io penso che il giocatore della Serbia non capisca una mazza di Hoi2, che senso ha puppetizzare il kossovo ??? Vabbeh che gli passa qualche risorsa, ma così rinuncia a manpower, PI, e sopratutto il dissenso gli sale di un buon 5%, mah... Secondo me è Long Tom quel giocatore, è convinto di essere a TripleA e quindi va avanti a botte di culo
scusate la MEGA ignoranza ma per Serbia che intendete? esiste ancora la Serbia?? non si chiama yugoslavia? che vergogna corro a vedere una cartina dei balcani...
Consiglio di giocare Hoi2 modern Age della Clementoni, è molto utile per iniziare i bambini alle guerre balcaniche
bambino? sei tu che sei vecchio! che conosci la antica lingua arcaica sarda.:contratto: Non farmi postare la tua foto
La Serbia è sempre esistita fin dall'indipendenza dall'Impero Ottomano, solo che col tempo è andata ad 'includersi' nelle Jugoslavie. Prima nel 1919 col Regno degli Slavi del Sud ( primo Regno di Jugoslavia), poi la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, poi dopo il 1992 in unione personale col Montenegro col nome di Repubblica Federale di Jugoslavia - Serbia e Montenegro. Ora dopo il 21 Maggio 2006 è conosciuta solo come Serbia e comprende la Serbia vera e propria (capitale Belgrado) più la Vojvodina a nord est (capoluogo Novi Sad) e ciò che resterà serbo del Kosovo/Kosova (capoluogo Pristina) che i serbi chiamavano Kosovo i Metohija (ossia la parte occidentale della suddetta provincia).
A Nizzardi, Corsi, (baschi, alsaziani ecc.) i francesi hanno fatto il lavaggio del cervello. Scuole, giornali ecc. solo e rigorosamente in francese, lapidi sostituite (sui monumenti e pure nei cimiteri), obbligo (non so se esista ancora) di imporre nomi francesi ai nuovi nati, ecc. ecc.. A lungo termine la francesizzazione e' inevitabile. Senza considerare il referendum-farsa del 1859 a Nizza. Se i serbi avessero avuto il buon senso (per loro) di applicare gli stessi metodi di assimilazione dei francesi, oggi non si parlerebbe d'indipendenza del Kossovo. Ed invece si e' avuta, sotto gli occhi della NATO, la pulizia etnica della minoranza serba (che segue a quelle avvenute nelle Kraine negli anni '90).
Ma oltre a questo (tralasciando la Corsica..che hanno sempre trattato come una pezza da piedi) i francesi hanno anche dato "il senso dello stato" un discreto benessere, e insomma, oltre al bastone hanno dato anche la carota. Da ciò, il fatto che quelle regioni si sentano orgogliosamente francesi. E scusa se è poco. Del referendum farsa non so nulla...ma si sta parlando della situazione odierna. Io la mia solidarietà non la do ne ai Kosovari ma neppure ai Serbi (non sono gli stessi che hanno massacrato qualche migliaio di Kosovari, bosniaci, etc..etc...un pò di tempo fa?? Hanno rotto i cetrioli per 10 anni con Milosevich e adesso che le prendono a Dx e Sx fanno le vittime trattate ingiustamente...mah!!). Senza innescare flames vari..(state tranquilli) considero quella regione, una vera e propria rottura di co...i per chiunque ci abbia a che fare. Me ne lavo (pilatescamente) le mani.
mi fate paura, è passata da poco la giornata in ricordo dell'esodo e siamo ancora a tirare fuori parole come "assimiliazione", bisogna imparare a convivere senza ammazzarsi, questo sarebbe già un bel passo avanti
Ma i francesi non imposero alcun esodo: solo pian piano assimilarono le minoranze prevalentemente con le buone (ed in questo modo prevengono future rivendicazioni o altro). Metodo diverso da quello stile "europa-orientale" del cacciare via tutti gli altri (che viene ricordato nella giornata dell'esodo). Pero' il risultato finale e' simile: cancellare (fisicamente o culturalmente) le minoranze.
Ci fu un referendum sotto controllo della polizia francese: scontato il voto su percentuali bulgare per la Francia. (Lo scoprii per la prima volta anni fa parlando con un francese che sosteneva con grande veemenza che i nizzardi avessero scelto volontariamente di unirsi alla Francia! (lui comunque non veniva da Nizza ma dal nord) Sintetizzando molto: Il problema fu che la Croazia si dichiaro' indipendente e fu riconosciuta a tempo di record dalla Germania cui si accodarono tutti, poi le regioni di confine a maggioranza serba dopo un po' di contrasti col governo croato si dichiararono a loro volta indipendenti dalla Croazia (ovviamente immagino per ricongiungersi prima o poi alla Jugoslavia - o alla Serbia - da cui ebbero aiuti). Ma non furono riconosciute da nessuno. Il fronte si stabilizzo' finche' poco prima degli accordi di Dayton i croati lanciarono una grande offensiva che travolse le Kraine (i cui abitanti in gran parte fuggirono). Il punto da decidere e': 1) chi ha il diritto di dichiararsi indipendente? 2) perche' bisogna insistere su confini tracciati sulla carta tanto tempo fa senza tener conto di chi vi abitava (vedi quelli tra Croazia-Bosnia-Serbia).
Ti ringrazio .... del "referendum beffa" non ne sapevo davvero nulla I tuoi due punti sono assolutamente impeccabili, dal punto di vista geografico-social-politico. Ma dal punto di vista morale...considerando che hanno convissuto ± pacificamente fino agli anni 90 tutti insieme (ok...sotto la ferrea guida di Tito etc...etc...stai bravo Solctis)...non era il caso di evitare di massacrarsi per ottenere un'effimera pace ed una ancor più effimera divisione territoriale (vedi Bosnia, vedi Kosovo)? Ma perchè non imparano che usare le armi può essere molto pericoloso? Ma non lo capiscono che le violenze che hanno fatto subire, le subiranno anche loro prima o poi, dalle loro passate vittime? Eppure, ancora oggi c'è chi glorifica Vladic....oppure Milosevich, o quel gran cornutone di uno psicologo Serbo...insomma..ancora ad inneggiare a quei macellai. Ed è così per ogni etnia presente nei balcani. E' disarmante!!
Infatti c'è così tanto benessere che dopo il 1947 un paio di migliaia di 'irriducibles' optarono per varcare il Roya e non vedersi scritto nei documenti alla voce cittadinanza: français Infatti c'è così tanto benessere che certe zone di Nizza son sconsigliate vivamente anche di giorno, persino a fermarcisi solo con la macchina al semaforo. Infatti c'è così tanto benessere che Nizza è crollata nell'elenco della crescita delle città mediterranee a favore di Barcellona e della vicina Marsiglia. Parli di qualcosa che nel suo piccolo è anche mio (essendo nato e vivendo da 21 anni in una città a meno di un'ora di distanza da Nizza ed a mezz'ora dai Colli birgaschi e tendaschi), ergo se permetti di francese li ci son solo le lapidi ed i monumenti cui son state strappate le lettere in italiano modificandole in franzoso. PRIMA La cessione di Nizza e Savoia alla Francia fu voluta da Camillo Benso conte di Cavour, per ottenere il "placet" di Napoleone III che aveva mire nelle due regioni. Il Cavour ritenne – a torto o a ragione – necessario il loro sacrificio alla Francia per portare a compimento l'unione d'Italia. Non tutti i politici approvavano il piano, in quanto se la Savoia (seppure legata a un vincolo dinastico all'Italia) era per lingua e usi francese, la Contea di Nizza era italiana non meno del Piemonte. L'oppositore più ferreo era ovviamente Giuseppe Garibaldi, in quanto Nizza Marittima era la sua città natale, ma forti critiche venivano anche dall'opposizione della destra conservatrice e della sinistra che sostenevano che la cessione era "un vero e proprio asservimento del governo cavouriano alla Francia". Anche la stessa Londra (forse temendo una maggiore espansione della Francia) esprese i suoi malumori su tale decisione. Ma Cavour, nonostante le varie opposizioni, indisse un plebiscito sia nel Nizzardo che in Savoia, con la chiara intenzione di pilotarlo in chiave filofrancese. E' eloquente la lettera che egli scrisse il 27 marzo 1860 a Costantino Nigra "...bisogna assicurare, con misure abili, il successo del voto a favore della Francia". Permise inoltre l'arrivo a Nizza Marittima del ministro di polizia di Napoleone III per abbindolare l'opinione pubblica. Garibaldi, furibondo per ciò che stava accadendo, volle comparire a Nizza Marittima e parlare alla popolazione della città, ma il Re Vittorio Emanuele d’accordo col Conte intervenne per distoglierlo. In seguito Garibaldi interpellò il Ministero sul trattato di cessione di Nizza e Savoia, e sostenne che essa violava i patti con cui quella città si dava alla dinastia sabauda e pregiudicava la fama della monarchia e la sicurezza del Regno; reclamò infine che non si procedesse al plebiscito prima dell'approvazione del trattato da parte del Parlamento. Nonostante gli sforzi dell'Eroe dei due mondi, il plebiscito viene effettuato il 15 e il 22 aprile. I suoi risultati sono: nella Savoia 130.538 voti per l'annessione alla Francia e 235 contrari e a Nizza 24.448 contro 160, risultati, questi ultimi di Nizza, ottenuti con ogni mezzo illegittimo e contrastanti alla vera volontà della popolazione, che si sentiva italiana. A conferma di ciò, riporto una notizia tratta dalla tesi dell'amico Marzio Scaglioni ("La presenza italiana in Dalmazia 1866-1943"): "Solo i 119 marinai nizzardi di stazza sulle navi sabaude nei vari porti votarono liberamente e così si espressero: 114 per l'Italia e 5 per la Francia." Dopo il plebiscito, avvenne la discussione alla Camera; ad essa presero parte numerosi deputati, fra cui Rattazzi, Guerrazzi e Cavour. Riporto la parte finale del discorso del Guerrazzi, che elenca i motivi per cui non votò al trattato: "Non lo voto perché inviato al Parlamento italiano per operare quanto mi è dato a unire in un corpo solo l'Italia, diventerei mandatario infedele e mancherei di coscienza se con il primo voto cominciassi ad approvare il taglio di un pezzo nobilissimo della mia patria. Non lo voto perché la Toscana e l'Emilia annesse al Piemonte non crescono l'Italia, mentre con la perdita di Nizza rimarrà in perpetuo manomessa l'Italia. Non lo voto perché credo e farei torto alla generosa Francia a credere che questa volesse sottoporci a queste forche caudine. Non lo voto perché questa necessità non fu dimostrata, né fu chiarito se è stato fatto quanto era debito fare un Ministero che si vanta italiano per evitarla; né salva opporre che la discretezza vieta palesare le cause della necessità, perché, dopo avere affermato che bisogna piegare il capo alla prepotenza, che cosa si può dire di peggio noi non sappiamo. Non voto perché potendo scindersi il trattato, per riverenza alle nazionalità, gran parte della Savoia, ricorrendo certe contingenze, avrei ceduto. Nizza invece non l'avrei ceduta mai. Non voto perché mi sono sicuri i vantaggi presenti, né chiari gli avvenire, memore del proverbio: "palabras y plumas el vento las lieva". Non voto perché la votazione calpesta la legalità, santa custode del diritto. Non voto perché con questo trattato aborro mettere in mano all'amico un'arma per cui più tardi crescendogli il sospetto, aumenti nelle pretese di volersi assicurare, e al nemico un pretesto di fermarsi in qualche parte d'Italia con la ragione di bilanciare la potenza francese. Non voto perché, mentre G. Garibaldi mette allo sbaraglio la vita per conquistarci con la spada la patria, mi pare delitto levargli con il mio voto la sua. Non voto perché, depositando il voto nell'urna, mi parrebbe conficcare un chiodo nella bara dell'unità italiana. No; non possiamo unire l'Italia, tolga Dio che per noi non vada divisa. Per seppellire i morti si chiamano i becchini, non i liberi italiani nel primo Parlamento italiano". Rattazzi sosteneva che si sarebbe potuto evitare il sacrificio di Nizza procedendo ugualmente alle annessioni, e propose alla Camera di astenersi. Anche il discorso del Cavour fu notevole; egli difese la sua politica e sostenne l'utilità dell'alleanza con la Francia. Tentò anche di "dimostrare la non italianità di Nizza"; ma le motivazioni addotte non erano per nulla plausibili, anzi a volte persino puerili e alle quali sicuramente nemmeno lo stesso Cavour credeva. Il 29 maggio la Camera approvò il trattato con 225 voti favorevoli, 33 contrari e 23 astenuti. La discussione fu in seguito portata al Senato. Anche in tale sede si discusse molto del trattato. Fu particolarmente commuovente il discorso dell'ex ministro nizzardo Giovanni De Foresta che, pur rassegnandosi al doloroso sacrificio, si ribellò fieramente all'idea di chi considerava Nizza Marittima non italiana. "Io vorrei pertanto, o signori, che si abbandonasse l'argomento dell'esclusione e del dubbio della nazionalità di Nizza, che per me rende il trattato tanto più doloroso. Non vorrei che si sostenesse oggi una tesi, che vi obbligherà domani a dire che Garibaldi non era italiano, che quella città che con il suo coraggio, con la sua fedeltà, con la sua costanza salvava già la monarchia sabauda non era città italiana .... Cedete se inesorabile necessità vi obbligano a questo doloroso sacrificio, cedete il territorio Nizzardo, ma non cedete le sue tradizioni, i suoi fasti, le sue glorie, che sono pur glorie nostre, perché sono glorie italiane. Signori, io qui pongo termine alle mie spiegazioni e, come ho detto, sia carità di patria, sia dignità personale mi obbligano a deporre contrario il mio voto all'urna. Io non mi lusingo di avere nella medesima molti voti uguali al mio. Fra pochi giorni il trattato sarà dunque ratificato. Nizza, la città fedelissima, sarà una città francese; io però non cesserò di essere italiano e con voi farò voti che, come già una volta, la fedeltà, il coraggio e la costanza di Nizza salvò la dinastia sabauda, ora il di lei sacrificio serva a condurla agli alti e finali suoi destini e al pieno trionfo della causa italiana". La cessione di Nizza venne approvata dal Senato con 92 voti contro 10. Il 10 giugno del 1860 il grande sacrificio fu compiuto: Nizza Marittima e il suo territorio passarono, insieme alla Savoia, alla Francia. A partire da allora e per i prossimi due anni, circa diecimila italiani lasciarono la Contea per arrivare esuli in Italia. Si ricorda che, nonostante la notifica del primo parlamento italiano, la cessione di Nizza è rimasta per lungo tempo un conto aperto tra l'Italia e la Francia; si ritratterà sulla questione più volte nei successivi anni; la prima (in un modo subdolo) nel 1870; l'ultima quando nel 1940 Mussolini attacca la Francia. DOPO Nel 1987 le Edizioni Team 80 (via Boccaccio 19, 20123 Milano) pubblicano il libro di Marcolini "Val Roia mutilata" in cui si descriveva la vicenda politica di Nilla Gismondi, la fondatrice del "Comitato per l'italianità della val Roia", che si oppose ad un comitato per l'annessione alla Francia, finanziato dai suoi servizi segreti e guidato da brigaschi naturalizzati francesi da ormai lungo tempo. Dopo l'annessione, il Comitato della Gismondi si adoperò per scorrere tutti quei profughi che, per non diventare cittadini francesi, giunsero in Italia dalla Val Roia. Nel 1989 Gianluigi Ugo pubblicò, per le edizioni Xenia di Milano la ricerca "Il confine italo-francese" studio abbastanza completo e approfondito sull' argomento, mentre nel 1995 Giulio Vignoli dedicava a Briga e Tenda un capitolo del suo "I territori italofoni non appartenenti alla Repubblica italiana", uscito da Giuffrè. Per dimostrare quanto Briga e Tenda fossero di sentimenti francesi, si ricorda che il 2 giugno 1946 in occasione del referendum istituzionale la maggioranza dei brigaschi votò per la monarchia e a Tenda la repubblica superò la monarchia per soli 66 voti. Ottennero la maggioranza dei voti nelle elezioni per l'Assemblea Costituente i partiti contrari all' annessione (DC, Destre e PRI). L'unico partito "italiano" favorevole alla cessione era quello socialista, ed i servizi segreti francesi fecero una forte propaganda affinchè la gente lo votasse. Paradossalmente, invece, fu molto critico nei confronti dell'annessione il capo carismatico dei socialisti francesi, Lèon Blum, secondo il quale l'amicizia tra Francia e Italia valeva assai più del possesso di Briga e Tenda. Tale atteggiamento di Blum, oltre che dei suoi interventi scritti ed oratori dell'epoca, è stato confermato anche dalla pubblicazione dei diari di Pietro Nenni. Negli anni immediatamente successivi all' annessione, la Francia operò una specie di pulizia etnica senza spargimenti di sangue, eliminando lapidi, tombali e non, initaliano, mutando la toponomastica locale fin quasi all'ultimo casolare e sostituendo la scritta sotto il monumento al brigasco colonnello Giovanni Pastorelli, morto nella battaglia di Ain Zara (Libia) nel 1911, diventato Jean Pastorelli, caduto su un non meglio precisato "champ d'honneur". Mi sa proprio che questi mangiarane che tanto ti piacciono non si riveleranno in futuro dei grandi amiconi quando ti presenteranno il conto, e fidati sarà salato... Be è un pò la storia della Palestina; i palestinesi ci abitano da un paio di secolucci...gli ebrei ci sono arrivati dopo la dichiarazione di Balfour e dicono che quella terra è loro in base al fatto che più di mille anni fa ci abitavano tribù semite (tra l'altro in guerra fra di loro). Idem per il Kosovo che nonostante decenni di immigrazione albanese è stata la culla della cultura Serba.
la "guerra delle lapidi" c'è stata anche in italia dopo la prima guerra mondiale; le lapidi che portavano scritto "inutile strage" furono tutte rimosse in favore di quelle che possiamo vedere in ogni località d'Italia, dovrebbe essere uscito un libro di uno storico inglese che analizza questa guerra delle lapidi. edit: gugolando ho trovato questa vicenda: http://www.webalice.it/r_ordano/ALDO MILANO.htm
Avanti autobotti! :bevo2: Della serie se è male è fascio, tutto il resto sono incidenti di percorso....
dove l'ho scritto? il caso linkato è, tra l'altro, di un "martire del fascismo", guarda un po'; ilm mio riferimento era solo per chiarire che per cancellare la memoria è uso frequente cominciare dalle scritte e dalle lapidi.