incapace di prendere una decisione. Passava le giornate a cavalcare nei boschi dello Skane, a dedicarsi alla caccia con il falcone, a passeggiare nei giardini di Ringsted con l’imperatrice, nuovamente incinta, mentre intanto il malcontento cresceva.
    La tensione crebbe fino a trovare il suo naturale sfogo quando Ivar Orkneyjar, duca delle Orcadi, decise che un sovrano che si dimostrava così pavido rappresentava una vergogna per tutta la Scandinavia e le sue genti.

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    La ribellione trovò subito l’appoggio del principe di Finlandia Gorm Ylving e del principe di Polotsk Igor Rezekne. Il disegno politico di entrambi era chiaro: supportare la deposizione di Egil per mettere sul trono il duca delle Orkney e ottenere da lui l’indipendenza, come era accaduto per le repubbliche dell’Africa Settentrionale.

    Fu l’ultimo capitolo della Grande Guerra Civile Scandinava, ma non per questo il meno sanguinoso e lungo. Ci vollero tre anni perché le truppe imperiali avessero ragione della rivolta, anche se questa poteva dirsi in gran parte conclusa già dopo la battaglia di Salakunta in cui Egil Stibolt sfidò e vinse in singolar tenzone contro l’arrogante duca Orkneyjar che perse in un colpo solo la faccia e la guerra.

    La responsabilità di un protrarsi così a lungo delle ostilità fu dovuta allo scoppio di una virulenta epidemia di tifo, la quale provocò molte morti in entrambi gli schieramenti e lo spopolamento di interi villaggi. Lo stesso imperatore fu colpito dal morbo e si riprese solo dopo molti giorni di malattia. Meno fortunato fu suo fratello Karl, il cui fisico già cagionevole fu irrimediabilmente compromesso, e suo nipote Gudrod Stibolt, che ne morì alla tenera età di 3 anni.

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    In mezzo a tanti eventi luttuosi l’impero fu rallegrato da due nuove nascite nella famiglia imperiale: il 18 gennaio del 1301 Adela diede alla luce una nuova figlia, chiamata Helena in onore della nonna paterna, e il 18 agosto del 1303 fu la volta di un’altra bambina, chiamata Gwywyn. L’attesa per il tanto agognato figlio maschio sarebbe dovuta durare ancora.

    Egil non si dimostrò tenero con i nobili sconfitti. Tutti vennero imprigionati e privati dei propri titoli, creando così i nuovi ducati di Finlandia e Polotsk. Ritornata la pace, l’imperatore era però consapevole di dover dare un ulteriore prova di forza ai suoi vassalli dimostrando di essere in grado di flettere i muscoli anche all’estero, oltre che in patria.

    La seconda crociata nel frattempo stava volgendo al termine. L’emirato Abourosid era stato incapace di richiamare alleati per difendere la propria causa e stava inesorabilmente seppur lentamente cedendo terreno alle armate con la croce. A distinguersi in questa fase erano perlopiù gli scozzesi, al comando del loro re Skule, che avevano sgominato gli infedeli dalla Galilea e puntavano ormai risoluti verso Gerusalemme. La città e l’intera Giudea costituivano l’ultimo ostacolo alla completa liberazione della Terrasanta.

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    Drakkar di Andreas Von Clarnar, 1630

    Consapevole che il tempo rimasto per far valere i propri diritti in Medio Oriente era ormai poco, Egil ordinò che venisse armata la flotta imperiale e radunati tutti gli uomini che era possibile richiamare con un preavviso di pochi giorni. Una messa solenne venne celebrata dall’arcivescovo di Kobnhavn per benedire la flotta, quindi il 15 agosto dell’anno 1303 questa prese il mare con a bordo quindicimila fra fanti e cavalieri. Pochi giorni prima una galea era salpata alla volta di Venezia recando con sé dei dispacci contenenti ordini segreti, destinati ai soli occhi del Serenissimo Ammiraglio Olaf Veniero.

    Un mese dopo, i legni scandinavi gettavano l’ancora al largo di Ostia…
     
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  5. zethani

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    Come da copione, il palinsesto è andato a farsi friggere.
    Fra martedì e mercoledì la pubblicazione della seconda parte dell'AAR su Egil Stibolt.
     
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  6. alberto90

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    Bellissima storia .... e quante risposte ...
     
  7. zethani

    zethani

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    Stasera la seconda parte dell'AAR su Egil Stibolt. Stay tuna!

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  8. zethani

    zethani

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    Egil di Stibolt: dalla Seconda Crociata allo Schiaffo Scozzese
    Innocenzo II.JPG
    Ritratto moderno di Innocenzo II

    “Santità, il corteo del vostro riverito ospite sarà qui a minuti”.
    Il sole filtrava fra i rami della pineta e disegnava un intricato gioco di luci e ombre sul tavolo a cui era seduto Sua Santità Innocenzo II, Romano Pontefice e Patriarca d’Occidente. La pineta dava direttamente sulla spiaggia e forniva una vista invidiabile del mar Tirreno. Ancorate a non più di 500 metri dalla riva, 200 galee da guerra beccheggiavano lentamente cullate dalle onde. Malgrado la sua vista non fosse più quella di un tempo, sopra ognuno di esse il papa poteva distinguere chiaramente il vessillo bianco-azzurro degli Stibolt Era una calda giornata di metà settembre a Ostia e l’autunno sembrava ancora molto lontano. “Che venga pure dunque” rispose Innocenzo al domestico.
    Lo Stibolt non era come Innocenzo si aspettava. Non aveva i capelli biondi ma di un colore più tendente al castano, i suoi occhi erano due laghi alpini e con il portamento trasmetteva un controllato distacco, più che la fiera arroganza tipica dei normanni. Malgrado i suoi accompagnatori fossero tutti armati e in maglia di ferro, egli vestiva un abito elegante ma sobrio. L’unica concessione al lusso che Egil Stibolt si era concesso era la sua corona: un anello di acciaio nero con un piccolo rubino incastonato al centro della fronte. Dai lati si dipartivano due sporgenze che salivano verso l’alto e quindi si circonflettevano per tornare sulla struttura principale, le quali valevano all'oggetto il nome di Corona Alata di Scandinavia.
    Quella corona che né io né alcuno dei miei predecessori gli abbiamo dato licenza di portare, pensò con soddisfazione il papa mentre l’araldo annunciava il suo ospite come Re di Scandinavia. L’uomo che si proclamava imperatore non tradì fastidio per questa violazione del protocollo e si sedette sulla sedia di fronte al Santo Padre che si accarezzò la lunga barba bianca prima di parlare.
    “A quest’ora sono solito fare un piccolo spuntino e confido che mi farete compagnia. Come Sant’Agostino scrisse il digiuno è senz’altro un vantaggio dello spirito sulla carne. Ma trovo che si facciano migliori discussioni di fronte a una tavola imbandita, non trovate?”
    “Ne sarò lieto” acconsentì Egil. Poi aggiunse come per un ripensamento “Santità”.
    Furono servite tartine al limone e frutti di bosco, quindi alcuni formaggi e dei salumi. Il papa addentò un dolcetto.
    “Dovete avere molto appetito” disse assaporando il gusto delicato della tartina “E’ un lungo viaggio fin da Copenhagen. Se vi tratterrete a lungo potrò degnamente rifocillare voi e il vostro seguito con un banchetto a Castel Gandolfo. Vi piace l’idea?”
    “Non è mia intenzione trattenermi più del necessario. Ripartirò a breve”
    “E dove vi dirigerete con questa potente flotta?” domandò il papa affettando del formaggio.
    “Dipenderà dall’esito di quest’incontro, Santità” replicò Egil, prendendo una delle fette che il pontefice gli porgeva “Il mio intendimento è quello di far rotta per la Terrasanta.”
    “Un po’ in ritardo per partecipare alla Crociata, non trovate?” disse sogghignando Innocenzo “Se farete in fretta potrete giusto assistere all’incoronazione del nuovo Re di Gerusalemme. Un vero peccato che voi non abbiate risposto alla mia prima convocazione.”
    “Fossi in voi” rispose Egil “mi troverei un nuovo araldo. La svista di poco fa è forse perdonabile. Ma non ricordarvi che sono il difensore del Sepolcro di Nostro Signore è un errore meritevole della gogna.”
    “Un ben povero difensore quello che preferisce sedere sul suo trono fra i ghiacci invece di imbracciare la spada nel nome di Cristo!”
    “Per diritto di conquista la Terrasanta appartiene in usufrutto perpetuo alla mia famiglia.”
    “E quello stesso diritto sarà presto maturato da un più degno re. Uno che non abbia timore di portare la Croce contro gli infedeli sul campo di battaglia.”
    “Gradirei un po’ di quel vino, se non vi dispiace” domandò Egil. Il servitore riempì la coppa di vino bianco e la porse all’imperatore che la sorseggiò lentamente. “Davvero una vendemmia deliziosa. In Scandinavia non possiamo apprezzare spesso questi lussi. Come si chiama?”
    “Moscato. Viene dai vigneti della città di Terracina.”
    “Davvero straordinario.” Aggiunse l’imperatore quindi posò il bicchiere e giunse le mani “Ora come vi dicevo, la mia prossima destinazione dipenderà da voi. Se accetterete le condizioni che vi propongo, la mia flotta salperà alla volta della Terrasanta e si unirà alle forze crociate nella guerra contro gli infedeli.”
    “E perché mai dovrei accettare le vostre condizioni?”
    “Vedete molto bene, Santità” replicò Egil indicando le navi “Le mie forze laggiù. Ho oltre quindicimila fra fanti e cavalieri. Un notevole apporto per la vostra piccola campagna in Medio Oriente.”
    “E con questo?”
    “Quegli stessi uomini, a un mio ordine, saranno sbarcati e marceranno alla volta di Roma. Sono curioso di scoprire quante botti di questo splendido vino potrò portare con me in Scandinavia, una volta che il saccheggio sarà terminato.”
    La sedia piombò a terra mentre il papa si alzava di scatto, il volto arrossato fino alle radici dei peli della lunga barba bianca.
    “Osate dunque fare questo, scellerato.” disse il pontefice “Minacciare il vicario di Cristo in terra? La vostra arroganza davvero non conosce limiti?"
    Egil rimase per un momento in silenzio quindi fece un gesto a uno dei suoi accompagnatori, che gli diede una pergamena.
    “Santità, se c’è una cosa che mia madre Helena mi ha insegnato è di non minacciare mai. Una minaccia, diceva, è lo scudo di paglia con cui si difende il vile. Non minacciare, prometti.”
    “Forse sbaglio a credervi arrogante, sembrate maggiormente un folle!” disse il papa “Le vostre parole blasfeme mi bastano per scomunicarvi ed espellervi dal consesso dei credenti.”
    “Non temo la vostra scomunica. E a Dio che devo rispondere, non a voi. Siete solamente un uomo.” L’imperatore si batté la pergamena contro il palmo, quindi aggiunse “Probabilmente non sarà necessario che io porti il mio esercito contro la città eterna. Visto che voi vi state dimostrando così riottoso, immagino che un nuovo papa potrebbe essere più condiscendente.”
    Il papa tentò di replicare. Quindi si risedette, improvvisamente ammutolito. Egil si allungò al di sopra del tavolo e gli mise in mano la pergamena.
    “Leggete. Vedrete che ciò che vi propongo è un accordo quanto mai generoso…”
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    La pineta di Ostia

    Malgrado i dettagli degli accordi segreti firmati da Egil Stibolt e Sua Santità Innocenzo II non siano mai stati rivelati al pubblico, essi avevano il pregio di accontentare tutti senza che nessuno dei crociati potesse reclamare per sé il prestigio della più grande vittoria della Cristianità negli ultimi 50 anni. Il regno di Gerusalemme era costituito come uno stato indipendente, posto sotto il protettorato dello Stato Pontificio. Karl Stibolt, fratello minore di Egil, avrebbe ottenuto la corona e sposato la figlia maggiore del re di Scozia. Il regno restava così formalmente in mano alla potente famiglia scandinava anche se veniva di fatto separato dall’impero.

    Era un piano ben congegnato, ma nulla poté contro la cattiva sorte. Dopo neanche una settimana dalla firma dell’accordo Karl spirò nel suo letto del palazzo reale di Kobnhavn, stroncato a soli 16 anni da un’influenza. Nel frattempo, l’esercito scandinavo sbarcava ad Asqalon giusto in tempo per prendere parte alla battaglia decisiva.

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    L’estate del 1304 si era aperta con una decisa offensiva dell’armata crociata che aveva portato la guerra in Giudea, stringendo d’assedio l’importante roccaforte di Al-Kabir e conquistandola a settembre. L’armata dell’emiro Abu-Bakr, ridotta a ormai 4000 uomini (la maggior parte dei quali feriti) si era quindi ritirata verso Gerusalemme in un disperato tentativo di imbastire qui l’ultima resistenza. La speranza che prima o poi arrivassero i tanto attesi aiuti dai fratelli dell’Oltregiordano era però destinata a rimanere vana.
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    La fortezza di Al-Kabir

    Non fu una battaglia epica, di sicuro non degna dei tributi che gli sarebbero stati riservati nella Gerusalemme Liberata di Tjordmund Likervit. I soldati musulmani combatterono coraggiosamente, sebbene stremati da mesi di combattimenti e marce a tappe forzate, ma questo non bastò a evitare l’ultima e fatale sconfitta all’emirato Aboureside.

    da La Gerusalemme Liberata, Canto XII, di Tjordmund Likervit, 1552
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    La cattura di Abu-Bakr fu provvidenziale dato che la notizia della morte del fratello giunse all’imperatore poche ore dopo aver riportato la vittoria. Consapevole che il trattato siglato con il Papa poteva ancora tornare utile, Egil costrinse l’emiro a firmare l’atto di resa con cui cedeva il regno di Gerusalemme all’ormai defunto Karl il quale, non essendosi mai sposato, aveva come unico erede proprio l’imperatore di Scandinavia che acquisiva il regno in unione personale, mantenendosi formalmente all’interno dei confini tracciati dal patto di Ostia.

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    Sebbene ineccepibile dal punto di vista legale, il colpo di mano dell’imperatore non poteva certo trovare l’approvazione del riottoso Skule Dunkeld che si ritrovava dopo tante sofferenze patite in terra straniera a stringere il proverbiale pugno di mosche. Tuttavia con le armi scandinave asserragliate fra le mura della città santa, il rabbioso re di Scozia doveva accantonare la possibilità di far valere i propri diritti di conquista con un azione militare, che avrebbe significato una lunga e sanguinosa guerra fra le armate cristiane, e accettare suo malgrado la situazione che si era creata.

    Al suo ritorno in Scandinavia, Egil fu accolto con un trionfo degno degli imperatori romani. La vittoria aveva aumentato a tal punto il prestigio dell’imperatore fra la nobiltà da permettergli di fare ciò che era stato negato anche ai più potenti dei suoi predecessori: la creazione di una gabella (seppur modesta) applicata sui feudi e i latifondi dei proprietari terrieri più ricchi. Il fiume di denaro che si riversò nelle casse di Kobnhavn fu presto rinvestito in opere di ricostruzione dei villaggi e delle città della Svezia, della Danimarca e della Finlandia che ancora portavano i segni della Grande Guerra Civile.

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    Dopo una lunga assenza, il ritorno dell’imperatore nel talamo nuziale della regina Adela fu ben presto benedetto da una nuova gravidanza. L’attesa per il tanto desiderato figlio maschio poteva dirsi conclusa: dopo nove mesi di tranquilla gestazione, la puerpera diede alla luce un sano bimbetto il 28 aprile del 1306, giorno di San Vitale martire. La tradizione avrebbe voluto che il primogenito fosse chiamato con il nome del nonno paterno (Martin) oppure che gli fosse imposto il nome di Hakon. L’imperatore decise invece diversamente.
    Da Ragnvald Imperatore, Atto I di Harald Shakalspur, 1510.

    Al piccolo Ragnvald fu ben presto regalato un fratellino dato che poco più di un anno dopo la regina dava alla luce il secondogenito maschio, a cui venne imposto il più tradizionale nome di Hakon. Sul fronte della politica matrimoniale l’imperatore iniziò a darsi da fare per sistemare le proprie figlie con il meglio che le corti europee avevano da offrire.

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    La primogenita Aleta, di straordinaria bellezza e carisma, venne promessa a suo cugino Gilles (figlio della sorella di Egil, Inga, e erede al trono del regno di Francia) in modo da rinsaldare i legami con la potente monarchia gigliata in funzione di difesa contro il Sacro Romano Impero. Mirando a una politica di estensione della propria influenza sull’intero arcipelago britannico, le più giovani Helena e Gwywyn furono impegnate in fidanzamento rispettivamente con Tadog (quartogenito del re di Irlanda) e con l’infante Humprey I, re di un’Inghilterra che solo recentemente si era affrancata dall’unione personale con i francesi.

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    Sfortunatamente furono tutti matrimoni particolarmente sfortunati. Gilles e Aleta conobbero pochi momenti di felicità prima che questi venisse catturato da un vascello di pirati saraceni mentre si recava in visita ai possedimenti francesi in Aragona. Sarebbe morto nelle segrete del sultanato d’Egitto solo molti anni dopo, lasciando la giovane ed energica moglie ad amministrare il regno in sua vece e dei loro tre figli.

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    Tadog e Humprey morirono entrambi in giovane età, avendo tuttavia il modo di generare un figlio. Gwywyn si sarebbe poi risposata con il reggente del proprio figlio e fratello di Humprey, David. La sorella maggiore venne invece dapprima richiamata alla corte paterna (dove sarebbe stata educata sua figlia Ordeith) quindi fatta sposare con Madog I, re del Galles.

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    Nel frattempo, l’ultimo ramo cadetto degli Stibolt nel Mediterraneo si era estinto lasciando il regno di Croazia in mano a sovrani autoctoni. La morte prematura del duca di Bosnia Nikolitza Stibolt lasciò nelle mani di una bambina di poco più di 5 anni il retaggio degli Stibolt di Croazia.

    Altri ben più violenti sconvolgimenti politici stavano ridisegnando la cartina dell’Europa. L’Orda d’Oro aveva dato un assaggio della propria potenza nel 1245, quando in poco più di due anni aveva distrutto l’impero russo con una crudeltà che aveva sconvolto e disgustato sia i cristiani che gli infedeli. I pagani si erano quindi mantenuti quiescenti fin da allora, conquistando solo qualche provincia di confine in Estonia e Lituania durante la Grande Guerra Civile.

    La pace vigile venne rotta nel 1309 quando il Khagan scatenò la sua temibile cavalleria verso il regno di Polonia, l’ostacolo principale fra le orde mongole e il cuore dell’Europa. Nulla poté il coraggio e le armi polacche contro un nemico così feroce e superiore sia nell’arte militare che nel numero di uomini in campo. I corazzati cavalieri polacchi vennero trucidati in gran numero dai più mobili arcieri a cavallo mongoli, subendo sanguinose sconfitte una dopo l’altra. Vano fu il tentativo di richiedere l’aiuto delle altre corti cristiane: tutti sembravano paralizzati di fronte all’invincibilità delle armate mongole.

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    Lo stesso imperatore di Scandinavia rimase sordo alle invocazioni delle donne e dei bambini polacchi massacrati e ridotti in schiavitù. Tentennava il sovrano e una volta di più era diviso il consiglio dei nobili: una parte di loro bramava dal desiderio di ergersi a bastione della cristianità incrociando le armi contro gli infedeli, un’altra parte predicava la calma poiché la vita di uno scandinavo non vale forse molto di più di quella di uno slavo?

    Prima che si potesse giungere a una decisione unanime, i mongoli saccheggiavano Varsavia e l’ultimo re polacco era costretto a chinare il capo giurando fedeltà al Khagan che lo aveva umiliato sul campo di battaglia. Le sacche di resistenza sarebbero state eliminate nel giro di qualche anno con la Polonia che entrava ufficialmente all’interno del despotato mongolo. I territori della Curlandia occidentale e della bassa Lituania sfuggirono a questo amaro destino tornando sotto l’ala protettiva dell’impero di Scandinavia mentre il ducato di Swabia, la cui duchessa era una Stibolt di un qualche ramo collaterale dimenticato, preferì rimanere indipendente ma legata da un trattato di reciproca difesa.

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    La sete di sangue dei mongoli non sarebbe stata soddisfatta da questa facile conquista. Questo l’imperatore lo sapeva bene come sapeva che nessun regno cristiano sarebbe stato in grado di resistere da solo all’urto dell’Orda. Incominciò quindi a tessere una rete di alleanze che potesse prevenire una nuova espansione della minaccia mongola. Furono inviati messaggeri a tutte i regni europei e al Papa con l’obiettivo di costituire una Grande Lega Santa. Francia, Inghilterra, Galles, Irlanda, persino la riluttante Scozia diedero incondizionatamente il loro appoggio agli Scandinavi. A questi si aggiunse qualche mese dopo l’Ungheria, la cui regina bambina Jacinta venne promessa in matrimonio a Rangvald.

    L’unica nazione che si rifiutava di scendere a più miti consigli era il Sacro Romano Impero. Il kaiser Ludwig V era infatti un uomo tronfio e orgoglioso: mal sopportava l’idea di stringere un’alleanza con la Scandinavia che, a suo dire, usurpava non solo il titolo imperiale (che di diritto sarebbe dovuta spettare unicamente al suo lignaggio) ma anche quello di campione della Cristianità. Egli sosteneva fieramente di non aver bisogno di alleati, in quanto riteneva che la sola vista dei temibili eserciti imperiali bardati interamente d’acciaio e armati di possenti zweihander sarebbe bastata a mettere in fuga i mongoli.

    Era un uomo mal sopportato dai suoi stessi vassalli, i quali non perdevano nessuna occasione per tentare di sottrarsi al suo dominio. I mille comuni italiani si trovavano costantemente in rivolta e persino i feudi tedeschi provavano di tanto in tano a guadagnare l’indipendenza. Questa situazione di instabilità portò gradualmente la lega anseatica dei mercanti ad avvicinarsi alla corona scandinava fino a che nel 1316 la città imperiale di Lubeck decise di accettare la protezione di Egil in vece di quella di Guthard, Duca di Turingia, rimanendo pur formalmente all’interno dei confini del Sacro Romano Impero.

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    Fu proprio durante una delle cicliche rivolte che colpivano lo SRI che il Khan fece la propria mossa. Le armate mongole attraversarono al galoppo le pianure polacche calando come un colpo di maglio su una delle più ricche e importanti città dell’impero: Praga. Il sacco durò sette giorni e sette notti e quando i mongoli abbandonarono la città, di questa non rimaneva che un cumulo di rovine infrante e annerite dalle fiamme. Incapace di opporre una concreta resistenza, sia la Boemia che la Slovacchia centrale caddero nelle grinfie dei pagani. La superbia di Ludwig V era stata duramente sconfessata e il Khan aveva compiuto il primo passo verso la conquista della Mitteleuropa.

    I mongoli travolgono i fanti polacchi.jpg

    La cocente sconfitta rimediata convinse finalmente il kaiser ad accettare la proposta di alleanza di Egil. Hakon e la più giovane delle figlie di Ludwig vennero quindi promessi in matrimonio. Una fitta rete di alleanze circondava ora l’orda mongola. Consapevole di non avere ancora le forze per portare i propri cavalli ad abbeverarsi nelle fontane di Kobnhavn e Aachen, il Khan si dedicò a pacificare i territori annessi nell’attesa del momento propizio per attaccare di nuovo.

    Nel frattempo, la famiglia di Egil Stibolt andava allargandosi. Nel 1311 la regina Adela dava alla luce la quarta figlia della coppia imperiale, Brunilde, mentre nel 1313 nasceva Andreas che la storiografia ufficiale dell’impero scandinavo tende a ricordare come Andreas lo Sciocco. Nel 1318 fu la volta dell’ottava e ultimogenita Astrid, nata quando ormai tutti i medici di corte ritenevano che il ventre della regina (ormai 41enne) si fosse irrimediabilmente seccato.

    Sebbene la costituzione della Grande Lega Santa fosse stata un considerevole successo per la diplomazia scandinava e per l’imperatore stesso, Egil non riusciva a dormire sonni tranquilli. Sapeva infatti che nella catena che arginava la furia mongola c’era un anello debole…e questo anello era la Scozia. La morte di Innocenzo II nel 1310 aveva rinfocolato le vecchie acredini fra la corona scandinava e Skule Dunkeld. Questi aveva provato a circuire il nuovo papa affinché appoggiasse la sua pretesa sul trono di Gerusalemme ma invano. Egil temeva perciò che il re di Scozia non avrebbe aspettato altro che il rivale fosse impegnato a fronteggiare i mongoli per chiamare a raccolta i vessilli e volgere la prua alla volta della Terrasanta.

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    Questo senza contare il fatto che la Scozia possedeva ancora notevoli possedimenti in Norvegia e che i Dunkeld fossero visti dalla sempre forte fazione indipendentista norvegese come gli unici possibili liberatori. Per l’unità dell’impero di Scandinavia era perciò necessario che queste terre venissero poste sotto l’autorità di Kobnhavn e che sul trono di Scozia sedesse un uomo fedele…o che quantomeno non desse problemi.

    L’imperatore aveva da tempo individuato questa persona in Gudleik Dunkeld, fratello minore di Skule e marito di sua sorella Gurli. Quando nel 1312 (s)fortuna volle che l’unico figlio maschio di Skule ed erede, Vigleik, venisse a mancare sembrò che il desiderio di avere un vicino occidentale pacifico e incline ad ascoltare i desideri di Kobnhavn potesse essere esaudito. Egil però non aveva fatto i conti con la legge di successione agnatica della Scozia.

    ck2_71.jpg ck2_72.jpg

    Nel 1320 era ormai divenuto chiaro che Gudleik e Gurli non sarebbero riusciti a generare un figlio maschio. Il consiglio dei nobili scozzesi venne quindi richiamato da Skule in modo che si potesse dirimere la questione della successione. I nobili rimasero in sessione per 33 giorni, al termine dei quali emisero il verdetto: Gudleik non poteva essere considerato l’erede al trono di Scozia in quanto incapace di garantire a sua volta un erede. Come successore venne quindi nominato Gudrod, fratello minore del re.

    Da Vita di Egil Martinsson – Regnante dei Regnanti, Volume II; di Thorben Oddi Bjarnakir.

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  9. alberto90

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    Sempre più coinvolgente ..... spero di avere il piacere di leggere il seguito quanto prima .... BRAVISSIMO.
     
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  10. Giank56

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    Bel lavoro zethani, manca ancora l'ultima 3° parte giusto?
     
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  11. zethani

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    Esatto, l'ultima parte :)
    Anche se credo che aggiungerò una piccola appendice per tirare le fila del mio regno.
     
  12. alberto90

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    Non vedo l' ora .... spero tu non te la sia presa per la mia decisione di usare gli Stenkil per mio nuovo AAR ....
     
  13. Giank56

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    Come vuoi, mi serviva saperlo solo per impaginare la prima pagina con l'indice agli AAR. ;)
     
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  14. Sir Matthew

    Sir Matthew

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    non credo che tornare nel deserto sia stata una buona idea, forse era meglio rafforzare i nostri possedimenti baltici (anche se la mia opinione è un po' falsata, ero del partito di abbandonare anche venezia...)
     
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  15. bacca

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    "Un giorno prima o poi gli Stilbot torneranno a controllare il mediterraneo!" parola di una pazza mendicante di Stoccolma...

    Complimenti Zethani!
     
  16. Giank56

    Giank56

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    Come sapete quale esponente del "Partito Baltico" non ho mai visto di buon occhio le spedizioni inutili a sud, specialmente ora che siamo riusciti a riprenderci la Scandinavia, tuttavia mi pare di capire che a parte questa campagna esterna, il nostro sovrano abbia impostato un'ottima linea diplomatica con i principali vicini, i Mongoli sono mostruosamente potenti, e solo con il saldo controllo della Scandinavia potremo resistere, se dovessimo di nuovo perdere il baricentro del potere con conseguente perdita di contee a nord, quel giorno l'impero cesserà di esistere, fuori dal Baltico dovremmo avere solo rami cadetti, nessun controllo diretto, non ancora almeno...
     
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  17. Diego Alatriste y Tenorio

    Diego Alatriste y Tenorio

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    Anche o sono dell'idea che dobbiamo rafforzare il baricentro in vista di future "turbolenze", ma almeno la Crociata è servita a limitare l'espansione degli scozzesi. Tra l'altro penso che prima o poi dovremo buttarli fuori dalla nostra penisola o, in alternativa, assoggettarli e spezzare le reni a ogni dinastia troppo forte.
     
  18. Giank56

    Giank56

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    NOTA TECNICA:
    Mi sono appena accorto che i link presenti in prima pagina che indirizzano ai vari AAR, non funzionano più, forse a causa della migrazione del forum, inutile dire che ci metterò un po di tempo a renderli di nuovo operativi, portate pazienza e poco alla volta li aggiornerò... ;)
     
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  19. zethani

    zethani

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    In uscita venerdì la terza parte dell'AAR su Egil Stibolt.
    A seguire campari e salatini.
     
  20. zethani

    zethani

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    Sono stato ottimista. Weekend permettendo, slitta a domenica.
     

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