Mi permetto di intervenire in questa interessante conversazione con alcune brevi considerazioni. A proposito degli scacchi direi che: 1) indubbiamente simulano una battaglia. 2) La battaglia simulata negli scacchi non corrisponde, per le unità in campo e le modalità del loro agire, a nessuna battaglia combattuta nel mondo reale. Questa mancata corrispondenza con il mondo reale esclude gli scacchi dal campo dei wargames? Non in modo automatico, se il mondo dei wargames ammette anche giochi ambientati nello spazio, nel futuro o in passati immaginari (come nel caso dei pur amatissimi scenari NATO/Patto di Varsavia). Per non parlare del fantasy. Il fatto di avere quadrati al posto degli esagoni non mi pare significativo: si tratta comunque di un campo di battaglia discretizzato dove si muovono unità militari in lotta tra loro, anche se guidate da regole e dinamiche – ammetto - piuttosto astratte (ma la modalità Igo-yougo mantenuta in tanti wargame non è altrettanto distante dal mondo reale?). Riguardo al PBEM, credo sia, sulla carta, attualmente il modo migliore per giocare un wargame operazionale. Almeno per due motivi. Primo perché include il rapporto umano, permettendo a due individui di condividere un’esperienza invece che giocare onanisticamente da soli. Secondo perché le attuali AI sono decisamente inadeguate e non danno soddisfazione, risultando più carenti di qualsiasi avversario umano. Ciò detto, mi smentisco ammettendo che ormai gioco solo contro l’AI. Per il motivo che, considerati gli impegni legati ad una vita complicata, la costanza e la concentrazione richiesti dal confronto con un avversario umano per mantenere ritmi ragionevoli giocando decentemente risultano eccessivi e fonte di stress (oddio, non ho ancora giocato la mia mossa…). Ma credo che questo atteggiamento sia legato alla mia età, al mio carattere e stile di vita, e non costituisca un principio generale. Quando avevo vent’anni e fissavo, entusiasta e solo, il mio bel boargame aperto sul tavolo (senza che ci fosse nessuno a portata di mano disposto a impegnarsi in qualcosa di più complicato del Risiko) avrei venduto l’anima per materializzare un mondo di computer e Pbem. Nelle partite in solitario purtroppo, nonostante i progressi, il computer si comporta molto diversamente da come avrebbero fatto Von Manstein o Zukov. Per quanto possano essere accurate la modellazione delle armi, i database, gli odb e tutto il resto, il modo meccanico con cui l’avversario programmato dirige le operazioni rende qualsiasi partita intrinsecamente irrealistica. Temo che questo limite sia insuperabile, almeno entro l’orizzonte della mia generazione, perché esige un tipo di intelligenza cibernetica ancora di là da venire. E per quanto si possano migliorare altri aspetti delle dinamiche di gioco, la mancanza di creatività tattica e strategica è una lacuna troppo importante per non rendere frustrante una sfida contro il computer, se non si è proprio inesperti di cose militari e ci si aspetta di riprodurre una battaglia secondo linee storicamente convincenti.
ok! (col tempo ho capito che internet è pericolosissima. da un momento all'altro può scattare una terribile escalation dialettica che porta alla guerra nucleare. Che invece noi siamo stati bravi a evitare!!) ciao
Sono d'accordo con quanto sostiene Ransome. Se c'è un tempo da considerare, nei nostri discorsi, e' anche il tempo reale e il tempo percepito, disponibile per le persone. Fatti anagrafici, banalmente, giocano a favore del l'una o dell'altra soluzione. Il dibattito si è trasformato in una questione email si, email no. La mia opinione e' che, se esiste un livello al quale il gioco email e' necessario, e' proprio quello operativo e strategico. La ragione sta nel fatto che, come sa chiunque abbia giocato contro un umano, e' incomparabilmente più divertente, punto. Ma ci vediamo a esporre un AAR della nostra ultima partita contro il personal? MA tu che fai? Chiederete voi, anime attente. Si, va beh, ma io dicevo uno normale, non un caso clinico. Il gioco email consente non solo una flessibilità che nessuna Ia, almeno ai livelli attuali, può consentire, ma anche un livello di coinvolgimento, prima e dopo la partita, ben diverso. Apro un inciso. Per me, il fine per cui gioco e' uno solo. Non è capire, studiare, approfondire, vincere, battere, verificare, analizzare, ipotizzare, eccetera, la storia. Farà indignare il purista, ma io gioco per divertirmi. Sono certo che il purista, riflettendo un istante, ammetterà che è anche il suo fine. Trattandosi di un divertimento cerebrale, si tratta di sfumature. Poi, ovviamente, hanno ragione coloro che dicono che, per divertirsi, bisogna anche capire, tolto i casi clinici come me che si divertono anche capendo poco. Ma vi è una seconda ragione per la quale il gioco email, a livello operativo e strategico, appare a mio parere utile come il pecorino sulla pasta alla matriciana. Non concordo con chi afferma che la lentezza della mail non consente un vero confronto di intelligenze, quasi che la fretta sia elemento determinante, lo stress sia fattore cogente del realismo. Come giustamente fatto rilevare da amadeus, il tempo decisionale in witp e' molto vicino al probabile tempo di assunzione della decisione del comandante in capo di tutta la guerra del Pacifico (giornaliero). Vi è poi una seconda considerazione, riguardo al tempo. È del tutto irrealistico ipotizzare, ed infatti di gioco si tratta, che una sola persona dovesse farsi carico di una mole di decisioni così immane, in forma totalmente solitaria, quasi divina, in una sorte di olimpo da scrivania. Per converso, trovo che la simulazione in tempo reale si adatti ottimamente ai giochi in cui le decisioni riguardano un numero limitato di variabili, ad altri tipi di simulazioni, e ai soli tipi di wargame nei quali, secondo me, ha senso. Farò un esempio. Combat mission consente entrambe le modalità, come noto. Personalmente, fino ad una certa scala, trovo divertente giocare in tempo reale, ma quando lo scenario diventa molto grande, mi accorgo che gioco meno "bene" non per incapacità mentale, ma per incapacità motoria. Mettetevi pure a ridere, ma il mio amico appassionato di formula uno sostiene che non riesce più a fare i tempi di simulazione che faceva a vent'anni. Non credo che per essere un buon comandante di compagnia si debba essere un virtuoso del mouse e tastiera, ma dubito fortemente che sia un requisito richiesto agli strateghi. Poi, anche io, come Ransome, predico bene e razzolo male, per esempio mai ho giocato a witp ae in email, ma solo per analoghe (immagino) ragioni, che dipendono solo dal fatto che non dispongo del tempo necessario a garantire al mio avversario un opportuno modo di condurre, nel rispetto reciproco, la partita. Pertanto, con rare eccezioni, sono un giocatore contro la Ia, che mi prodigo di fare allenare, in modo che possa sistematicamente battermi con nuove e più ingegnose modalità, compito non arduo, dati i limiti dell'avversario che si trova davanti, ma finora non si è lamentata, e la sua agenda e' singolarmente flessibile. Ancora un paio di note. Il paragone con gli scacchi regge fino a un certo punto. Gli scacchi sono un antenato dei moderni wargame e su questo penso tutti concordiamo. Ma finisce li. Come osservato dal nostro hegheliano amadeus, si tratta di un gioco fisso, simmetrico, deterministico. I nostri wargames sono molto diversi. Negli scacchi non esiste l'evento probabile, ma solo quello impossibile, e quello certo. La probabilità, non è contemplata, che io sappia (mi riferisco al risultato di una mossa, il cavallo salta e mangia). Nella vita, e nella guerra vera, mi sembra un fatto reale, invece. Non è solo un fatto di realismo, ma anche di divertimento, perché a molti di noi piace questa insicurezza, e godere, come scriveva giusto ieri uno in una partita di steel, di un colpo fortunato. Sappiamo inoltre che nei wargames l'approccio asimmetrico, sopratutto negli operativi e strategici, e' una delle chiavi del divertimento. Tutti sappiamo che i giapponesi sono, molto probabilmente destinati a perdere nel Pacifico, ma conta molto il come. Una delle componenti fondamentali del wargame, il what if, negli scacchi, ovviamente, non c'è. Da ultimo, la più soggettiva delle mie opinioni (e raramente mi sentirete affermare che qualcosa e' oggettivo). Gli scacchi sono certamente uno dei giochi più violenti, il vero scopo e' vincere, in uno scontro di intelligenza pura. Sono forse l'emblema dello scontro di intelligenze. Paragonarli a un moderno wargame forse, a mio modesto avviso, non coglie pienamente lo spirito di questo. Molte persone non giocano per battere l'avversario, ma per altre ragioni. Proprio la asimmetria, la aleatorietà, l'indeterminatezza dei parametri, e mille altre cose che per brevità possiamo dare per note (scenari, ecc.), fa si che le persone si avvicinino più, sopratutto a livello operativo e strategico, al concetto di gioco di ruolo. Si vuole ricreare la storia, e i due giocatori, più che reali antagonisti, sono piuttosto, nella mia chiave di lettura, compagni di ricreazione, intendendo con tale termine due attori che, al meglio delle proprie possibilità, cercano di giocare non meglio del proprio avversario attuale, ma meglio della propria controparte storica, fermo restando le giuste considerazioni di amadeus della relatività di tale concetto. Il che mi riporta a pensare che, a differenza degli scacchi, il vero scopo del wargame non sia uno scontro di intelligenze, ma una Unione delle stesse al fine delle reciproca soddisfazione intellettuale, che trova, essenzialmente, la sua origine nella capacità di ricreare, il più fedelmente e realisticamente possibile, una scena, di cui entrambi i giocatori sono attori, su un palcoscenico che chiamiamo di volta in volta battaglia, settore, teatro, appunto. Questo spiegherebbe il perché fioriscano gli AAR, destinati agli spettatori in platea. Il che, mi viene da concludere, spiegherebbe anche perché io sia poco propenso, seppure costretto per ragioni di vita, a fare vincere la mia IA. Che poi, siamo così sicuri che si diverta?